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Gli itinerari de L’AltraMontagna: i deserti d’alta quota dell’Alpe Devero

Due stagioni, lo stesso itinerario, per allontanarsi dal consueto ed esplorare gli angoli nascosti di questo piccolo paradiso ossolano

di
Luigi Dodi
22 marzo | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La nostalgia di un tempo che fu, soprattutto per chi la montagna la frequenta da quando era piccolo, è una sensazione comune. Il tempo passa, i posti cambiano, e noi con essi. E una certa malinconia, nel vedere un luogo amato, una volta calmo e silenzioso, battuto ogni fine settimana da centinaia di escursionisti, può cedere il passo a due emozioni diverse: amarezza o curiosità. Con la prima non si va molto lontano, mentre la curiosità – in montagna come nella vita in generale – è la molla che ci spinge ad andare sempre un po’ oltre, a cercare nuove strade, fuori dal recinto del consueto, permettendoci di scoprire terreni inesplorati. E, nel contempo, ci consente di apprezzare ancora di più quel che si conosce, nonostante i cambiamenti.
Con questi pensieri, forse un po’ cervellotici, da Goglio svoltiamo a destra sulla strada per l’Alpe Devero, con il ricordo di quando, all’imbocco del ponticello, un cartello inequivocabile dichiarava il divieto di transito, o forse era solo un avvertimento, una declinazione di responsabilità, visto che nessuno si è mai sognato di sobbarcarsi la salita a piedi (cosa che peraltro accadeva alle generazioni precedenti, come mi è stato raccontato). Certo, passare nelle gallerie con quei candelotti di ghiaccio che pendevano dalla volta non era rassicurante, e spesso la macchina si doveva lasciare prima degli ultimi tornanti per la neve che copriva l’asfalto. Oggi è un po’ diverso, la strada viene tenuta sempre sgombra, e a un casotto di legno bisogna pagare il biglietto per il parcheggio, quello sotterraneo proprio all’imbocco dell’Alpe, nello spiazzo aperto sulla sua sommità quando i posti al coperto sono esauriti, o anche lungo la strada o sulla spianata più in basso, eventualità non rara nei fine settimana invernali ed estivi, quando il Devero è “preso d’assalto” da escursionisti di ogni tipo e alpinisti, sciatori, ciaspolatori e scialpinisti, ma anche semplici gitanti, vista la comodità di accesso e le tante possibilità.


Tra i larici all’imbocco della Valdeserta, sopra il Lago di Devero. © Bertrand Semelet

Lontano dalla folla
In questa mattina di fine inverno, la gente è ancora poca, e lasciata l’auto mettiamo finalmente piede sul grande pianoro dell’Alpe Devero. Qualcuno si è già messo in cammino, chi si dirige a sinistra, verso la Val Buscagna, chi prende a destra, verso Crampiolo e il Lago di Devero, chi attraversa la piana in direzione del rifugio Castiglioni. Calzati gli sci, prendiamo anche noi quest’ultima direzione, per seguire un itinerario per noi ancora inesplorato, lungo, non banale, ma che – sulla carta – promette grandi emozioni. Saliamo i boschi di larici oltre le ultime baite, affrontiamo il ripido pendio che dà accesso ai Piani della Rossa, oggi in buone condizioni, e ci concediamo una prima pausa, per scrutare il terreno a noi conosciuto che, verso ovest, conduce al Pizzo Bandiera, al Cervandone, “re” del Devero, alla Punta Marani. Abbiamo già salito queste cime, e le evidenti tracce lungo il vallone sono un segno inequivocabile della bellezza di queste gite. Oggi prendiamo invece a destra, e con una ripida salita sulla neve vergine, arriviamo ai piedi della scaletta che, in estate, permette di superare un salto roccioso. Oggi è completamente coperta dalla neve, ma poco male, il manto è in buone condizioni, e a piedi saliamo l’erto pendio che permette di accedere ai grandi ripiani superiori, ai piedi della Punta della Rossa. Tra laghetti ghiacciati e grandi rocce, cerchiamo di non perdere la direzione verso il poco evidente Passo della Rossa (2469 m), sul confine con la Svizzera, che raggiungiamo (forse… qui sembra tutto uguale) mentre le nuvole iniziano a coprire le cime più alte. C’è un silenzio sospeso, siamo gli unici a battere traccia in questi luoghi solitari, e capiamo il nome della nostra meta: Punta di Valdeserta (Grosses Schinhorn per gli elvetici). Non perdiamo tempo, le nuvole si stanno abbassando, e affrontiamo veloci il lungo traverso appena sotto il Passo di Crampiolo, poi le Torri di Geisspfad, il Mittelberg… Non dovrebbe mancare molto all’ultima salita che ci porterà in vetta, quando un cupo e profondo rumore di assestamento dei pendii intorno a noi – impossibile capire esattamente quali – ci blocca. Siamo immersi nelle nuvole, mancherà sì e no un centinaio di metri di dislivello, l’orientamento è complicato, il whiteout ci confonde. Una rapida consultazione, e a malincuore la prudenza ci consiglia di spellare gli sci e prepararci alla discesa. Proviamo ad affacciarci al vicino Passo del Ghiacciaio di Valdeserta (2826 m), dove saremmo dovuti scendere (le relazioni danno la sciata della Valdeserta come entusiasmante), ma i pendii sono in gran parte nascosti dalle nuvole, non ci fidiamo, e torniamo al Passo di Crampiolo (2553 m), dove la visibilità aumenta. Ecco, qui possiamo scendere, e dopo un primo tratto ripidissimo, riusciamo a inanellare belle curve fino all’Alpe di Valdeserta (2037 m), poi al Lago di Devero, che costeggiamo in piano per fare ritorno all’Alpe Devero. Straniante, come sempre, tornare nella “folla”, che nonostante il meteo non proprio clemente, si muove tutto intorno alla grande piana. Delusione per la cima fallita? Per nulla, perché il piacere regalato dalla scoperta è sempre unico. E un “fallimento” è solo lo stimolo per un ritorno.


