Gli esercenti chiedono tariffe agevolate e l'allargamento dei plateatici: in Centro arriva Stanchina "armato" di corda metrica
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Un assessore comunale si aggira per città. Armeggia con la corda metrica. Lo vedi – lo vedono – calcolare: lunghezze e larghezze. Davanti e di lato a bar e ristoranti. Fa il caposquadra di una squadra dove generalmente non militano amministratori: funzionari della Polizia locale, del servizio mobilità e del servizio strade. Armati di taccuino. Porta le scarpe da tennis l’assessore. Volessimo citare Jannacci dovremmo modificare il suo mitico milanese: “El purtava i scarp de tennis ma non parlava de per lu”. Sì perché Roberto Stanchina di parlare non si stanca. Forse non rincorre “già da tempo” quel bel sogno d’amore della canzone di cui sopra, ma di sicuro insegue un’idea di città in cui l’amministrazione deve essere “a portata di cittadino”. Più di prima.
Un’idea che Stanchina rafforza in un motto: “Nell’emergenza odierna, virus e paralisi economica, non è più tempo di cravatte e appuntamenti in ufficio. Mi daranno ancora dell’esibizionista? Me ne farò una ragione”. Eccolo allora, Stanchina, a praticare la pratica inconsueta dell’umile perito informatico applicato alla geometria. Perché tira la corda passando da un esercizio all’altro? Filosoficamente, perché per fare politica e amministrazione “ci vuole fisico”. E cioè? Esserci, fisicamente. Tanto più in un momento in cui i problemi sono montagne cresciute all’improvviso laddove c’erano pianure e collinette. Pragmaticamente, perché la vitale partita dell’aumento dei plateatici da concedere a chi sta per riaprire le attività annaspando in un mare di timori richiede più “faccia a faccia” che l’aridità delle sole scartoffie.
“Eh sì – dice Stanchina – io faccio quel che ho sempre fatto dal primo giorno di assessorato. Cerco la vicinanza, il confronto diretto con le categorie. Cerco di esserci per dare risposte dirette, chiare. Che non vuol dire blandire, ma provare a dare fiducia. A volte capita anche motivando i no”. Bene, visto che si parla di metri, di spazi in più da assicurare alle attività senza strangolarle tra commi e cavilli, urge un “metro di giudizio”. Che puntualmente arriva e si ripete nel tour che questa mattina ha portato il “geometra” Stanchina ad indicare ad ognuno dei suoi interlocutori come e quanto il Comune potrà dare una mano.
Walter Botto, ad esempio, non è esercente facile all’applauso. Come tutti gli altri, per dire. Ma Botto non si sottrae: “Beh, non eravamo abituati ad un assessore che semplicemente c’è. Poter interloquire direttamente un po’ ci rasserena anche se il nostro presente è buio e il futuro non sappiamo nemmeno di che colore sarà”. Botto è un barista storico del centro città. Che conosce la storia dei rapporti tra categorie e amministrazione. Una storia che nel suo dire non è sempre stata di rose e di fiori.
“Parlandosi e valutando assieme come è successo oggi si crea un clima utile, di reciproca comprensione. Tutti noi sappiamo che il Comune può arrivare fino ad un certo punto per sostenerci. Non chiediamo la luna ma il buon senso. Anche le piccole cose oggi sono preziose. I segnali contano. Il metodo conta”. I plateatici – lo spazio per piazzare all’esterno più tavolini possibile visto che la gestione interna di bar e ristoranti sarà un calvario – sono piccola ma importantissima cosa.
Stanchina ha così deciso di sveltire tutto lo sveltibile in vista della probabile “liberazione” delle attività della prossima settimana. “Con i miei uffici ho chiesto agli interessati di mandare una e-mail specificando la loro proposta di aumento di plateatico. E da oggi siamo qui, valutando assieme agli esercenti situazione per situazione. Far di tutto per accontentare non una categoria ma una città che ha bisogno di ritrovarsi nella convivialità. Non sarà tutto possibile, ma il risultato di oggi fa ben sperare”.
Le e mail arrivate sono state una trentina. In tutto il centro storico. Le soluzioni già trovate, molte più di quelle ipotizzabili. Poi ci sarà la partita, certamente complicata, delle fasce attorno al centro e della periferia. Perché si parla di buone soluzioni. La risposta – curiosamente – non arriva dall’assessore. Un altro esercente, infatti, ci tiene a spiegare: “È la prima volta che ragionando assieme ci viene incontro tra attività diverse. Io ho un bar vicino ad un negozio. Quel po’ di plateatico in più servirà ad entrambi. Per entrare nel negozio dovranno fare la fila. L’attesa sarà meno stressante con un caffè servito al tavolino davanti al negozio”.
Se sono rose, insomma. Ma intanto la partita è spinosa nonostante buona volontà e utili accenni di reciprocità. Un allargamento dei plateatici, che possa davvero rianimare un centro moribondo per due mesi e più, comporta sacrificio di parcheggi laddove sia possibile. E di zone a 30 all’ora. Ma portare più gente a godere di un centro ad attività comunque rivoluzionata al ribasso chiama in causa la mobilità. È il tema dell’urgenza di nuove ciclabili. “Io lavoro sulle mie competenze – spiega Stanchina - ma in giunta dobbiamo accelerare fino allo sfinimento il lavoro di squadra già avviato. I problemi sono tutti intrecciati: economia, mobilità, turismo, cultura e aggregazione.
Tutti gli assessori sono sul pezzo, le proposte non mancano, ma quagliare significa rivoluzionare prassi consolidate con energia, decisionismo, creatività e coraggio. Ci sono regole, ovviamente. Ma ci deve essere un atteggiamento mentale comune – anche nella macchina comunale – per limitare al massimo la tempistica delle iniziative. Per non farsi paralizzare dalla burocrazia. La città si aspetta questo, e non farà sconti a nessuno”.
Nell’agenda dell’assessore al commercio i plateatici – più ampi e a tariffa agevolata – sono il minimo. Così come l’autorizzazione a piazzare banchi di somministrazione, ma anche di vendita per negozi, all’esterno dei locali. Ci sono anche i chioschi temporanei nei parchi, o nei luoghi dove prima o poi torneranno spettacoli. E c’è la proposta di aumentare i mercati rionali, guardando anche a nord. Sulla riduzione delle tariffe per le attività economiche la palla del Comune è sgonfia fino a quando Provincia e Stato, (la prima gioca un tragico rimpiattino) non la gonfieranno autorizzando spese che a palazzo Thun oggi sono vietate. Ma si può piangere, questuare, o si può fare il diavolo a quattro. È questione di scelta. Un inelegante direbbe “di petto”.
Ma di fronte ad una città che vuol rivivere ma certo non rivivrà come prima, i problemi possono diventare perfino occasioni. L’urbanistica, la mobilità, il modo di stare assieme, l’offerta di tante iniziative multiformi al posto dei non più praticabili “grandi eventi”, una rimappatura dei luoghi e delle loro funzioni. “Scurdammoce o passato”, si cantava. Sarà così, giocoforza. Ma con piglio e fantasia, con vere sinergie al posto delle gelosie, il futuro di Trento non è detto che debba essere una chiavica.