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Gli itinerari de L’AltraMontagna: sulle selvagge Orobie valtellinesi

Un facile itinerario al rifugio Mambretti, nella solitaria Val Caronno, sopra Sondrio, all’ombra dei giganti orobici. Tra il verde dei boschi, il blu dell’acqua e del cielo, e le tonalità grigie della roccia

di
Luigi Dodi
11 ottobre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

È umido, ombroso, rigogliosamente verde, per niente cupo. Ma anche ripido, selvatico, non sempre abbordabile. E proprio per questo ha sempre esercitato un grande fascino su di me, un’attrazione poco spiegabile. O che forse non ho voglia di spiegare, di razionalizzare, preferendo abbandonarmi a queste valli che, dalla Valtellina, salgono ripide verso la cresta principale, sul confine con la Bergamasca. Le Orobie valtellinesi, esposte a nord verso le ben più celebri Alpi Retiche, offrono molti itinerari, ai più semisconosciute, dove non è difficile trovarsi immersi nel silenzio e nella maestosità dell’ambiente. Tra queste, l’escursione verso il rifugio Mambretti è un vero – seppur breve – viaggio in un ambiente alpino affascinante e selvaggio, con una natura quasi primordiale a regnare sovrana, e con gli antichi segni della frequentazione umana che diventano silenziosi testimoni di un tempo che fu. L’itinerario si snoda lungo la Val Caronno, incorniciata da alcune tra le più belle e imponenti cime delle Orobie, in particolare la Punta di Scais e il Pizzo Redorta, entrambe che superano la fatidica quota di 3000 metri e che, insieme al Pizzo Coca, dominano il panorama con la loro maestosità. Il cammino verso il rifugio è anche un percorso nella storia alpinistica, visto che la struttura è dedicata alla memoria di Luigi Mambretti, un alpinista che perse la vita nel 1929 proprio durante un tentativo di ascesa alla Punta di Scais.

 

Un viaggio che inizia da lontano
L’escursione inizia con un viaggio – sì, è corretto chiamarlo così – che, dalla Statale 38 della Valtellina, all’altezza di Piateda, subito oltre Sondrio, sale serpeggiando lungo la Val Venina, tra boschi e piccole frazioni. I segni del lavoro dell’uomo, che nei secoli hanno dato vista a questo particolare paesaggio culturale, sono evidenti a ogni svolta: dalle condotte della centrale idroelettrica alle chiesette e alle cappelle votive, dai terrazzamenti alle strade poderali che sembrano perdersi tra gli alberi. Il vero viaggio, però, comincia da Agneda, minuscolo borgo in una piana ai piedi di ripidi pendii di boschi, dove parcheggio l’auto al termine della strada aperta al traffico privato. Inizio a camminare seguendo il segnavia n° 251 (le indicazioni non mancano), e già dai primi passi avverto la sensazione di essere completamente immerso nella natura. La salita è dolce e graduale sulla strada di accesso alla diga, in cemento e poi sterrata, permettendo di godere pienamente del paesaggio circostante, circondati dal bosco di pini e larici. Numerosi i torrentelli che passano sotto la strada, creando piccole cascatelle e pozze d’acqua limpida, fino a un piccolo ponte da cui ammiro delle belle marmitte dei giganti. Lasciata la strada, un bel sentiero consente di raggiungere la casa dei guardiani alla diga del Lago di Scais (1503 m), adagiato in una silenziosa conca dove si specchiano le cime circostanti. Sono all’inizio della Val Caronno, che risalirò fino alla mia meta odierna.


Il Lago di Scais (1503 m), all’ingresso della Val Caronno. Sullo sfondo, da sinistra, il Pizzo di Scotes (2979 m), la Cima di Caronno (2945 m), la Punta di Scais (3038 m) e il Pizzo Brunone (2760 m). © Rolenc

Ai piedi dei giganti orobici
Abbandono la diga e, dopo una breve galleria, continuo costeggiando il lago, lungo la sua sponda orientale (destra orografica), raggiungendo in breve la grande piana dell’Alpe Caronno (1610 m). Verrebbe voglia di fermarsi qui, lasciarsi avvolgere dal verde dei boschi e dal rumore del torrente, ma la salita, ne sono consapevole da molto tempo, è per me come una calamita. Attraverso la piana e, con direzione est, mi dirigo verso il contrafforte sul quale si trova, ancora nascosto dal basso, il rifugio Mambretti. La vegetazione si fa via via più rada e intorno iniziano a comparire le praterie alpine, distese di prati verdi punteggiati di rododendri e cespugli di mirtilli, che in estate regalano un’immensa fioritura colorata, con il blu intenso del Lago di Scais che spicca giù in basso, incastonato tra le montagne. La pendenza del sentiero aumenta, di pari passo con la vista, che si apre sulle cime del Gruppo Scais-Redorta, altere, quasi irraggiungibili, ma al tempo stesso magnetiche, un invito alla salita. Quasi senza accorgermene, sbuco sul dosso erboso dove sorge il rifugio (o capanna, come è più conosciuto) Mambretti (2004 m). È un bel rifugio in pietra, non gestito, chiuso, per accedervi bisogna prenotare e ritirare le chiavi, un solo locale rimane sempre aperto per chi necessita di un riparo di emergenza. E questo aspetto accresce l’isolamento del luogo, perché nessuno sale fin qui per mangiare un piatto di polenta o una fetta di torta contemplando le cime. Cime che, invece, posso ammirare nel silenzio, oggi non c’è anima viva in giro. E cime che esercitano un richiamo forte, un’attrazione non semplice da ricacciare indietro, perché per salire lassù, oltre alle gambe, serve tempo, attrezzatura, e almeno un valido compagno. Mi crogiolo al sole, cullato dal rumore del vento e dell’acqua, lo sguardo che vaga indisturbato. Prima di tornare sui miei passi. Cercando di immaginare questi luoghi con la neve, con l’idea di tornarci, un giorno che spero vicino, con sci e pelli di foca.

 

 

IL PERCORSO
Regione: Lombardia
Partenza: Agneda (1228 m)
Accesso: poco oltre Sondrio, risalendo la Valtellina, si seguono le indicazioni per Piateda, quindi per Vedello, oltre il quale si prende a sinistra la stretta stradina che conduce ad Agneda
Arrivo: rifugio Luigi Mambretti (2004 m)
Dislivello: 780 m
Durata: 2 h e 30 min
Difficoltà: E (escursionistico)

 

Immagine di apertura: il rifugio Luigi Mambretti (2004 m), su un dosso in alta Val Caronno. © Massimo Dei Cas

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