Contenuto sponsorizzato

Caro Rossi ti scrivo, ora che (non) hai visto il Pride uno ''scusate'' lo puoi dire?

Caro Rossi, ti aspettavi il folclore. Ti sei aggrappato al folclore per tirarti in parte. Affar tuo? No. E' anche affar mio nel momento in cui brami di rappresentare, di nuovo, quel centrosinistra che a parole fa dei diritti una bandiera
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 11 giugno 2018

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Caro Rossi ti scrivo”. Così mi distraggo un po'? Il contrario: così non mi distraggo da una rabbia – (ma anche da un a certa compassione nei tuoi confronti) - che una festa di colori e di calore ha reso ancora più più grande. Ancora più lucida. “E siccome sei tanto lontano” dalla realtà più forte ti scriverò.  “Da quando sei partito” alla misera ricerca di qualche voto da raccattare nel bacino dell'incultura oscurantista, “c'è una grande novità”. La parata è finita. L'anno nuovo dei diritti e delle libertà è appena incominciato, “Ma qualcosa ancora qui non va”. Non va che tu, caro Rossi presidente, ancora non ti sia scusato.

 

 

Non va che tu non abbia fatto pubblica ammenda verso chi nell'organizzare il Gay Pride ha buttato l'anima per nove mesi, partorendo con gioia diecimila figli e figlie della civiltà. Non va che tu non abbia ancora domandato scusa a chi quell'anima l'ha capita, adottata, amplificata, condivisa. E moltiplicata, appunto, per diecimila. Sabato 9, il sabato del Pride, non è stato un sabato qualunque. Si è usciti in molti di giorno e si è tirato in molti fino a sera, fino a notte. A Trento – da tutto il Trentino, dall'Alto Adige e dal Tirolo – non è stata l'estetica ad impadronirsi delle strade del Dolomiti Pride e a trasformare il parco delle Albere in un arcobaleno di sentimenti “per bene”. Anche per il tuo bene.

 

 

Al Pride la Politica si è finalmente presa la scena. Lo ha fatto vestendosi di normalità e di intrecci. Salutari. Orgoglio oltre i confini: orgoglio oltre i confini delle appartenenze, delle provenienze, dell'anagrafe. Orgoglio intergenerazionale, orgoglio nel voler tenere aperta la porta al progresso per sbarrarla ai paladini di un regresso ideologico che si nutre di anacronismo per negare il sacrosanto, (quello sì), diritto alle diversità. Al Pride, caro Rossi, la politica (quella dal basso, quella genuina, quella spontanea) ti ha spiazzato perché ha saputo comunicare, emozionare, coinvolgere, mobilitare. Perché ha saputo chiamare all'impegno personale e alla nobiltà di un confronto che parte dalla vita vissuta. Quella vita ignorata – perfino un po' schifata - dalla troppa politica politicante.

 

Te l'aspettavi caciarona e provocatoria la politica del Pride. Te la sei ritrovata agghindata di semplicità, normalità, sorrisi, applausi ai lati della strada, baci e abbracci. Avevi avuto paura di qualche petto nudo? Temevi le piume, le barbe color oro, le calze a rete? Inorridivi all'idea di un po' di trucco in più su facce in ogni caso belle? Beh, caro Rossi, adesso hai la possibilità di scendere da un piedistallo sul quale ti ha messo cinque anni fa chi non ti credeva un genio del centrosinistra ma nemmeno il peggio politico in circolazione.

 

Il salto nella realtà non richiede doti ginniche. Basta allenarsi – seppur tardivamente ma meglio che mai – all'umiltà. Basta imparare la più semplice delle lezioni: capire, studiare, conoscere prima di sentenziare. Prima di negare un patrocinio che vale come testimonianza di vicinanza e di condivisione. Al Gay Pride, caro Rossi, hai negato il patrocinio della Provincia di Trento arrogandoti il diritto di dare un giudizio preventivo su quello che evidentemente conoscevi solo per approssimazione iconografica. Di una storia di emancipazione intensa, spesso dolorosa ma fortunatamente e inesorabilmente vincente, devi aver letto solo qualche rigo. E se l'hai letto, l'hai letto male.

