Da Ianeselli a Lanzinger, da Poggio a Merler passando per De Bertolini, Stanchina e Gilmozzi: eravamo due amici al bar
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Trento centro, ad uno sputo da Palazzo Geremia. Uno sputo dalla sede comunale. Interno giorno. Interno bar. Parlottano in due. Sono due “masticatori” di politica. Elettori motivati. Elettori interessati: quasi dei Panda. I due sono affamati di notizie. Sulle “sindacheidi”. Notizie di sinistra. Magari anche un po’ di centro e autonomistiche: se serve.
“Senti – dice il primo – che nei sai dei nomi che stanno circolando a sinistra per il prossimo candidato sindaco?”. “Boh – dice il secondo - di Ianeselli so che sul bavero ha la spilletta da segretario Cgil. Se dovesse provare a raccattare voti lontano dall’area rosso-rosa gli converrà nasconderla. Di Lanzinger so che di scienza se ne intende alquanto, ma non credo che nei sobborghi si aspettino una lezione sull’avifauna quando si animerà la campagna elettorale. La Poggio mi dicono che è prorettrice”. “Vorrei dire protettrice”: precisa il secondo. “No, proprio prorettrice - insiste il primo – roba di università”.
“Ma non c’era anche un avvocato tra i papabili alla candidatura?” – continua il primo. “Sì, De Bertolini. Ma pare già acqua passata”: risponde il secondo. E il primo insiste: “Ho sentito pure di Merler, il presidente di Dolomiti Energia”. Il secondo tituba. Poi parla: “Beh, Dellai è uscito dalla catacomba per sponsorizzarlo. Al sindaco Andreatta, in uscita definitiva, piace l’idea. Ma gli piacciono anche tutte le altre. Ecumenicamente in confusione''. Caffè, pausa. Virata. “La moglie e i figli bene?”: il primo cambia discorso. Il secondo ci stava prendendo gusto e, dunque, ritorna all’argomento. “Ma chi cavolo decide chi candiderà a sindaco? E se decidono, quando decidono? C’è un criterio?”.
Il primo – militante nemmeno tanto avanti con l’età ma rapidamente invecchiato a forza di disillusioni – pare saperla un po’ più lunga del suo interlocutore. “Sai – riattacca - c’è un tavolo dove siedono rappresentanti di partiti e singoli ai quali piacerebbe avere un partito ma che se si guardano dietro vedono il vuoto. Pd, Futura, Verdi, qualche socialista da museo, più o meno Europa. E altri: cespugli e ciuffi d’erba ingiallita. L’unica cosa che fin qui si è capita è che tutti cantano <Aggiungi un posto a tavola> sperando che l’amico in più abbia la stella alpina sul cappello e che si metta In Movimento verso il centro sinistra. Ma per adesso quel il posto resta vuoto”.
“Questo lo so – dice il secondo –. Il Patt tiene tutti sulla corda. E In Movimento si accredita di una forza tutta da dimostrare. Ma il Patt non si era solennemente sLEGAto dalla destra sovranista facendo gongolare una sinistra che si entusiasma di tutti fuorché di sé stessa?”. “Sì – dice il primo – ma dire ciao ciao alle Lega non significa evidentemente che il Patt si butti a sinistra. E poi il Patt è polifonico: cinguetta, nella sua base, verso tutte le latitudini. È oggetto di desideri opposti. E ci gode”.
Il secondo appare in disarmo: “Che casino. Con questo andazzo il candidato sindaco verrà dopo il voto”. “Ma no – rassicura il secondo – vedrai che i sapientoni, gli esperti di tavoli e trattative fino a notte troveranno la quadra. Un nome verrà fuori. Che poi sia il nome giusto per giocarsela con la destra avanzante è tutto da vedere”. Il secondo abbozza. Anzi, ad un certo punto ha un’illuminazione: “Ma una volta, a sinistra almeno, non si magnificavano le primarie? Far esprimere i potenziali elettori non è più di moda?”. “Bravo – replica il primo – e così nel Pd si ritrovano a dover rimettere in partita anche qualche loro amministratore uscente che si è detto disponibile provocando solo silenzi e imbarazzi. I pasdaran della discontinuità metterebbero il Pd in croce. E al Pd piace essere messo in croce”.
“I fanatici della discontinuità? E cioè?”: chiede il secondo. “Quelli – risponde il primo – che ad ogni occasione dipingono il ritratto del candidato ideale senza sapere se davvero esiste: giovane, meglio se alieno alla politica e all’amministrazione, magari bello che non guasta. E’ la politica somatica”. Il secondo allarga le braccia: “Ma la politica non è mica X Factor. Forse un po’ di esperienza serve. Sono settimane che ce la menano con Trento in testa a tutte le classifiche di vivibilità e di buon governo. E chi ha governato per raggiungere quei risultati avrebbe la rogna?”. “Boh – spiega il primo – forse è solo che Gilmozzi avrebbe dovuto lisciare più il pelo a chi sta al tavolo. Ma non pare il tipo”. Qui il secondo butta il sasso: “Sì, ma a me risulta che un bel numero di presidenti di circoscrizione, non solo targati Pd, siano piuttosto incazzati da queste logiche ad escludendum. Avrebbero voluto poter dire la loro, dai cosiddetti territori. E vorrebbero le primarie. Aperte e senza veti”.
“Risulta anche a me – replica il primo – ma i sapientoni sanno il fatto loro. Ripetono che è tardi, che siamo fuori tempo massimo per le primarie. Poco conta che a perdere tempo siano stati proprio loro. È il partito delle 'doparie'. Tergiversante, un po’ presuntuoso e perfino trasversale”. Il secondo ordina il bianco. Che voglia bere per dimenticare? Errore, insiste. “Ma oltre a Gilmozzi anche un altro assessore uscente, Stanchina, parteciperebbe alle primarie se mai fosse data l'occasione. Non so se tutto il Patt gli andrebbe dietro, ma certo una parte di città che non di destra ma nemmeno di sinistra potrebbe interessarsi ad essere protagonista e non succube delle elezioni”. Il primo, a questo punto, la mette così: “Bravo, e se poi gli incomodi dovessero spiazzare, nel voto delle primarie, gli strateghi del nuovo ad ogni costo? E se poi si scoprisse che c’è più feeling per chi ha governato la città che per i 'discontinui' veri o presunti? Che figura ci farebbero quelli del tavolo?”.
Il dialogo finisce qui. Con l’ultima domanda. Senza una risposta. A maggio la risposta la daranno gli elettori. Speriamo che non sia una sberla.