Il 71esimo Trento Film Festival verso il traguardo finale. Un’affluenza sempre notevole nelle sale dei cinema
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
"Siamo figli delle stelle", non è la frase di una nota canzone degli anni Settanta di Alan Sorrenti, lo dice la voce fuori campo nel documentario (in concorso) “Fragments from Heaven” di Adnane Baraka, regista indipendente marocchino.
Nel deserto numerose meteoriti sono piovute come frammenti celesti e Mohamed, un nomade cinquantenne, va alla ricerca di meteoriti che potrebbero migliorargli la vita. Anche uno scienziato Abderrahmane fa delle ricerche sulle meteoriti e discute con i suoi studenti sulle origini della vita. Una lenta ricerca nell’ arido terreno con l’insistente rumore dei passi dei nomadi, d’altronde il regista ci ha messo otto anni per terminare il suo lavoro. Il finale, inaspettato, è esplosione di energia.
Sono gli ultimi giorni del Festival. Un’affluenza sempre notevole nelle sale dei cinema. Si potrebbe pensare, visto i numerosi film sold out, di prevedere per i prossimi anni, diversificare altre proiezioni, anticipando gli orari o posticipandoli.
Altro interessante e frequentato incontro durante il Trento Film Festival “il massaggio con le campane tibetane”, un’antica e armonica pratica negli spazi di piazza Cesare Battisti a Trento nel pomeriggio, ore 17.30, per conoscere le tradizioni di un affascinante Paese, frequentato da molti occidentali, a volte sfruttato dal turismo di massa ma anche sostenuto. Come nella Proiezione Speciale “Day Dream” corto di Alessandro D’Emilia e Katia Bernardi.
Uno spirito di ricerca e voglia di realizzare i propri sogni con Fausto De Stefani, alpinista e naturalista che dopo aver scalato tutti i 14 ottomila, ha costruito una scuola in Nepal a Kirtipur. La storia s’intreccia parallelamente con Simone Salvagnin, atleta ipovedente paraolimpico, che realizza il sogno di arrivare in Nepal.
Il Premio Solidarietà Cassa di Trento, istituito dalla Cassa di Trento è stato assegnato a “Plai. A Mountain Path” di Eva Dzhyshyashvili. Un film ucraino in concorso, premiato al cinema Modena mercoledì sera 3 maggio. Era presente la regista. Il documentario parla di guerra senza vederla. Una famiglia ucraina che vive in campagna è sospesa in un tempo indefinito, in un villaggio dei Carpazi, con due piccoli bimbi che vivono con i nonni e la madre. La nonna è in continuo movimento tra gli animali da allevare e mungere, i nipoti da curare, il nonno è senza una gamba, persa in armi, per difendere l’Ucraina. Realtà di gente umile, bambini che maturano troppo presto.
Solidarietà per esistere. Lo dice la vita dei coniugi Krafft, in “The fire within: a requiem for Katia and Maurice Krafft” di Werner Herzog, lo dicono le scelte di Doug Tompkins in “Wild life” di Elisabeth Chai Vasarhelyi e Jimmi Chin. Una vita selvaggia di stelle nell’Universo.
A chiudere la programmazione regolare del Festival, prima della tradizionale domenica dedicata alle repliche dei film premiati, il Supecinema Vittoria ospiterà alle 21 l’Anteprima di Rispet, lungometraggio d’esordio della regista trentina Cecilia Bozza Wolf, già premiata al Trento Film Festival nel 2017 per il corto Vergot. Interamente girato con attori non professionisti nella Valle di Cembra, Rispet è ambientato in un borgo di montagna immerso nei vigneti, dove gli abitanti giurano di essere una grande famiglia, ma in cui nella realtà serpeggia una profonda incapacità di esprimere emozioni e desideri, che sfocerà nell’intolleranza per il diverso (Qui intervista).