Gli itinerari de L’AltraMontagna: nei silenzi della Val Boreca
Un angolo di wilderness appenninica tra il Mar Ligure e la Pianura Padana, dove si incontrano quattro regioni. Camminando immersi nelle foreste e per borghi antichi
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il Trebbia, anzi, la Trebbia, il lungo fiume che, dalle sue sorgenti sotto il Monte Prelà, vicino a Torriglia, dopo 120 chilometri getta le sue acque nel Po a Piacenza, scorre sinuoso prima in Liguria, poi in Emilia – Romagna, tra montagne dalle quote modeste, ricoperte di fitti boschi e ricche di un fascino ancestrale. Vestigia romane, e ancora prima tracce dell’antica popolazione dei Liguri, lunghi secoli di mercanti, pellegrini, soldati, che percorrono la Val Trebbia, tra la costa ligure e le ricche città del Nord. Guardandosi intorno, mentre si risale la valle oltre Bobbio e Marsaglia, ci si accorge di piccoli borghi arroccati sui versanti boscosi, con le valli laterali che salgono da una parte all’altra. E si riesce a immaginare come doveva essere la vita delle comunità locali di un tempo, quelle che abitavano nei villaggi più alti e lontani. Faticosa, semplice, aggrappata alle poche case dei paesini, il mulino, le mulattiere, i campi e soprattutto i boschi, la vera “ricchezza” di questi luoghi. Poco prima di Ottone, un piccolo torrente si unisce al Trebbia dal versante sinistro orografico: è il Boreca, modesto affluente che scorre nell’omonima valle, considerata tra le più selvagge di questa porzione di Appennino. Per raggiungerla, bisogna proseguire ancora per un breve tratto lungo il Trebbia, poi attraversarlo, valicare anche il Boreca, e per una stretta rotabile tornare un tratto indietro, prima di iniziare a salire fino a Cerreto (562 m) e Zerba (854 m), capoluogo della Val Boreca ai piedi del Monte Lesima (1724 m), massima elevazione dell’area.
Un abbraccio verde
Si capisce subito di essere entrati in un altro mondo, e non a caso qualcuno definisce la Val Boreca “un’isola tra i monti”. Boschi a perdita d’occhio, quasi nessuno in giro, pochissimi abitanti, che aumentano di poche unità nei mesi estivi, quando qualcuno torna nella casa degli avi per le ferie. Sospesi nel tempo, i pochi paesi – Cerreto e Zerba, Vesimo e Pey, Artana, Bogli e Suzzi, fino a Pizzonero, Belnome e Tartago – sono sparsi sui due versanti, antiche testimonianze di un mondo che fu, tanto fiero quanto aspro, quando anche solo scendere al mercato in Val Trebbia era quasi un’impresa. Eppure qui si viveva, eccome, e si faticava, si realizzavano stradine e mulattiere, fontane, muretti a secco e mulini, si costruivano piloni votivi e piccole chiese. Che ancora oggi, diroccati, abbandonati all’incedere del tempo, testimoniamo le antiche presenze in valle.
Uno dei percorsi più classici della valle – ma attenzione: classico, qui, non vuol dire frequentato! – è il Giro del Postino. Come si intuisce dal nome, è un anello che ricalca, sugli antichi percorsi, il tragitto seguito dal portalettere che faceva il giro dei villaggi dell’alta valle, oggi in gran parte abbandonati. Un percorso lungo, che si usa iniziare da Artana (1138 m), in fondo alla valle, raggiungibile oltre Zerba, ma anche dal versante ligure o dalla Val Staffora, per il Valico di Capanne di Cosola. Scesi al Ponte sul Boreca, si risale l’opposto versante, passando da Belnome (890 m) e Pizzonero (1034 m), poi Suzzi (964 m) e Bogli (1067 m), e si torna infine al punto di partenza. Sono circa 18 chilometri, con un considerevole dislivello di oltre 1000 metri, che richiede almeno 5 ore di cammino quasi interamente nel bosco. Una possibilità più breve, ma altrettanto interessante, è partire da Belnome, per salire a Pizzonero e portarsi a Suzzi, con il suo antico mulino. Questa volta si fa ritorno al punto di partenza seguendo il corso del torrente, “affondati” nella valle. In questo caso lo sviluppo si accorcia a “soli” 8 chilometri, con un dislivello di 700 metri e un tempo di percorrenza di almeno 3-4 ore. Sentieri e mulattiere, d’altronde, si allungano quasi in ogni angolo della valle, in gran parte segnalati e mantenuti, ma che a volte, soprattutto in primavera ed estate, in alcuni tratti possono quasi scomparire sotto la vegetazione, che si riappropria dello spazio dove un tempo passavano i valligiani. Ma in fondo, anche questo è il fascino della Val Boreca.
