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Gli itinerari de L’AltraMontagna: una solitaria cima delle Orobie orientali

Una bella e impegnativa salita sul Monte Gleno, tra Valle di Scalve e Val Seriana, passando dai resti dell’omonima diga, memoria di una tragedia di oltre cento anni fa

di
Luigi Dodi
09 marzo | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

1° dicembre 1923, sono le 7.15 del mattino. In alta Valle di Scalve, la diga che sbarra il torrente Gleno, inaugurata meno di due mesi prima dopo una tormentata, precipitosa e maldestra costruzione, cede sotto la pressione della massa d’acqua prodotta dalle forti piogge delle settimane precedenti, che ha riempito il bacino artificiale fino al culmine. Forse non doveva esserci una diga lì, sicuramente non costruita in quel modo. Un boato, la parte sinistra dello sbarramento che crolla completamente, il guardiano che stava compiendo il suo quotidiano giro di ispezione fa appena in tempo a mettersi in salvo, e 6 milioni di metri cubi d’acqua, fango, rocce e detriti si riversano nella Valle del Povo, poi giù lungo il corso del Dezzo, lungo la strettoia della Via Mala, fino ad arrivare in Valle Camonica e, dopo oltre 40 minuti, terminare la sua corsa distruttiva nel Lago d’Iseo. Lasciando dietro di sé 359 morti e una valle devastata. Meno tristemente celebre del disastro del Vajont, di quarant’anni successivo e con un bilancio decisamente peggiore, il crollo della diga del Gleno è un evento ancora molto sentito e sofferto in valle, e le sue cicatrici sono ancora ben visibili salendo a piedi da Pianezza a da Bueggio fino ai resti della diga, impressionanti, con il grande squarcio che si apre verso la valle e la Presolana.


Lo squarcio della diga del Gleno, suggestiva testimonianza del crollo del 1923. Sullo sfondo, il massiccio della Presolana. © VolonterioM

Alla diga e oltre
L’escursione è facile e breve, richiede circa un’ora superando un dislivello di 500 metri, e non ha solo un valore storico, ma anche paesaggistico. Come detto, si può partire da Pianezza, appena sopra Vilminore di Scalve, vicino alla chiesa, camminando inizialmente tra i prati su una piccola stradina (il segnavia da seguire è il n° 411), che si trasforma in un erto sentiero nel bosco, per poi traversare quasi in piano il ripido versante (tratti esposti, ma senza difficoltà), da dove si vedono già i resti della diga. L’alternativa è partire da Bueggio, con un dislivello leggermente superiore e seguendo il sentiero n° 410, che dalle case entra subito nel bosco e costeggia in destra orografica il torrente, con belle vedute verso la Presolana, riunendosi al percorso precedente presso la diga. Il piccolo Lago del Gleno dietro i resti dello sbarramento artificiale, circondato dai prati, invita alla sosta, a ricordo del tragico evento (alcuni pannelli informativi raccontano la storia della diga), ma anche solo per contemplare il paesaggio, con i caratteristici ambienti orobici di vaste praterie alpine che salgono verso le alte cime.
È proprio la Valle del Gleno, che si allunga verso nordest, che invita i più allenati a proseguire l’escursione, e il nostro consiglio, se avete un po’ di confidenza con i sentieri alpini di un certo impegno, è quello di dirigervi verso il Monte Gleno (2882 m), tenendo presente che per raggiungerne la vetta saranno necessarie almeno altre 3/4 ore. Ancora non lo si vede, il Gleno, bisogna prima superare la grande piana erbosa che chiude il lago, seguendo il sentiero n° 410, passare dalla Baita Bassa del Gleno (1558 m) e superare una modesta strozzatura della valle, giungendo a un secondo pianoro erboso, in fondo al quale si trova la Baita di Mezzo del Gleno (1818 m). Ecco, da qui, alzando lo sguardo verso nord, si intuisce la sagoma piramidale del Monte Gleno. E dove si passa per raggiungerlo? Si vede solo una ripida bastionata di roccia compatta…


Panorama della Valle del Gleno, con l’omonimo lago, dai resti della diga. © Marco Pezzoli

Alta quota orobica
Una strada c’è, e come abbiamo detto è riservata a escursionisti esperti, abituati a muoversi su terreno roccioso ed esposto, per tracce non sempre evidenti. Proseguiamo quindi oltre la Baita Alta del Gleno (2091 m), e saliamo tra balze e costoloni erbosi, piegando gradualmente verso destra, poi verso sinistra, fino a raggiungere un evidente e grande ometto con alcune indicazioni: a sinistra si sale verso il Passo Bondione, che mette in comunicazione con l’alta Val Seriana, mentre la traccia di destra conduce al Passo di Belviso. Ci dirigiamo verso quest’ultimo, in costante salita, al bivio seguente prendiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per il Passo Bondione e il rifugio Curò, e dopo poche decine di metri, su una grande roccia scura, troviamo una scritta rossa inequivocabile: “salita al Gleno”. Da qui la traccia si fa incerta, sale faticosamente il grande ghiaione fino alla base della parete, e bisogna seguire gli ometti e i radi bolli rossi, a volte arrancando con le mani sulla roccia e facendo attenzione a non smuovere troppi detriti, soprattutto se dietro di noi ci sono altri escursionisti (cosa peraltro non frequente…). Le ultime fatiche ci conducono sul minuscolo Colletto del Gleno (2802), aperto tra il Gleno e il Glenino. Sarebbe un peccato, giunti fino a qui e nonostante il già grande panorama, perdersi la salita alla cima, anche se il tratto finale non è per niente banale: volgendo a sinistra, infatti, si deve seguire l’affilata cresta, esposta e a tratti su rocce instabili, e in dieci minuti si è alla croce di vetta. Ecco, le fatiche sono finite, e si può godere il panorama, ampissimo, su gran parte della dorsale orobica fino alla Grigna, l’Adamello, il Bernina e il Disgrazia. Le fatiche sono finite? Non proprio, visto che la discesa è lunga, e almeno fino alla base della parete richiede molta cautela, quindi non resta che rimettersi in marcia, dopo un ultimo sguardo sul versante settentrionale della montagna, con l’ormai ridottissima Vedretta del Trobio che cala nel bacino del Barbellino e verso Valbondione. Con la neve giusta, è uno splendido itinerario scialpinistico!

 

IL PERCORSO
Regione:
Lombardia
Partenza: Pianezza (1267 m) o Bueggio (1064 m)
Accesso: risalendo la Valle di Scalve fino a Vilminore di Scalve, o dalla Valle Camonica attraverso il Passo del Vivione
Arrivo: Monte Gleno (2882 m)
Disilvello: 1600/1800 m
Durata: 5/6 h
Difficoltà: EE (escursionisti esperti)

 

Immagine di apertura: il Monte Gleno (2882 m). © Orobicon

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