Contenuto sponsorizzato
Sport

Gli itinerari de L’AltraMontagna: tra le meraviglie geologiche delle Marocche di Dro

Un viaggio nella storia e nella geologia nel cuore della Valle del Sarca, alla scoperta di frane antichissime, impronte di dinosauri e un biotopo sorprendente

di
Luigi Dodi
29 novembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Un monumento naturale unico nel suo genere, una finestra sul passato remoto della nostra Terra e un incontro affascinante con un ecosistema tanto arido quanto ricco di vita. Sono le Marocche di Dro, un ambiente lunare che, soprattutto tra l’autunno e la primavera, diventano il palcoscenico ideale per un’escursione sorprendente. Siamo nel territorio del Garda Trentino, patria indiscussa dell’outdoor, luoghi letteralmente presi d’assalto – benché organizzati in maniera quasi impeccabile – dagli amanti della vela e dell’arrampicata, della bici, in ogni sua declinazione, e delle ferrate, dell’escursionismo e del parapendio.
Ed è qui, nella bassa Valle del Sarca, tra i borghi di Dro e Drena e le acque placide del Lago di Cavedine, che si estende l’imponente deserto roccioso conosciuto con il nome di Marocche di Dro. Questo vasto biotopo di 250 ettari, dichiarato Sito di Interesse Comunitario (SIC), Riserva Naturale Provinciale e sito della rete Natura 2000, è il risultato di enormi frane di crollo che si sono staccate dal Monte Brento e dal Monte Casale, insieme a frane di scivolamento dal versante opposto, causate dalle glaciazioni quaternarie, e ritenute le più grandi frane dell’intero arco alpino. Il ritiro dei ghiacciai che riempivano la valle ha lasciato dietro di sé un paesaggio di blocchi ciclopici, colline spoglie e un terreno accidentato, segno del lento e inesorabile lavoro degli agenti atmosferici. Non a caso, il termine dialettale trentino maroc deriva dal paleoeuropeo mar, con il significato di sasso, pietra. Camminare tra queste rocce è come sfogliare il diario geologico della Terra: impronte fossili, noduli di selce e tracce di carsismo narrano storie antiche milioni di anni. E proprio qui, nel 2000 su alcuni massi nell’area della cosiddetta frana di Kas, nella parte più orientale della Riserva, vennero scoperte orme di dinosauri, un carnivoro e un erbivoro che popolavano questa zona qualcosa come 190 milioni di anni fa, quando era un ambiente completamente diverso, dominato da lagune e foreste.


Il masso con le impronte di dinosauro. © Leonardo Ferrari

Un paesaggio senza tempo
L’autunno è una stagione particolare, e avvolge la Valle del Sarca in un’atmosfera unica. Le tonalità dorate del bosco circostante contrastano con il grigio delle rocce, mentre l’aria fresca porta con sé un silenzio che amplifica ogni passo. La partenza per l’anello delle Marocche di Dro può avvenire da punti diversi, e uno di questi è il parcheggio lungo la strada Provinciale tra Dro e Drena. Un cartello della Riserva Naturale introduce al percorso, un circuito di pochi chilometri percorribile in poco più di due ore, che si snoda attraverso il cuore delle Marocche, alternando paesaggi aridi e lunari a scorci di vegetazione mediterranea e subalpina, un connubio reso possibile dal clima mite del vicino Lago di Garda. L’inizio del percorso, prendendo subito a destra e camminando verso nordest, è segnato da un paesaggio che sembra uscito da un altro pianeta: blocchi di roccia accatastati in un caos apparente, modellati dal tempo e dall’erosione. Dopo essere passati tra una distesa di licheni e alghe che si aggrappano tenacemente ai sassi, si incontra il primo punto d’interesse: le impronte dei dinosauri. La roccia calcarea porta ancora le tracce di quei colossi del Giurassico, un dono del passato che invita alla riflessione sull’infinita ciclicità della natura. Proseguendo verso nord, il sentiero sale leggermente, lasciando alle spalle le impronte per seguire i pannelli didattici che illustrano la formazione geologica dell’area. Ogni passo è un invito a osservare più da vicino i dettagli: le scanalature carsiche che disegnano motivi intricati sui massi, le forme bizzarre scolpite dagli agenti atmosferici, e qua e là piccoli arbusti di terebinto e pero corvino, veri sopravvissuti in un habitat ostile.


