Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
La cucina è cultura e memoria. "Il gusto delle cose", diretto dal vietnamita naturalizzato francese Tran Anh Hung e premiato dalla giuria di Cannes 2023 come miglior regia si svolge principalmente attorno ad una spettacolare stufa, tra deliziose ricette, fumanti pentole in rame e un’incredibile selezione d’ingredienti.
I piani sequenza, usati per creare intimità, spesso sono supportati solo dalle immagini, non ci sono tanti dialoghi. Non assomiglia a “Chocolat”, anche se la protagonista è sempre la stessa, Juliette Binoche.
Piuttosto il film rievoca “Il pranzo di Babette”, dove viene ugualmente elogiata l’arte della chef. Il regista già Leone d’Oro con “Cyclo”, in “Il gusto delle cose” vuole dare spazio all’arte culinaria fin dalla scena iniziale, tra notevoli i silenzi in un ritmo splendidamente cadenzato, forse non troppo adatto ai non cinefili.
La storia è ambientata in Francia, in un castello, intorno al 1885, dove vive Dodin Bouffant (Benoit Magimel) un gourmet famosissimo con la sua aiuto-cuoca da venti anni, Eugenie Chatagne che è anche saltuariamente la sua amante. I due attori protagonisti hanno veramente avuto una relazione vent’anni fa, da cui è nata una figlia e sono entrambi appassionati gourmet.
La pluripremiata Binoche, sessantenne affascinante, si muove con disinvoltura, sensualità e gioia di vivere. La gioia di vivere degli Impressionisti; alcune scene, curate nei dettagli, sembrano ambienti e personaggi di Pierre Auguste Renoir. Notevoli i tagli di luce in sintonia con i colori della campagna borgognona.
Gli amici colgono l’attimo intorno al tavolo ad assaggiare ed assaporare piatti storici francesi esaltati da vini pregiati. Una lezione di vita che trasmette Juliette a Pauline, un’adolescente che vorrebbe imparare l’arte del gourmet; lei ha il pregio d’individuare solo con un assaggio, la composizione articolata di un piatto. Una dote da coltivare.
Il film è un ‘prequel’ del libro del 1924 “The life and Passion of Dodin Bouffant - Gourmet” di Eugenie Chatagne (inventore delle guide gastronomiche). Il regista si è avvalso della supervisione di un esperto chef stellato, il “mostro sacro” Pierre Gagnaire.
Un viaggio raffinato nel mondo della storia della cucina, con una carica erotica esaltata dal non detto. Un dessert alla pera richiama la sinuosità del corpo, l’omelette norvegese diviene il simbolo della francesità, focosa esternamente ma fredda all’interno.