Il contrasto tra turismo internazionale animato dall’alcol e la popolazione locale, le proiezioni Eurorama al Trento Film Festival
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
In un mondo in cui ‘tutti sono tutto’, la 65ma edizione del Trento Film Festival ci propone ben 153 film, 148 appuntamenti e più di 260 ospiti. Non parliamo poi delle mostre tematiche e del sempre più rilevante Parco dei mestieri che coinvolge bambini delle elementari e delle scuole medie. Una kermesse a tutto tondo in cui bisogna saper scegliere.
A partire da alcune novità che spargono la magia del cinema per le strade del centro: il cinemobile sonoro, una Fiat 618 del 1936, restaurato in funzione in piazza Duomo, con proiezioni serali (purtroppo) solo fino al 30 aprile.
Intanto l’afflusso di gente è assicurato, come un rito annuale, il festival richiama appassionati di montagna e non solo.
Lasciamo da parte per ora i film in concorso e parliamo della rassegna Eurorama, da undici anni in azione al festival.
L’Europa dei popoli nei festival del film etnografico curata dal direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina, Giovanni Kezich e dal filmaker Michele Trentini.
Tredici documentari etnografici ambientati in undici paesi diversi suddivisi in due giornate tematiche. La prima ha affrontato le tradizioni, la seconda le migrazioni. Tutti film segnalati o vincitori di concorsi internazionali.
Raccontare il ricco e poliedrico patrimonio immateriale che si scova in Europa, tra pastorizia, pesca, musica e sonorità etnico linguistiche. Poi, trasferire sullo schermo le difficoltà di profughi e richiedenti asilo in fuga da altri continenti, con l’Europa come miraggio.
Documenti interessanti in un mondo in continua evoluzione.
Si ferma il presente che diviene subito passato nelle tradizioni che potrebbero scomparire come il documentario del croato di Vladimiv Parovi: 'Fisherman’s conversazions', ambientato sull’isola di Kvar. Contrasto fra un turismo incalzante di giovani internazionali animati dall’alcol e personaggi storici del luogo che criticano le scelte del turismo di massa.
Le tradizioni della pesca per alcune famiglie sono importanti e rendono l’isola umana caratterizzando un territorio nella gioia di ritrovarsi, dai bambini agli anziani che si tuffano nudi nell’acqua limpida per pescare e poi vendere ai ristoranti i prodotti del mare.
Canti corali che richiamano i canti georgiani nel film di Renato Morelli, regista trentino tra i più autorevoli in campo etnomusicale, 'Voci del sacro', ambientato in Sardegna, a Cuglieri. I protagonisti, padri e figli, non conoscono la musica, da autodidatti si tramandano un canto che diviene voce e melodia.
Il canto prosegue camminando fra i vicoli, rimbomba nei muri del paese fino alla chiesa dove la processione si ritrova. La cerimonia della settimana Santa è accompagnata da su curcordu (il coro), un coro di quattro elementi che canta in lingua latina.
Suggestione e tradizione si legano come nel modo di vivere dei nomadi d’Oriente in 'Daughters of Anatolia' della turca Hale Sofia Schalz. Inquadrature simboliche di vite e luoghi incontaminati.
Le donne mungono le capre, fanno lo yogurt, il pane, tessono. Ma irrompe il trattore come ritorno alla realtà. Tutto cambia velocemente, con i nomadi che abbandonano gli spazi liberi, riti di una pastorizia risalenti al XII secolo, affrontando sfide di un mondo moderno, sistemandosi alla fine in una comoda casa cittadina.
Queste storie sono piccole testimonianze di mondi che stanno scomparendo per lasciare posto ad altro.
Da segnalare l’ultimo film in rassegna, 'District zero' di Pablo Iraburu, Jorge Fernandez Mayoral e Pablo Tosco, su cosa custodisce la memoria elettronica di uno smartphone di un rifugiato. Indizi, ricordi, identità e contatti legati al mondo da cui si è fuggiti. Immagini struggenti di una quotidianità che presenta un negozio di ‘telefonini’ in uno dei campi profughi allestiti in Giordania, quasi 100 mila rifugiati, per la maggior parte siriani.
Un Trento Film Festival che ci mostra ancora una volta cosa vuol dire fare film etnografici, per conservare la memoria storica delle popolazioni, non solo quelle della montagna. Proiezioni e dibattiti, la sala conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto trasformata in una ‘etnoarena’, con particolare riferimento ai tanti riti carnascialeschi, documentati in un progetto dell’Unione Europea.