Contenuto sponsorizzato
Sport

Gli itinerari de L’AltraMontagna: mille metri sopra il Tibet d’Italia

Sul Monte Camicia, una delle cime più alte e panoramiche del Gran Sasso, sospesi tra l’altopiano di Campo Imperatore e il Mare Adriatico

di
Luigi Dodi
12 aprile | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La prima volta che ci si affaccia sul vasto altopiano di Campo Imperatore si capiscono alcune cose. Innanzitutto perché lo chiamano “piccolo Tibet”, poi perché, come sostengono in molti, le foto che hai visto e rivisto non rendono l’idea. No, non la rendono. Salendo da Fonte Cerreto, dove parte la funivia per Campo Imperatore, superati gli ultimi boschi, il paesaggio inizia a cambiare, e intorno si allungano dolci ondulazioni di pascoli. Ed è solo l’inizio. Al bivio in molti prendono a sinistra, verso Campo Imperatore, ma noi andiamo a destra, destinazione Fonte Vetica. Il paesaggio che ci si svela agli occhi ha dell’incredibile: un pianoro che sembra infinito, un pascolo sterminato verde e giallo, punteggiato di qualche cavallo in lontananza, un gregge di pecore. Intorno si alzano dossi e colline, e in lontananza pendii più ripidi salgono alle cime, una corona di montagne che superano di poco i duemila metri. Ed eccolo, là in fondo, apparire nella luce mattutina, un’immagine possente e nitida, che si staglia contro il cielo: è il Corno Grande, cima più alta di tutti gli Appennini, re incontrastato delle montagne abruzzesi. Ci fermiamo per un attimo ad ammirarlo, ma sappiamo già che ci accompagnerà praticamente per tutto il giorno, quindi procediamo spediti, e quasi storditi dal paesaggio che ci circonda. Percorriamo praticamente tutto l’altopiano, fino al bivio per Fonte Vetica, con il fumo che sale già dalle griglie all’aperto del ristoro Mucciante, dove si può comprare la carne e cuocerla in autonomia. Oggi, in questa giornata di inizio agosto, si consumeranno migliaia di arrosticini, e non è un’esagerazione. Lasciamo i primi grigliatori al loro lavoro – fanno colazione con gli arrosticini? – e percorriamo l’ultimo rettilineo, circondati da un affascinante nulla, che ci conduce a Fonte Vetica, dove partiremo per la nostra salita di oggi: il Monte Camicia.


L’altopiano di Campo Imperatore dominato dal Corno Grande (2912 m). © Luigi Dodi

Sulla schiena dell’Orco
Dopo tanta “desolazione”, ci consola la breve fascia boscata di pini sulle pendici della montagna, mentre osserviamo dal basso l’inconfondibile sagoma del Camicia svettare mille metri più in alto. Sappiamo che la salita non presenta difficoltà, il versante è ripido, ma erboso, e il sentiero che seguiremo sale agevolmente. Sappiamo altresì che il versante opposto, quello settentrionale, è ben diverso, e precipita per oltre 1200 metri sulle colline del Teramano, con una immensa parete larga due chilometri, tanto da valergli il soprannome di “Eiger dell’Appennino”. Non ho mai amato i paragoni e le similitudini tra le montagne, ciascuna è una storia a sé, ma è anche con la curiosità di vedere se l’Orco appenninico è davvero così impressionante che ci mettiamo in cammino.
Imbocchiamo il sentiero n° 252, chiaramente indicato, e iniziamo subito a salire a sinistra del vecchio rifugio di Fonte Vetica (quello nuovo è poco più in alto, sulla sinistra), costeggiando la pineta e poi attraversandola verso destra, per uscire sugli aperti pendii erbosi che ci accompagneranno per tutto il percorso. Il sole inizia a scaldare l’aria, per fortuna abbiamo una buona scorta d’acqua, e affrontiamo la ripida salita sul fianco di un valloncello, che poi si attraversa e, con un breve traverso ascendente, ci portiamo sui pascoli della Sella di Fonte Fredda (1994 m). Una prima breve sosta è d’obbligo, per ammirare il vasto altopiano verso sud, altre montagne in lontananza, mentre a nord si distendono le colline della provincia di Teramo e, in lontananza, il blu intenso del mare. La luce è fortissima, e chinando lo sguardo ci accorgiamo che, qua e là, spuntano alcuni esemplari di stelle alpine appenniniche (Leontopodium nivale).