Tra i massi accatastati delle Marocche di Dro. © Robertk9410

Rocce e acqua
Dopo circa un’ora di cammino si passa vicino alla strada asfaltata che conduce al Lago di Cavedine, dove si incontra un altro punto di accesso a questo itinerario. Volendo raggiungere lo specchio d’acqua, un angolo di tranquillità incastonato tra le montagne, conviene continuare sul sentiero didattico verso ovest, che entra nella vegetazione, e prendere a destra una deviazione poco prima della vecchia centrale elettrica di Fies. Quest’ultima, un tempo cuore pulsante della produzione idroelettrica, è oggi un centro culturale che ospita eventi artistici. Il contrasto tra la storia industriale e la natura selvaggia delle Marocche è affascinante, un esempio di come il passato umano e naturale si intreccino in questa valle, connessi con una modernità armoniosamente inserita nel paesaggio, rintracciabile nei vigneti che si costeggiano e nella bella ciclopedonale del Sarca, sulla quale ci si innesta poco dopo, volgendo verso sud. Si segue la pista asfaltata per un breve tratto, prima di tornare a immergersi nell’affascinante aridità delle Marocche. La luce crea giochi d’ombre tra i massi, il vento porta con sé profumi di terra e di pietra, e poco oltre, tenendo di preferenza la destra al bivio (anche a sinistra si torna al punto di partenza), si supera il piccolo specchio d’acqua del Laghisol, un’oasi di vita in questo ambiente austero. Attorno al laghetto si sviluppa una vegetazione palustre sorprendente, dove piccoli uccelli si aggirano tra i cespugli, creando un contrasto affascinante tra l’arido e il vitale che coesistono in un delicato equilibrio. Manca ormai poco al termine del circuito, e con l’ultimo tratto del percorso si torna sul sentiero percorso all’inizio, e da lì al parcheggio. Vale la pena fermarsi poco prima, guardarsi indietro e contemplare, con il pensiero e con gli occhi, il paesaggio attraversato. Difficile non sentirsi piccoli di fronte all’immensità del tempo che ha modellato questo luogo.  

 

 

IL PERCORSO
Regione: Trentino – Alto Adige
Partenza e arrivo: parcheggio in località Lavini (197 m), sulla strada tra Dro e Drena
Accesso: da Arco si si segue la strada verso Trento e, giunti a Dro, si devia verso la Valle di Cavedine e Drena; da Trento, oltre che percorrere tutta la Valle del Sarca fino a Dro, è anche possibile, superato Vezzano, prendere a destra per Cavedine, proseguendo oltre Drena
Dislivello: 250 m
Durata: 2 h/2 h e 30 min
Difficoltà: E (escursionistico)

 

Immagine di apertura: una veduta dall’alto delle Marocche di Dro, con il Lago di Cavedine. © Giovanni Bidi

 

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Ambiente
| 22 gennaio | 12:00
Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali alla libera università di Bolzano, è ospite della nuova puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
Sport
| 22 gennaio | 11:00
Ad imporsi è stata la Svizzera, che annoverava tra le proprie fila anche ex calciatori di assoluto livello come Benaglio, Mehmedi, Chapuisat e Frei, che in finale ha piegato per 8 a 6 la Germana. L'evento si disputa dal 2010, è giunto alla 13esima edizione e richiama un gran pubblico nella città del Canton Grigioni
Contenuto sponsorizzato