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La pista da sci in plastica ideata da Gino Soldà (VIDEO). Tra un passato turistico da contestualizzare e un presente da ripensare

Piste di plastica del passato, piste di plastica del presente: ciò che ai tempi di Soldà combaciava con lo spirito del tempo, oggi si rivela anacronistico

di
Pietro Lacasella
03 novembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Non è raro fare il processo al passato, guardando con orrore iniziative che oggi risulterebbero anacronistiche. Tuttavia, se a volte le motivazioni sono sacrosante, in altre occasioni è necessario prendere in considerazione il contesto culturale e ambientale in cui queste iniziative sono germinate.

 

Di conseguenza risulta difficile criticare l’idea, formulata negli anni Sessanta dal grande alpinista nonché abile sciatore Gino Soldà, di realizzare in collaborazione con un industriale una pista da sci in materia plastica sui pendii che si affacciano sul paese di Gallio (Altopiano dei Sette Comuni). A darne testimonianza è un video dell’Archivio Storico Luce del 15 luglio 1960. Il manto sintetico, composto da tasselli a incastro, a mo’ di puzzle, aveva lo scopo di promuovere l’attività sciistica anche durante la stagione estiva. Soldà aveva proposto un progetto analogo anche al comune di Monteviale, sempre in provincia di Vicenza, ma sul più bello l’operazione sfumò.

“È come se ci fosse la neve – decanta la voce narrante del video – e invece la neve è di plastica. (…) Così i patiti degli sport invernali si tufferanno nelle discese di plastica, meno invitanti ma più durature”.

Il video si conclude con una frase, anche questa espressa con tono entusiasta, che evidenzia alla perfezione lo spirito del tempo: “Come sempre il progresso uccide il romanticismo”.

 

Erano anni gonfi di speranza, concentrati attorno alla parola progresso, che sembrava improvvisamente arricchire la vita con un ventaglio opportunità: nuove scoperte, ad esempio, permettevano di forzare la ciclicità delle stagioni. Non si aveva ancora la consapevolezza che, oltrepassando ripetutamente i limiti ambientali, si sarebbe spezzato un importante equilibrio. Per questo motivo non è semplice e nemmeno corretto puntare il dito contro Soldà: la sua iniziativa combaciava con la natura ideologica di quegli anni.

 

Il problema emerge quando tali progetti, per ovvi motivi disallineati rispetto a un mondo profondamente trasformato, vengono riproposti nel presente. In Veneto ad esempio c’è chi ha pensato - in anni recenti e recentissimi - di incentivare lo sci su plastica. È successo ad Albettone dove, con il benestare del sindaco di allora Joe Formaggio, sono stati costruiti 120 metri di pista da sci sintetica. L’operazione si è rivelata un totale insuccesso e la società che aveva in gestione lo spazio ha alzato bandiera bianca a breve distanza dall’inaugurazione.

Per citare un altro esempio, è ancora più giovane la pista in plastica del Kaberlaba, ad Asiago, realizzata con l’obiettivo di offrire la possibilità di sciare tutto l’anno.

 

A differenza della pista di Soldà, questi tracciati non sono più solo un’integrazione estiva, ma sono pensati per dare nuovo slancio a un tipo di promozione turistica che, a causa dei mutati scenari climatici, d’inverno avanza con crescente difficoltà.

Un indirizzo che, tuttavia, nuota controcorrente rispetto alle più moderne direttive turistiche, che invitano a evidenziare le peculiarità del territorio (anche climatiche).

 

È un’offerta che si costruisce attorno al territorio e non più sul territorio.

 

Se “adattamento” è una delle parole chiave del nostro tempo, allora è arrivato il momento di abbandonare strumenti validi in un passato contestualmente lontano, per adottare un linguaggio turistico rinnovato.

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