Poco prima della cima del Monte Camicia, affacciati sul baratro della sua parete nord, verso le colline del Teramano. © Andrej

Orizzonti infiniti
Riprendiamo il cammino sulla ripida dorsale erbosa dove sale il sentiero n° 254, e in breve siamo sull’anticima del Monte Tremoggia, poi alla vetta principale (2350 m), con il panorama che si apre ulteriormente, spingendosi dalla vasta piana ai nostri piedi fino a un orizzonte che sembra non finire. Una brevissima discesa ci deposita sulla Sella del Tremoggia (2331 m), sempre sulla dorsale che chiude a nord Campo Imperatore, quindi proseguiamo a mezzacosta, in moderata salita, sul versante meridionale, incontrando il tracciato del Vallone di Vradda, che utilizzeremo per la discesa. Subito dopo, una traccia porta verso destra, affacciandosi sul grande vuoto della parete nord del Monte Camicia, e non ci lasciamo sfuggire questa occasione. Bisogna fare attenzione, molta, il terreno e ripido, è vietato sporgersi troppo per la fortissima esposizione, ma già così si intuisce che l’epiteto di Eiger non è completamente fuori luogo, mancano solo i ghiacciai (chissà se il glacio-nevato pensile perenne, il Nevaio del Fondo della Salsa, è ancora lì…). Tornati sulla traccia principale, e raggiunta una sella, non resta che rimontare verso sinistra l’ultimo tratto, su ghiaie instabili ma su ottimo sentiero, mentre alle nostre spalle si delinea il sentiero appena percorso, che corre quasi sull’orlo dell’abisso settentrionale. In breve siamo in vetta, e non abbiamo molte parole per descrivere il giro d’orizzonte che ci si offre alla vista. Campo Imperatore, immenso, mille metri più in basso, il Monte Prena con la lunga dorsale che sale fino al Corno Grande, e poi il Sirente e il Velino, il Monte Amaro e la Majella, i Sibillini, l’Adriatico… In una giornata così tersa si vede un panorama che ha dell’incredibile. Ci riempiamo gli occhi di tanta vastità, prima di affrontare la discesa. Seguiamo il percorso di salita fino al bivio prima della Sella del Tremoggia, dove prendiamo a destra il sentiero n° 253 che, in diagonale sulle ghiaie, costeggia il Vallone di Vradda. Superato un crinale, scorgiamo poco distanti alcuni camosci che corrono agili sui pendii erbosi. Affrontiamo l’ultimo tratto di discesa, tra prati e rocce, immersi in un silenzio sospeso, mentre più in basso il fumo degli arrosticini in cottura sale a grandi volute. Un’ultima pausa, prima di arrivare a Fonte Vetica, per respirare ancora una volta i vasti spazi del Gran Sasso.

 

 

IL PERCORSO
Regione: Abruzzo
Partenza: Fonte Vetica (1604 m)
Accesso: con una della strade che salgono all’altopiano di Campo Imperatore (da Fonte Cerreto, Santo Stefano di Sessanio, Castel del Monte o Rigopiano), deviando all’altezza del ristoro Mucciante
Arrivo: Monte Camicia (2564 m)
Disilvello: 950 m
Durata: 3 h e 45 min
Difficoltà: E (escursionistico)

 

Immagine di apertura: il Monte Camicia (2564 m), sulla destra, con il versante di salita, e il Monte Prena (2561 m), a sinistra. © Luigi Dodi

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Attualità
| 22 gennaio | 18:00
La piana del Fucino, in Abruzzo, è uno dei principali poli spaziali europei. L'area è finita sotto i riflettori dei media perché ospiterà il centro di controllo del progetto "Iris2", una delle più importanti iniziative finanziate dall'Unione Europea per sviluppare una rete di satelliti dedicati a fornire connessioni internet sicure ai cittadini europei
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Ambiente
| 22 gennaio | 12:00
Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali alla libera università di Bolzano, è ospite della nuova puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
Contenuto sponsorizzato