Il fascino del bianco e nero, il rapporto tra adulti e bambini e tanti temi trattati per riflettere sul futuro del pianeta: ''C'mon c'mon'' di Mike Mills
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
I bambini sono più seri e visionari degli adulti. Come in un portfolio di Robert Doisneau le immagini in bianco e nero “C’mon c’mon” ci fanno riflettere sul futuro del nostro pianeta.
Il regista statunitense Mike Mills, sceneggiatore, graphic designer e creatore di videoclip, è al suo quarto lungometraggio. Il film presentato al Telluride Film Festival e al Festival del cinema di Roma 2021, indaga sul rapporto degli adulti con i bambini.
Un giornalista Johnny, l’eccentrico premio Oscar Joaquin Phoenix, porta avanti una serie di interviste radiofoniche a bambini e giovani americani sulla natura, sulle paure, sul razzismo. Inchieste interrotte dalla richiesta di aiuto della sorella Viv.
Il marito si deve trasferire da Los Angeles a Auckland perché ricoverato per crisi psichiche e lei chiede a Johnny di tenere per un periodo il figlio di nove anni Jesse, l’enfant prodige Wooby Norman. Il giovanissimo attore se la cava egregiamente nei panni del bambino visionario, con richieste imbarazzanti come giocare a essere un orfano.
Il rapporto tra zio e nipote, sembra degenerare ma decolla e diventa un modo per riflettere sul passato e sul futuro. C’è un po’ troppa carne al fuoco in questo film per certi versi poetico. Nonostante il tema drammatico della malattia mentale del padre di Jesse, i grigi delle immagini rendono tutto più morbido.
I giovani intervistati sono di varie estrazioni sociali negli Stati Uniti. Un road movie, tra Los Angeles, New York, New Orleans dove la natura sembra muta.
La scena di Johnny e Jesse che urlano attorno ad un immenso albero, fa pensare alla richiesta di aiuto per la nostra terra desolata. Anche il blablabla che spesso Jesse pronuncia ci rimanda inevitabilmente a Greta attivista svedese per lo sviluppo sostenibile del pianeta.
Tanti i temi trattati, e la voce affettuosa di Phoenix, protagonista capace di entrare in simbiosi con lo splendido bambino, fa da collante con l’esterno.
Le immagini affascinano e si focalizza l’attenzione sulla fotografia curata da Robbie Ryan.
Si gioca su livelli opposti. “Come Wenders, volevo esplorare un personaggio bambino come una creatura dalle preoccupazioni, desideri e paure al pari di un adulto”, dice il regista al suo terzo lavoro sulle relazioni famigliari. Il primo “Beginners” rivolto al padre, il secondo riferito alla madre “Le donne della mia vita”.
Il titolo “C’mon c’mon-Dai dai” esprime leggerezza ma anche profondità che si scontra con le parole di una bambina intervistata su come sarà per lei il futuro ”ci saranno probabilmente altre guerre finché non faremo i conti con il passato”. Speranze, sogni, il futuro di giovani già vecchi sintomo di una cruda realtà di adulti incapaci di ottenere la pace nel mondo.