Dopo Brian Eno "il" Police, prima Vega o Brachetti: le chicche di Putignani, il produttore che fa colpo
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Nella sua breve vita da cantautore se ne uscì – più o meno un debutto – con un album intitolato con una domanda che oggi (ma forse anche allora) si potrebbe catalogare come introspettiva. “Cosa c’è che non va?” si chiedeva, melodicamente, Giuseppe (Pino) Putignani.
Osannando l’intramontabile Marzullo che vestito da carcerato attraversa indenne epoche e mode con i suoi innocui quesiti palindromi notturni, viene da citare quel “Fatti una domanda, datti una risposta” che deve aver colpito il Putignani. Quanto? Al punto da darsi la risposta quasi prima della domanda. E cioè dedusse – siamo verso la prima decina degli anni 2000 – che microfono, pianoforte e musicanti al seguito gli producevano più stress di quanto probabilmente fosse in grado di gestire.
E qui - nonostante nella Wiki(pedia) biografia siano sottolineati concerti in Brasile, a New York, dischi in pennetta e video – viene da applaudire senza vena di piaggeria. Non é di tutti i giorni cambiare rotta ed obiettivi certificando alla propria coscienza la risposta di cui sopra: meglio appendere le ambizioni cantautorali al chiodo.
Così fu. Ma non fu – e qui comincia la storia vera di Pino Putignani – una discesa dal palco. O meglio, un diverso posizionamento rispetto al palcoscenico. Capì, il nostro, che si poteva essere protagonisti anche senza avere i fari addosso. Capì, il nostro, che il dietro le quinte può (anzi deve) essere una sfida che si pone traguardi sempre più ambiziosi.
Capì, il nostro, che anche fare il promoter essenzialmente musicale (accadde quando si associò a Piero Fiabane) è un vestito stretto se hai gusti multipli e contaminati (regia e videomaker, ad esempio). Capì, il nostro, che nella fame di eventi che oggi è bulimica si può azzardare un che di diverso da chi compra e vende spettacoli senza metterci del suo se non il far di conto. Ecco dunque la nuova, ormai solida e per qualche verso sorprendente, vita di Pino Putignani, trentino del 1976, un po’ perginese e per il resto ormai di mezzo mondo.
Per fare meno pindarismi andiamo al sodo. Andiamo al nome più recente (prossimo venturo il 16 luglio a Pergine, al Parco Tre Castagni) e poi andiamo a ritroso. Eccoci allora: Stewart Copeland (che con Sting e Andy Summers si pronuncia Police). Il Putignani lo porta in Trentino (e in tour).
Prima del Policeman – l’estate scorsa – fu la presenza fisica e artistica di Brian Eno (che si legge così come è scritto ma si pronuncia Re Mida perché senza di lui i Roxi Music, Bowie, U2 e una miriade di altri big mondiali sarebbero stati altro). Allo stato è il “colpaccio” targato Putignani.
Prima di Brian Eno, e il salto indietro è un po’ più lungo ma non lunghissimo, ecco Suzanne Vega, quel Terence Trent D’Arby che da anni si è ribattezzato Sananda Maitreya senza perdere un briciolo di quella personalità soul che gli fece conquistare il pianeta. E ancora Kiefer Sutherland, attore rock che sul palco traduce l’America in energia sorprendente. Oppure Toquinho, il Brasile che vorresti come sottofondo ogni volta che vuoi allontanarti da fondo aggrappandoti all’arte musicale di una genuina allegria.
Quelli qui appena citati sono solo alcuni degli indimenticabili che Putignani ha portato in Trentino inventandosi il Blu Lake Festival (sui laghi trentini appunto, manifestazione che fu una boccata d’ossigeno e talento) per dare vita a concerti incastonati nella natura così come succede forse solo con diversamente pasturato (dalla Provincia) “Suoni delle Dolomiti”.
Con Putignani – il Pino produttore che a suo dire se non può “caratterizzare” un evento ci rinuncia – va così. E va che in questi anni (dare a Cesare anche se si chiama Pino) il Trentino grazie ai suoi azzardi creativi si è internazionalizzato come non mai. O meglio, per un po’ è tornato a non essere nazional /dipendente come fu in una stagione progettualmente coraggiosa del Centro Santa Chiara che portò a Trento Jackson Brown, Crosby-Stills e Nash, Procol Harum, Emerson Like e Palmer, Mink de Ville e altri.
Da allora, era il 2015, l’offerta tornò ad essere rigidamente tricolore (e detto tra noi non fu proprio un bene). Pino Putignani ha percorso altre strade e con quel suo fare per nulla spaccone ha agganciato l’in-agganciabile, realizzato (non da solo, è il primo a ricordarlo) quel che per il Trentino sembrava irrealizzabile.
Torniamo a Brian Eno. Certo per smuovere Re Mida e fargli inventare due allestimenti per il Castello del Buonconsiglio e per Beseno ci sono voluti i soldi (tanti) della Provincia. Ma senza un Brian Eno che si fidasse di Putignani e del socio produttore Albertini (loro la proposta dei paesaggi di luce e suoni seguita passo passo dall’ideazione alla realizzazione)? Se glielo chiedi il Pino quasi sparisce nell’umiltà: “Pensa che il maestro chiedeva a me consigli quando è stato qui a concretizzare il suo meraviglioso lavoro. Può capitarti mai di meglio nella vita?”.
Beh, obiettivamente i complimenti di Brian Eno sono da cornice ma non è che negli altri terreni dello spettacolo calcati da Putignani ci siano state buche. Basta chiedere al suo amico (Pino lo dice quasi commosso) Arturo Brachetti che gli ha creduto al punto di farsi produrre uno show celebrativo alla carriera che ha fatto del trasformismo una magia che vedi una volta e non la scordi più. Basta chiedere al comico Marco Dalla Noce che Putignani ha adottato e riadattato al successo dopo un periodo in cui la macchietta ferrarista sbattè contro ogni muro possibile umano ed economico.
O basta chiedere ad un nuovo ingresso nella sua galleria di collaborazioni, cioè a quell’Andrew Basso che in America chiamano il nuovo Oudini e che Putignani a riportato a casa (è trentino) con successo oltremisura.
O basta, ancora, interpellare Waldermar Maliki, grande pianista polacco al quale Putignani ha fornito l’orchestra del Conservatorio Bomporti di Trento per organizzargli un tour nazionale che ha fatto bingo.
Ci sarebbe dell’altro ma non è il caso di far sconfinare troppo una dichiarata e ammirata curiosità per questo promotore piuttosto atipico che ne pensa tante ma tante – e mica è facile – ne realizza. Fortuna? Incontri giusti al momento giusto? Può essere e non guasta. Ma forse la spiegazione è un pensiero più libero e coraggioso di quelli ai quali si è comunemente abituati in Trentino. Come quello, appunto, di portare nel parco perginese il batterista dei Police che riproporrà tutti i Police affidandosi a tre super Singer, l’orchestra del Bonporti (di nuovo) e lasciando spazio anche al batterista trentino Stefano Pisetta quando lui andrà a “dirigere”. “Produttore creativo” significa questo.
Come chiudere? Beh, ovviamente ancora con il filosofo Marzullo. “Fatti una domanda, l’ultima, e datti una risposta” – diciamo a Putignani. E lui: “E se il segreto, il mio, fosse crederci?”.