Serissimo, certosino, pignolo dell’illuminotecnica. Ciao William, la luce ti sarà amica in eterno
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Stavolta è meglio crederci. Credere a quelli che giurano che la morte è un tuffo nella luce. Stavolta, per una volta almeno, ci imponiamo di dar credito a teorie e racconti che possano aiutarci a governare la rabbia. La rabbia per l’impossibile, l’imprevedibile, l’incredibile. E l’ingiusto.
Se davvero la morte è luce, William avrà trovato un altro lavoro. La luce gli sarà ancora amica: in eterno. William, di nuovo e da chissà dove, darà un senso alla luce. E farà ancora uno strumento per raccontare oltre i racconti dentro un teatro.
Intanto, però, ci si è incollata addosso questa rabbia. Che sovrasta la tristezza. Il rifiuto: eccolo il sentimento che adesso domina ogni pensiero. Che lo confonde. Il rifiuto di quella fregatura che qualcuno si ostina a chiamare destino.
La mia è la rabbia di chi per William provava stima. Una conoscenza di lunga data che tuttavia non poteva certo dirsi amicizia. L’amicizia è condivisione. Con William Trentini ho condiviso solo momenti: quei momenti ricchi di simpatia e umanità adesso si materializzano come ricordi. Più nitidi di quanto non avrei mai immaginato.
Per questo, di nuovo, è più rabbia che dolore. Mi arrabbio per l’inaccettabile. Non c’è fede, non c’è religione che possa darci spiegazione di una vita che si spegne senza alcun preavviso. La vita di William Trentini era la vita di uomo giovane nell’età e nell’animo. Troppo giovane per andarsene così, quasi avesse deciso di sparire immergendosi in una delle sue magistrali dissolvenze.
La vita di William era la vita di un uomo capace nel lavoro. Non è un epitaffio di quelli che non si negano e che vengono fin troppo facili: è ammirazione, sincera e se è permesso perfino un po’ invidiosa.
La mia è ammirazione vera per la passione con cui William ha saputo affrontare un crescendo di sfide creative nel gioco serissimo, certosino, pignolo dell’illuminotecnica. Oggi si dice light designer ma ripercorrendo William dietro una consolle non si dice abbastanza.
Epperò è ancora rabbia a prevalere. Rabbia per la scomparsa di un presto-padre che non potrà coccolare nell’orgoglio e nell’amore il figlio che nascerà. Rabbia per la vita che se ne va di notte. In una notte che chiude ogni varco agli affetti, ai progetti, alle speranze. Alla semplice voglia di viverla al meglio, la vita. E di viverla in tre.
Rabbia per una donna, la futura madre, la compagna. Rabbia solidale per Elisa, che non conosco se non per la leggerezza del suo ballo ma della quale posso immaginare la condanna all’indescrivibile emotivo.
L’onesto vocabolario di tanta vicinanza su cui Elisa potrà per fortuna contare non avrà mai parole per tradurre l’indescrivibile interiore. Per lungo tempo non potrà lenirne gli effetti con l’affetto. Che è stato però subito grande.
Di sola rabbia non può essere costruito un ricordo. E allora per William, con Elisa e con tutti quelli che lo piangono, provo anch’io qualche ricordo. Molti anni fa, al centro Santa Chiara. Provammo a contaminare la musica e il teatro, il ballo e la recitazione come prima si era fatto di rado. Provammo a tradurre l’energia giovanile in spettacolo. Furono sold-out in serie in auditorium dopo prove su prove, allegria su allegria, determinazione su determinazione. William non fu solo la tecnica che sapeva illuminare il palco regalando la sapienza delle luci e delle ombre allo spettacolo. Fu protagonista: umile e deciso, in disparte ma sempre dentro la parte. Fu quel che serve a chi fa arte quando cerca consigli e sicurezza.
È questa sua attitudine umana e professionale che mi resta in testa. Il suo saper far squadra. Il suo aiutare la passione di chi sta su un palco, garantendo professionismo anche ai non professionisti.
Molti meno anni fa: l’anno scorso. William Trentini cresciuto in esperienza: tanta esperienza. Ha messo a frutto lo studio e le frequentazioni importanti anche fuori Trentino. Dei tanti lavori che lo hanno visto mettere in luce le emozioni di attori, musicisti, ballerini, cantanti a me resta piantato in testa un albero. Un abete.
Nello spettacolo che il Centro Santa Chiara aveva affidato a Filippo Andreatta per commemorare Stava, un abete appeso al graticcio ciondolava e roteava per un tempo che è sembrato infinito. Scena muta. Scena vuota. Scena evocativa. Scena capace di sintetizzare mille convegni, un intero copione, in una sequenza di nebbia e tagli luminosi.
William Trentini ha fatto parlare quell’albero: Stava e la tempesta Vaia, l’irresponsabilità umana in entrambe le storie. Parola alla luce: una narrazione nella narrazione. Questo riusciva a fare.
Ciao William. Se lassù davvero c’è luce, datti ancora da fare. Sarò, saremo, un po’ meno arrabbiati nel saperti alle prese con i colori.