Dai luoghi di spiriti e di contrabbandieri a funivie, dj set e comfort: Bàrnabo oggi è il racconto di una montagna diversa
Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
Qualche giorno fa ho comprato una vecchia edizione di “Bàrnabo delle montagne” di Buzzati in una bancarella di via Po a Torino. Mi trovavo in città in attesa della coincidenza per Cuneo, dove avrei iniziato e concluso il giro del Monviso. Ho letto questo racconto durante i quattro giorni di cammino, dove il telefono non prendeva e, spesso, i pomeriggi erano noiosi, lunghi e piovosi.
Mi è piaciuto ripercorrere mentalmente le montagne che conosco (le tre cime di Lavaredo, Cima Alta, Croda Rossa, le torri del Vajolet almeno secondo me), vederle trasposte in un racconto senza tempo. La storia di Bàrnabo è un preludio alla storia di Drogo. Attese - molte attese - partenze, ritorni, nostalgia di casa, amicizie forti. C'era qualcosa però che durante la lettura rendeva l'immaginario delle crode lontano dall'alta montagna attuale: il rispetto.
Bàrnabo e gli abitanti di San Nicola vivono la montagna e i boschi ma ne rispettano i limiti. Pensare alle Dolomiti di Bàrnabo e confrontarle con quelle attuali è difficile. Mentre nel romanzo le crode sono luoghi di spiriti, di contrabbandieri, di bufere e di corvi, oggi le Dolomiti più famose sono sommerse da parcheggi, funivie, rifugi-ristoranti e comfort di tutti i tipi. Sono stati cacciati gli spiriti birbanti che abitavano le montagne per accoglierne altri, quelli mandati dal dio denaro.
Sappiamo che l'alta montagna è stata soggetta a decenni di saccheggio turistico e "incellofanare" le crode per farle tornare a come le vedevano i coetanei di Bàrnabo è chiaramente impossibile. Anche l'alta montagna è un ambiente che dialoga con l'uomo e evolvono insieme. Dobbiamo solamente capire come ritornare a parlare ai monti senza gridare (i concerti in quota, i Dj set esclusivi, i parchi avventura) e senza graffiare (le funivie, le grandi infrastrutture, lo sci invernale dove neve non ce n'è).
Per poter fare questo salto culturale abbiamo bisogno della letteratura, di una narrativa che possa aiutarci a godere della bellezza della natura senza calpestarla e a capirne le specificità. La letteratura di montagna - anche attuale - ci ha narrato un ambiente idilliaco e intatto dove i valori sono quelli di fine '800, poco affini alla montagna che viviamo nel 2022.
La questione climatica deve essere centrale: i rilievi non sono più quella di Quintino Sella ma sono un ambiente che deve essere conosciuto a fondo e, con la giusta dose, temuto. Ci può aiutare a smantellare decenni di narrative in cui lo sviluppo selvaggio della montagna avrebbe reso tutti i valligiani benestanti. Forse lo è stato per i paesi più famosi, ma il resto delle valli si è svuotato, di servizi e di abitanti, lasciando agli alberi i vecchi prati e i vecchi paesi.
Possiamo ancora decidere di essere più discreti, capire che siamo parte di un ambiente unico dove non dobbiamo per forza prevaricare. L'economia del turismo di massa e del puro "entertainment" si scontra violentemente con gli ecosistemi e con la società alpina, rendendo entrambi fragili.
Non abbiamo sempre bisogno di funivie riscaldate o spritz sul Piz Boè, possiamo anche goderci queste cose dalla piazza del paese lasciando le alte crode ai giochi degli spiritelli che affollavano le montagne di Bàrnabo.