 

Ti sei abbandonato al Vizietto di considerare gli sculettamenti come unica espressione di un fenomeno sociale e civile che diversamente da te non confonde la forma con la sostanza. Ti sei trovato in compagnia di beceri, bacchettoni, incapaci istituzionali, fascisti e intolleranti poveri di neuroni. La sostanza che tu hai confuso beatamente con la forma è la dignità. La sostanza è l'amore che può declinarsi in tanti modi ma che resta pur sempre amore. E che per questo è in credito sia con la società che con la politica che governa ma troppo spesso sgoverna.

 

Caro Rossi, tu al Pride non c'eri. Ti hanno evocato. Non hanno infierito perché non ne valeva la pena. Ma certo avrai buttato un occhio da dietro le tende di casa tua, (anzi, visto che si parla di Provincia, di casa nostra). E se non l'hai fatto per ennesimo cedimento alla presunzione e all'arroganza hai toppato di nuovo. Nella parata e nel parco un popolo fiaccato e disilluso dall'insulsaggine e dalla prosopea della politica delle semplificazioni ti ha dato lezioni di buon senso e di umanità.

 

I gay, le lesbiche, le famiglie arcobaleno, i “generi”? Chi li conosce non li evita. Chi li conosce sa che spaventano solo i poveri di intelletto, i depositari di verità antistoriche, i giullari di un medioevo culturale che sparano cazzate dal pulpito di un consiglio provinciale. Il popolo del Pride non è parso un popolo di militanti. E questa è la sua forza. Il popolo del Pride era semplicemente popolo: un popolo che ancora tenta di usare testa e cuore per distinguere il bene ed il male “solo” in base ai comportamenti, alla sensibilità, alla capacità di darsi amore tra uomo ed uomo, donna e donna. L'amore di due padri per un figlio. L'amore di due madri per un figlio. Eccetera, nelle mille accezzioni di realtà sessuali in cui il sesso è l'ultimo dei problemi perché il primo è – appunto – l'amore.

 

Caro Rossi, ti aspettavi il folclore. Ti sei aggrappato al folclore per tirarti in parte. Affar tuo? No. E' anche affar mio nel momento in cui brami di rappresentare, di nuovo, quel centrosinistra che a parole fa dei diritti una bandiera.  “C'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra. E si sta senza parlare per intere settimane. E a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane”. Caro Rossi, caro Ugo, caro presidente. Per quelli che “hanno niente da dire” di tempo non ne rimane più. Al contrario, chi sfilava in multicolor ha da dire molto, moltissimo. Ha da dirti, ha da dire innanizitutto al centrosinistra ammaccato, masochista e giurassico, che su tutto si può – forse - mediare meno che sui diritti civili. Perché la storia è storia di diritti conquistati e ancora da conquistare nel terreno della giustizia, dell'eguaglianza, del rispetto e della convivenza.

 

Possono spiegartelo una Drag Queen o un trans. Può spiegartelo un distinto signore in giacca e cravatta mano nella mano con il suoi compagno poco importa. Possono spiegartelo due donne che fanno le madri di bambini sereni. Possono spiegartelo un padre, una madre, un fratello o un nonno di un ragazzo gay o di una ragazza lesbica che in famiglia trovano la forza dell'affetto e della libertà. Se lo capisci – caro Rossi - esci dal Vizietto di scambiare un film comico con un presente serio. Se lo capisci, scusati. Non farlo per il mio voto, che non verrà comunque. Fallo per te. Chi ambisce a governare la complessità di quest'epoca di vuoto e di egoismi è credibile solo se quando sbaglia lo ammette.

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Cronaca
22 gennaio - 11:10
Giorgio Del Zoppo (per tutti 'Gufo') è stato trovato a letto esanime dopo esser stato stroncato, a soli 55 anni, da un malore
Cronaca
22 gennaio - 09:40
L'incidente è avvenuto ieri e nel pomeriggio sono scattate le ricerche dopo che l'anziano non aveva fatto ritorno a casa
Cronaca
22 gennaio - 10:04
I tre ordigni sono stati ritrovati da un sub a circa venti metri di profondità, immediata la segnalazione alla Guardia Costiera
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato