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La "festa anomala" dei Rebel Rootz, per lenire la distanza ai tempi del Covid. Oltre 300 persone partecipano al concerto coi visori

Sono state 300 le persone che hanno partecipato all'esperienza virtuale offerta dai Rebel Rootz, storica band reggae trentina. Con un visore sugli occhi hanno seguito la "storia-concerto", in cui il gruppo ha ripercorso la sua traiettoria allietando il pubblico fedelissimo con le canzoni che ne hanno accompagnato la lunga carriera
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 18 marzo 2021

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Non saremo in un libro di storia. Non si parlerà di noi a scuola”. Probabilmente è vero. I Rebel Rootz di “Kilometri” ne hanno percorsi tanti girando il Trentino, l’Italia e un po’ d’estero. Suonando sempre l’entusiasmo di un ritmo che t’acchiappa, da Marley in poi. Ma i Rebel Rootz non spacciano presunzione. Questo loro atteggiamento, in dosato bilico tra serietà e divertimento, è fissato nero su bianco in uno dei loro brani più pimpanti. “Non saremo in un libro di storia, non si parlerà di noi a scuola” aggiunge merito al merito di una band che può rivendicare anni intenso, onesto e apprezzato peregrinare nei territori di un reggae venato di rock. Ma dopo ieri sera dei Rebel si parlerà ancora. Più di prima.

 

Lasciando dunque in pace sia la storia che la scuola, i Rebel hanno il sacrosanto diritto di vantarsi di una longevità che non pare solo sonora. Nella loro ancor giovane “carriera” l’amicizia e la stima reciproca sembrano essere un indubitabile, per nulla scontato, collante. Amicizia, stima e, di più ancora, un “istinto da palco” ormai consolidato. È questo mix che può trasmettere energia anche in una situazione irreale. La situazione, cioè, in cui i Rebel si sono felicemente “costretti” pur di non mancare l’appuntamento con la festa del loro decennale. Una festa anomala. Ma festa.

 

Una festa per loro, che festeggiano comunque ad ogni accensione di amplificatore. Una festa per un pubblico che uscita dopo uscita tra le centinaia del loro portfolio è andato in crescendo. Fino a costituirsi in un’affezionata comunità. Non era semplice – era perfino un pochino folle – decidere di “esserci” comunque. Era complicato aggirare il limite paralizzante di questo maledetto incubo virale.

 

Il Covid ha cancellato “anche” lo spettacolo dal vivo. Il Covid ha vietato quella socialità che allo spettacolo – bello o brutto conta nulla – dà un senso. Un senso collettivo importante come l’aria che il Covid mangia anche a chi non s’ammala. Non era facile farsi forza dell’incertezza di una situazione anomala per rapportarsi comunque ai propri estimatori. Era dura farlo senza poterne condividere il calore ed il colore.

 

I Rebel hanno fatto semplicemente onore al nome: ribellandosi al prolungato silenzio. Hanno accettato l’azzardo di un’iniziativa inedita, diversa e più articolata di quelle esibizione in streaming che sono l’inevitabile e triste tentativo di sopravvivenza di un mondo artistico dimenticato. Lo hanno fatto con una “storia-concerto” – la loro storia – nella quale dare la possibilità, o almeno la sensazione, di interagire. Su prenotazione. È successo poche ore fa.

 

I Rebel Rootz sono riusciti a lenire – almeno un po’ - il malessere della distanza. Si sono raccontati attraverso la tridimensionalità di un aggeggio ottico che cambia l’ottica dello spettacolo. Un aggeggio, un visore che dà più anima al classico video. Un aggeggio utile a colmare simpaticamente un vuoto sapendo però che questa curiosa forma di “presenza – assenza” non potrà e non dovrà essere né un metodo né una prospettiva.

 

Eccolo dunque l’esperimento. Un esperimento di successo. Loro – i Rebel Rootz, concentrati ma poi nemmeno troppo a riassumere sé stessi: immagini, parole, musica, ricordi, qualche sfottò. E, più di tutto, una non celabile, genuina, dose di emozione. Il loro pubblico – in trecento con “il coso” in testa ad amplificare un video fatto apposta per la celebrazione – a scoprire particolari forse poco noti della decennale avventura dei trentini in salsa rasta. Quei Rebel che tra una memoria e l’altra, una tappa e l’altra della loro crescita, nel video alternano canzoni live: “come se”.

 

 

Sono brani che per i fans dei Rebel Rootz sono stati - fin dall’inizio uscito da una sala prove storica dell’Area (Appm) a Piedicastello - uno stimolo al movimento: liberatorio. Canzoni acerbe quando incominciarono con un sound “Fragile”. Canzoni più mature e più consapevoli nel corso degli anni e dei concerti, segnate da testi per nulla leggeri nell’impegno sociale. La scommessa dei Rebel si è concretizzata: un’ora “a tu per tu” con un pubblico che non vedi ma che conosci quasi persona per persona. Dal countdown alla fine, tanta soddisfazione. Meritata soddisfazione.

 

La gioia evidente dei protagonisti, ovviamente: Massimo Fontanari (voce e chitarra), Carlo Villotti (chitarra e cori), Francesco Dallago (basso), Pietro Toniolli (tastiere), Michele Tasin (tastiere e cori), Loris Dallago (batteria). Ma anche la soddisfazione dei Di Gregorio – Enzo ed Enzo, figlio, padre e collaboratori - vale a dire quella “Edg spettacoli” che ha ideato e costruito non senza fatica l’evento virtuale.

 

Edg ha investito in caparbietà e può andarne fiera. Ad un periodaccio da polsi tremanti e disperazione per ogni promoter paralizzato, i Di Gregorio hanno reagito fidandosi anche dell’insolito. È così che hanno portato i “Rebel” nelle case, offrendo assieme alla festa evento altrimenti impossibile anche l’auspicio che non sia remoto il tempo in cui per vedere i Rebel e chiunque altro il pubblico potrà tornare ad abbandonare divani, tinelli e angustia da appartamento. Le trecento adesioni alla proposta del “live” virtuale, l’acquisto del “pacchetto” ticket personalizzato e visore per far proprio l’inedito video in linea per 24 ore, (una montagna di ore tra registrazioni a 360 gradi e montaggi).

 

Sono fatti che evidenziano quale e quanta sia la voglia di non archiviare alla voce “impossibile” il vitale bisogno di partecipazione, di ritorno allo spettacolo dal vivo seppur in forma forzatamente irrituale. Finanziariamente Edg pare abbia pareggiato i conti dell’impresa: “Avessimo avuto più visori avremmo raggiunto comodamente le 500 persone – dice giulivo il Di Gregorio figlio – e poi teniamo conto che sulla promozione nazionale dell’evento ci sono stati migliaia di contatti”. Insomma l’immagine, il premio al coraggio di prendersi il rischio, è indubitabile.

 

Così come ci possono essere pochi dubbi sull’esemplarità del “curriculum” che i Rebel hanno saputo riassumere in un’ora e spiccioli di video: il veicolo - casa per innumerevoli concerti di una band facchina, il Sotterraneo - (la loro seconda sala prove) – dove oggi anche la polvere risveglia emozioni indimenticate. E ancora il Forst, (sponsor della proposta), che diventa sede della decina di “live” inseriti nel video ai quali la tridimensionalità assicura una bella forza comunicativa. Oppure i Buenoise Recording Studio, che per i Rebel è lo studio che ha registrato il loro “salto di qualità” nel 2018. E la montagna – il Doss Sabion rendenese che chiude l’esperienza con un arrivederci acustico antiguerrafondaio.

 

I “ribelli della porta accanto”, bravi ragazzi insomma, si sono goduti la festa. I trecento col “coso in testa” che hanno partecipato all’anniversario - girando il capo magari goffamente come è capitato a chi scrive per ritrovarsi “dentro” lo spettacolo – adesso diranno la loro sui social. È immaginabile che ne diranno tante, di buone. Se qualcuno dovesse fare le pulci, poco male. Ci si è divertiti virtualmente assaporando il momento in cui potremo impacchettare il “coso”, il visore, o usarlo solo per i documentari sulla natura e gli animali. In quel caso il “coso” ci ricorderà che l’incubo è finito. E con i Rebel, e con tutti gli altri, sarà di nuovo festa. Quella sì mai vista.

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