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"Fantasio al potere" e lo slogan si fa scena intrigante

Cambia tutto (anzi no) quest'anno per il festival di regia teatrale a Villazzano. Gli otto registi selezionati tra circa 100 partecipanti al bando dovranno mettere rappresentare per dieci minuti ciascuno la loro idea de "La fattoria degli animali" di Orwell. Un autore che un presente sempre più terrificante rende quasi un ottimista. Il pubblico al centro del palco su sedie girevoli che si volteranno verso le diverse messe in scena in una sequenza di creatività, tecniche, visioni. Come sempre, vinceranno confronto e scambio.
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 22 novembre 2022

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

La fantasia al potere. Fu uno slogan – forse perfino “lo slogan” – del Sessantotto. Come finì? Con il potere più forte che mai: allora come oggi. Naturalmente, con un potere senza nemmeno un briciolo di fantasia. Lasciamo perdere perché sennò è soltanto la bile di una disillusione progressiva e annichilente. Proviamo, tuttavia, a giochicchiare con quello slogan dimenticato per dare un incipit nemmeno poi tanto assurdo a questo pezzo. “Fantasio al potere”: ecco, forse così non si resta fregati.

 

 Fantasio è un festival di regia inventato nel fu 1997 da Gianni Corradini e Leonardo Franchini. Non furono solo filo drammatici: furono due “capaci” anche fuori scena. Capaci, cioè, di rischiare almeno un po' d’innovazione nel proporre e proporsi nell’ambito della prosa amatoriale sì ma vogliosa di liberarsi dalla prigionia del trito e del ritrito comicamente dopolavoristico.

 

 Per questo – per l’intuizione appassionata di un concorso allora pionieristico – lasciarono un segno fortunatamente non più relegato ai confini angusti di una terra stretta tra le montagne che negano troppo spesso gli orizzonti. A raccogliere il testimone di Gianni Corradini sono stati moglie e figli: bulimici del teatro senza il rischio dell’indigestione. Fantasio – il festival – è dunque un esempio di longevità che per fortuna della proposta e di chi la segue anno dopo anno con curioso affetto non s’adagia.

 

 “Fantasio o cambia spesso oppure non è, non avrebbe senso”: eccolo il mantra di Mirko Corradini, il direttore artistico di quel Teatro di Villazzano che da alcuni anni garantisce uno spazio più nobilitante alla manifestazione. Se l’idea di Fantasio resiste quasi intatta la sua forma è ammirevolmente mutevole. Il festival poggia su un concetto semplice: invitare i registi, (emergenti e a volte già emersi) a cimentarsi con la costruzione e la messa in scena dello stesso testo (scelto dall’organizzazione). Roba forzatamente breve, un quarto d’ora al massino fino allo scorso anno. Roba intrigantemente creativa perché i registi selezionati per le finali di Fantasio hanno sempre dovuto fare di necessità virtù, lavorando con attori assegnati a sorteggio e sposando le teorie minimal in fatto di scenografia.

 

 Negli anni – non tutti da annale ma chissenefrega – si è materializzato con crescente solidità lo slogan di partenza: “Fantasio al potere”. Il potere, cioè, di mixare elementi di classicità ed elementi di modernità e sperimentazione. Il potere di confermare la magica essenza del teatro anche quando il teatro è necessariamente essenziale.

 

  Il potere di vedere ognuno in modo diverso dall’altro lo stesso testo dello stesso autore per il gusto vitale della scoperta e della rivisitazione creativa. Non è per carenza di occasioni che anno dopo anno il Fantasio fa bingo nelle richieste di partecipazione da parte dei registi. Ad attirare è certamente il “tipo” di sfida (snobbato dai locali, chissà perché). Cento anche quest’anno gli aspiranti dall’Italia e dall’estero, di cui otto in gara nelle due intense giornate di palco di dicembre (14 e 15, 16 e 17).

 

 Ma se bisognava onorare lo slogan “Fantasio al potere” era d’uopo non andare sul sicuro. E così sarà quest’anno sia nella sostanza del festival sia nella sua logistica. La sostanza è il testo scelto e proposto a mò di sfida. Trattasi de “La fattoria degli animali” di George Orwell. Trattasi, quindi, di affrontare l’amara preveggenza di un autore che ha messo in guardia (vanamente) dall’abuso del potere, dal farsi beffa di ogni eguaglianza, dal nutrirsi di egoismo e di sopraffazione. Così come fu per 1984 anche la Fattoria ci inchioda a considerare che in fondo Orwell fu un ottimista. Gli “animali” orwelliani sono mostruosità di cui sono pieni di parlamenti, le televisioni, i social, le banche ma anche una società che non è migliore di chi sceglie per rappresentarla.

 

Mai come quest’anno, allora, il Fantasio di Villazzano potrebbe essere una sequenza di sberle salutari (drammatiche, comiche…faranno i registi) ad un presente molto peggiore di come Orwell se l’era immaginato. Forse è proprio per aumentare l’efficacia dei messaggi/ceffoni che Mirko Corradini e soci (citazione d’obbligo per il lavoro indefesso di Elisa Galter) hanno rivoluzionato la logistica del festival e non solo quella. Nei quattro giorni di finali (due appuntamenti al giorno) il pubblico starà al centro del palco (trenta alla volta), seduto su “sedie rotanti”. D'altra parte quando si dice che l'arte (il teatro ma non solo) deve puntare la lente su pregi e difetti del mondo a 360 gradi non si dice "un modo di dire".

 

Gli otto registi selezionati tra i cento metteranno in scena i loro lavori di seguito, ognuno per dieci minuti: una maratonina e il ritrmo ci guadagna.

Le sedie gireranno verso la nuova messa in scena e quei 40 minuti di prosa e pose dovranno sintetizzare il concetto di variabilità creativa che sta alla base della sfida di Fantasio.

 

 Ogni regista lavorerà, stavolta,  con i propri attori a “casa sua”. Ma Villazzano sarà la casa di tutti, pubblico compreso, grazie allo scambio, il confronto, la reciproca conoscenza di storie, sogni, stili. Che fanno la forza, anzi il “potere” del Fantasio.

 

 Pare poco? E’ tanto, tantissimo anche alla luce del fatto che i “corti” , gli studi, del Fantasio sono diventati sempre più spesso spettacoli fatti e finiti che sono tornati a Villazzano in “gran forma”. Sarà così anche quest’anno con i quattro lavori vincitori nel passato che saranno ospitati domani (giovedì 24), poi il primo, il 5 e il 21 dicembre. Tutti spettacoli diretti da donne.

 

Il 24 di novembre aprirà le danze “Sotto gli occhi di tutti” di Valentina Cognatti Margot Theatre Company (ed 2021); proseguirà l’1 dicembre “Alle mie figlie” di Stefania Tagliaferri Compagnia Palinodie (ed 2018); il 5 dicembre avremo “SIGH! “di Anita Martorana (ed 2020) e concluderà infine “Padri e figli” di Piera Mungiguerra cantiere Birnam, (ed. 2019).

 

 Gli/le 8 registi/e finalisti che concorreranno quest’anno: 1° gruppo (Athos Mion, Simone Bevilacqua, Ornella Matranga, Gianluca Ariemma); 2° gruppo (Gianfilippo Maria Falsina Lamberti, Gerardo Benedetti, Laura Venturini, Luigi Facchino). Nei primi due giorni si esibirà il primo gruppo e nei giorni successivi il secondo. La premiazione finale, rapida e probabilmente frutto di una giuria tutta al femminile, sarà come sempre una festa. Solo che il via sarà più veloce rispetto al passato.

 

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