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Con il "portentoso e dorato" Chardonnay di Marco Wolf un lupo compare per la prima volta sull'etichetta di un vino trentino

Si tratta di un vino più che promettente. Per il colore dorato, riflessi solari, buona fragranze tra folate impercettibili di agrumi mediterranei e timbri di mela matura, e una scorrevolezza al palato altrettanto appagante, nonostante l’ancor breve affinamento in vetro
DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 05 marzo 2021

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Il cognome del vignaiolo della Valsugana non ammette tentennamenti: si chiama Marco Wolf. Parola subito enigmatica, con immediati riferimenti animaleschi, certamente selvatici. Perché subitaneo è il legame tra la parola ‘wolf’ e l’immagine di ‘lupo’.

 

Proprio quella che campeggia sulla bottiglia di questo giovane quanto preparato viticoltore, precise nozioni in enologia – studi tecnici all’Iti di Trento e successiva laurea in enologia alla Fondazione Mach – esperienza in blasonate cantine altoatesine (San Michele Appiano su tutte), pronto a cimentarsi con una (per ora) micro vinificazione in proprio.

 

Orgoglioso di ostentare il suo cognome. Del resto alla figura del lupo sono legate innumerevoli leggende, tra toponomastica, timori, paure e tutele. In Trentino si contano oltre cento variabili di toponimi legati a questo animale.

 

Praticamente la metà dei comuni della provincia hanno siti o temi ambientali con fonetiche o assonanze ‘lupacchiotte’. Qualche esempio: Lovo, Lova o Lovi; Làf, Luf, Lòo; Làu, Loepo ma anche Bolvech o Bolfpoum e alcune varianti dialettali intraducibili, Lowves o Loa compresi. Escludendo dal conteggio indicazioni o toponimi legati a casati, sia nobiliari che rurali, indicazioni di famiglie o dinastie.

 

Mai però l’immagine di un lupo era comparsa sull’etichetta di un vino del Trentino. Lupo raffigurato con ombre di abeti dolomitici sul pelo, iconografia che lo rende inserito nell’habitat della Valsugana e animale (in etichetta) apparentemente mansueto. Ecco perché la scelta di Marco Wolf non è solo encomiabile, ma stimola a porsi qualche interrogativo sul futuro di questo animale. Ma prima soffermiamoci sul vino.

 

E’ un Trentino Superiore Chardonnay di gran razza, decisamente portentoso, curato quasi maniacalmente in ogni fase della produzione. Dalla cura delle viti (nemmeno una decina di anni vegetativi) sistemate in pochi ettari tra Telve e Castelnuovo, fino alla vinificazione, rigidamente autoctona e con sapiente uso del legno.

 

Dalla vendemmia 2019 sono state ricavate appena 1.300 bottiglie. Poche, ma un vino più che promettente. Per il colore dorato, riflessi solari, buona fragranze tra folate impercettibili di agrumi mediterranei e timbri di mela matura, e una scorrevolezza al palato altrettanto appagante, nonostante l’ancor breve affinamento in vetro.

 

Un vino bianco che potrebbe essere annoverato tra la ‘nouvelle vague’ delle vinificazioni trentine, uno chardonnay d’autore, di un produttore che sicuramente farà parlare nel prossimo futuro. Pronto a proporre anche una sua versione di Pinot nero e un Sauvignon tutto da interpretare. Torniamo al lupo.

 

Animale che interpreta pure un repentino cambiamento del ‘comun sentire’: per buona parte del pubblico il ‘lupo cattivo’, predatore minaccioso assolutamente da evitare, diventa bestiola da salvaguardare. In quanto il ‘nuovo lupo buono’ riesce ad incarnare valori propositivi di una Natura integra, decisamente contrapposti alla cattiveria incarognita di forme poco inclini alla civiltà. Senza alcun rispetto per l’animale nella sua realtà. Immagine viziata da luoghi comuni, che negano l’esistenza di motivi di competizione e contrasto tra uomo e Natura.

 

Così anche questo vino Chardonnay con Wolf nel nome può essere stimolo per affrontare in modo pacato e costruttivo la ‘questione lupo’, con approccio scientifico, basato su dati di fatto, che liberi il lupo dalle immagini create dall’uomo e lo mostri per quello che effettivamente è: un animale selvatico estraneo del tutto alle categorie umane di “buono” e “cattivo”. Insomma, lupo… pure da bere. Senza alcuna paura.



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