La sentinella della Val Boreca
Per avere una visione d’insieme di tutta la valle, la più completa del basso e medio corso del Boreca, suggeriamo invece la salita al Monte Alfeo (1651 m). La cima piramidale si alza isolata sopra la Val Trebbia, all’altezza di Ottone e all’ingresso della Val Boreca, separandola dalla Val Terenzone. Dalla sommità si può godere di un panorama davvero vasto, che spazia dalle maggiori cime dell’Appennino Ligure al mare (nelle giornate più limpide si vedono le isole toscane e la Corsica), mentre sul versante opposto si distendono la Pianura Padana e l’arco alpino. Con il profondo solco verde della Val Boreca, e il suo intrico di fossi e boschi, che si allunga ai piedi di questa cima erbosa, sorvegliato, proprio di fronte, dal Monte Lesima. È una montagna con una storia antichissima, probabilmente una montagna sacra, visto che durante gli scavi per posizionare la statua della Madonna, nel 1954, venne rinvenuto un bronzetto votivo con un giovane offerente, oggi nel Museo civico di Piacenza, risalente al III-II secolo a.C.
Si può raggiungere la vetta anche dalla Val Boreca, ma questo ripido versante consiglia l’accesso da sud. L’ascesa si snoda per un ottimo sentiero, ben segnalato, che sale da Bertone (1068 m), minuscolo gruppo di case aggrappato sul fianco della montagna a mille metri di quota, raggiungibile da Gorreto, in Val Trebbia. La salita diretta da Gorreto, per bel sentiero nel bosco, alternato a tratti di strada e mulattiera, richiede circa 2 ore in più. Con un tempo simile, si può anche partire direttamente da Ottone, o da Campi, passando per il bellissimo ripiano sospeso di Pra di Cò, lungo uno dei più classici itinerari di accesso alla montagna. Da Bertone, invece, oltre le case si imbocca la mulattiera con segnavia n° 111 (e tre pallini gialli), che prima tra muretti a secco, dove la vegetazione sta tornando a invadere i terrazzamenti, poi in un bel bosco di faggi, prende quota sul versante meridionale della montagna. A tratti faticoso, il cammino spiana in diversi punti, aprendosi presso alcune radure che consentono una bella vista sulle alture circostanti. Si tiene la sinistra ai primi bivi, poi la destra, traversando in diagonale il fianco della montagna, per uscire su terreno prativo presso l’evidente costola che si abbassa dalla vetta verso sud, a circa 1550 metri di quota, dove arriva anche il sentiero da Ottone. Non resta che rimontare la panoramica e facile cresta erbosa, mai ripida, che conduce direttamente sulla vetta, affacciata sul mare verde della Val Boreca.
Per la discesa, si può seguire il medesimo itinerario, ma consigliamo di calare lungo la ripida dorsale occidentale, seguendo il segnavia n° 119, che conduce al Valico del Monte Alfeo (1420 m). Qui giunti, si può prendere a sinistra il sentiero n° 111A, che torna sul percorso di salita, oppure seguire ancora il crinale fino al bivio successivo, dove a sinistra una vecchia mulattiera (contrassegnata da due triangoli gialli) riporta direttamente a Bertone. E la Val Boreca? È lì, oltre il crinale, solitaria e selvaggia.
IL PERCORSO
Regione: Emilia – Romagna
Partenza: Bertone (1068 m), frazione di Gorreto
Accesso: dalla Val Trebbia, deviando a Gorreto in direzione di Barchi
Arrivo: Monte Alfeo (1651 m)
Disilvello: 600 m
Durata: 2 h
Difficoltà: E (escursionistico)
Immagine di apertura: panorama verso la Val Boreca. Sulla sinistra il Monte Lesima (1724 m); a destra la piramide del Monte Alfeo (1651 m). © Terensky