Dal palazzo-bunker di Saddam Hussein alla guerra in Ucraina: "Ensemble"-Julie Mehretu e il piacere di sperimentare
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Una dimensione collettiva come metodo di lavoro. “Ensemble” nel settecentesco Palazzo Grassi, vede Julie Mehretu, per la seconda volta a Venezia (c’era stata nel 2011 in Punta della Dogana) condividere gli spazi con i suoi amici artisti: Nairobi Baghramian, Hume Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin.
Un ricco numero di creativi, pittori, fotografi, videomaker, scultori. Lei, etiope di Addis Abeba, naturalizzata statunitense, classe 1970, si presta a raccontare nei video ed in cinquanta dipinti degli ultimi venticinque anni, la sua storia.
Una notevole sperimentatrice che si avvale di aerografia, serigrafia, acquatinta, fotoincisioni, inchiostro, acrilico, rendering architettonici, per denunciare fatti di cronaca, stratificando mappe, planimetrie (il padre geografo), disegni grafici, fotografie.
Il jazz è la sua musica. Con tre artisti afroamericani, Rashid Johnson, Ellen Gallagher, Adam Pendleton, ha acquistato la casa nativa di Nina Simone, la voce della rivolta nera. Le grandi dimensioni delle tele sembrano perdersi nei due piani del raffinato palazzo.
Jiulie deve raccontare cosa accade nel mondo come le rovine di uno dei palazzi-bunker di Saddam Hussein a Baghdad, oppure l’asfalto a Capitol Hill, o l’invasione dell’Ucraina, con immagini fotografiche sfocate per astrarre e liberare la figura dallo sguardo.
Stratificazioni per modificare le superfici dello spazio e creare nella profondità della tela un “mare di fantasmi”(definizione di Mehretu) travolti dalle pennellate. Dal 2001 con “Rise of the New Suprematists”, una carta di storie che non corrisponde ad alcun luogo, al 2023 con “TranSpaintings (recurrence)” incorniciato da una scultura in alluminio ideata da Nairobi Baghramian: una serie di opere in cui Mehretu libera i suoi dipinti dalle pareti. Non c’è più la tela ma una rete di poliestere trasparente.
Una sperimentazione che trova conferma in “Desire Was our breastplate” 2022/2023, dove lei utilizza un nuovo tipo di acrilico, iridescente. Si mette in gioco Julie mostrandosi in due filmati eseguiti da Tacita Dean, in 16mm. Uno del 2011 mostra Mehretu al lavoro, l’altro del 2021, la vede conversare con l’artista centenaria venezuelana- statunitense Luchita Hurtado.
Un’amicizia quella con Tacita di lunga data; con “Gdgda” la regista documenta nel 2007 la creazione della tela grandiosa “Mural” di venticinque metri, nella sede newyorkese di Goldman Sachs; per riflettere sulle strutture economiche del mondo. Tanta energia e passione provocata dal piacere di sperimentare insieme.
Pinault Collection - “Ensemble”- Palazzo Grassi - Venezia - curatrice Caroline Bourgeois - fino al 6 gennaio 2025.