''Croce e delizia'', la commedia italiana contro i pregiudizi
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Risate e pianti, con il mar Tirreno per sfondo. Come non divertirsi nel vedere Alessandro Gassmann, sex-symbol per eccellenza, trasformarsi in un gay innamorato di un affascinante sessantenne.
Stiamo parlando di “Croce e delizia” diretto da Simone Godano. Il regista quarantenne si affida per la sceneggiatura ancora a Giulia Steigerwalt come con “Moglie e marito”, il suo primo lungometraggio. Dal Dams agli spot pubblicitari, cortometraggi e tv, Simone Godano sul grande schermo continua a scavare nei rapporti familiari.
La crisi della coppia diviene crisi dei ruoli in questa fresca commedia all’italiana. In una location da sogno, una villa vicino a Gaeta, a picco sul mare, con piscina ed un particolare osè, il bagno aperto in terrazza, si aggirano due nuclei famigliari opposti.
Il proprietario, Tony Castelvecchio, uno scafato mercante d’arte romano, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, con le due figlie trentenni (hanno pochi mesi di differenza) per ‘eccesso di paternità’. Arriva in villa anche la madre (Anna Galiena) di Penelope (Jasmine Trinca), che testimonia la frivolezza di Tony.
L’altra famiglia, ospitata intenzionalmente nell’attigua dependance è composta da Carlo Petagna (Alessandro Gassmann), che ha un negozio di pesce a Roma, è vedovo ed ha due amati figli maschi; uno di otto anni, l’altro è sposato e la moglie aspetta un bambino.
Si ritrovano nella dependance della villa, per una vacanza organizzata dal mercante d’arte ed annunciare un matrimonio, quello di Tony con Carlo. Equivoci, disperazioni e tragedie, incapacità di accettare una scelta tanto estrema. Penelope e Sandro (Filippo Scicchitano), il figlio di Carlo, inizialmente si alleano per mandare all’aria le nozze.
Un ballo liberatorio rimette però tutto in discussione. Ma è Penelope che trasforma il suo ruolo di figlia benestante, in una donna in piena crisi esistenziale. Gli attacchi di panico, dovuti al mancato rapporto con il padre, la rendono fragile e l’unico che riuscirà a capirla è proprio Carlo.
Una forte interpretazione quella della Trinca, brava a calarsi in qualsiasi ruolo, capace di trasmettere le sofferenze di una figlia mai capita, che nasconde nella sua apparente superficialità, una profonda solitudine.
Dirà ”Ma come, avete fatto un party con Andy Warhol, David Bowie e Mick Jagger e non mi avete detto nulla?” Bentivoglio, in alcuni momenti assume i connotati di Tognazzi, ne “Il vizietto”. Ma erano altri tempi. Incisiva la fotografia di Daniele Ciprì, un nome una garanzia, finale accomodante per una commedia all’italiana che vorrebbe abbattere i pregiudizi.