L’Alpe di Valdeserta (2037 m). © Giancarlo Langini

A volte ritornano
E infatti, sono state sufficienti un paio di stagioni per tornare a esplorare gli ambienti della Valdeserta, questa volta in estate. Eccoci quindi alla “solita” partenza tra le auto che affollano i parcheggi in questa mattina di inizio estate. Non sono ancora molte, ma prevediamo che oggi l’Alpe sarà ben piena. Poco male, siamo sicuri che incontreremo poca gente sul nostro itinerario. Come la scorsa volta, attraversiamo la piana, superiamo il rifugio Castiglioni e rimontiamo il bosco di larici alle sue spalle, quindi il ripido pendio dove scorre il torrente della Rossa, che a piedi è ben più faticoso che con gli sci. Eccoci sui Piani della Rossa, presso il grande e caratteristico roccione dove è d’obbligo una sosta. Non c’è una nuvola, e proseguiamo sul sentiero che sale ripido fino alla scaletta, verticale ma breve, e sopra attraversiamo, questa volta senza problemi di orientamento, i ripiani rocciosi, costellati di laghetti, fino al Passo della Rossa. Il “rosso” dei toponimi si rispecchia evidente nella colorazione delle rocce intorno a noi, segno inequivocabile della presenza di ossido di ferro. Vediamo i laghi appena sotto di noi, sui ripiani che dominano la Binntal, mentre traversiamo verso nordest. Quando la traccia si divide, siamo tentati di proseguire a nord, verso la Punta di Valdeserta, ma non esiste sentiero, solo qualche vaga traccia, così come non c’è un sentiero che scende la parte alta della Valdeserta. Ci accontentiamo di ammirare la cima da lontano, e prendiamo a destra per salire al vicino Passo di Crampiolo. Com’è sempre tutto diverso senza neve! Scendiamo a est, faticando sull’erta pietraia, poi i primi prati, i fiori, e l’Alpe di Valdeserta. La natura si è da poco svegliata, è un tripudio di colori, che riempie la vista dopo tanta roccia. Giunti sul grande bacino artificiale, seguiamo il comodo sentiero, che a piedi è ben più agevole che con gli sci, e passando dalla diga facciamo ritorno al punto di partenza. L’Alpe Devero, anche oggi, ha saputo regalarci qualcosa di nuovo, di emozionante. E mentre affrontiamo gli ultimi passi circondati dai gitanti, ripercorriamo in silenzio il percorso fatto, e con la mente andiamo alla scoperta di tutti gli altri angoli nascosti che offre il Devero. Che non sono pochi.

 

IL PERCORSO
Regione: Piemonte
Partenza: Alpe Devero (1630 m)
Accesso: da Domodossola, salendo a Baceno e poi a Goglio, da dove parte la strada per l’Alpe Devero
Arrivo: Passo di Crampiolo (2553 m); Punta di Valdeserta (2938 m) per l’itinerario scialpinistico
Disilvello: 950 m al Passo di Crampiolo; 1300 m alla Punta di Valdeserta
Durata: 3 h e 30 min al Passo di Crampiolo; 3 h e 30 min/4 h alla Punta di Valdeserta
Difficoltà: EE (escursionisti esperti); BSA (buon sciatore alpinista)

 

Immagine di apertura: dal Monte Corbernas (2578 m), lo sguardo spazia dalla Punta della Rossa (2887 m), all’estrema sinistra, con di fianco il Pizzo Crampiolo (2760 m), alla Punta di Valdeserta (2938 m), al centro, e oltre la lunga Valdeserta, al Monte Figascian (2885 m). © Mænsard Vokser

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