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Cultura

Mai tardi per ricordare Alexander Langer: ecologista e pacifista di cui avremmo ancora bisogno

L'AltraMontagna ha deciso di dedicare la giornata odierna ad Alexander Langer, il cui anniversario invita a ripercorrerne la vita, le opere e il pensiero. Il terzo contributo è a cura di Giuseppe Mendicino

di
Giuseppe Mendicino
22 febbraio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Sono passati quasi trent’anni dalla scomparsa di Alexander Langer, giornalista e scrittore, insegnante di storia e filosofia, viaggiatore e traduttore, soprattutto ideatore, al tempo stesso visionario e pragmatico, del movimento ambientalista in Italia.
A volte viene ricordato come un sognatore dalle suole bucate, in realtà le sue aspirazioni erano fortemente radicate nel reale e nel possibile.

 

Era nato il 22 febbraio 1946 in Alto Adige, a Sterzing/Vipiteno, in un territorio di frontiera caratterizzato da forti tensioni e storiche contrapposizioni. Ponendosi spesso in direzione ostinata e contraria, Langer ha dedicato tutta la vita ad abbattere confini sociali, etnici e culturali, esaltando “l’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera” (Intervento ai Colloqui di Dobbiaco 94, pubblicato su «Benessere ecologico», 8-10 settembre 1994).  Il tema del ponte (Die Brücke) tra genti di diversa estrazione sociale, lingua e civiltà, era parte fondamentale della sua etica civile. Langer sosteneva altresì la necessità di una grande «conversione ecologica», di spostare l’attenzione da un consumo sfrenato a un vivere più sobrio e più serio,  pensando alle generazioni degli anni a venire. Oggi l’espressione convivenza ecologica è divenuta comune, quando ne parlava lui era una novità assoluta. Sin da ragazzo si era innamorato delle idee più aperte, pacifiste e tolleranti, aveva una grande conoscenza della storia e del passato e una lungimirante idea del futuro. Era cattolico, aveva frequentato don Lorenzo Milani (aveva curato la traduzione in tedesco di “Lettera a una professoressa”), condividendone molte idee, ma non la diffidenza verso gli studi universitari, e ammirava il Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, e coltivò rapporti anche con il mondo laico e liberalsocialista della rivista Il Ponte. Chi lo ha conosciuto ne ricorda la memoria prodigiosa, la curiosità, la capacità di ascolto, l’assenza di pregiudizi. E avrebbe voluto coinvolgere tutti, anche i conservatori, nella difesa del nostro pianeta: eliminare steccati, diffondere conoscenza e sensibilità ambientale, anche nei settori apparentemente più ostili della società, era per lui un dovere civico e una strategia necessaria.

 

Langer ha attraversato le battaglie libertarie e sociali degli anni Sessanta, le tensioni degli anni Settanta, il crollo dei regimi dell’Est e l’inizio delle guerre fratricide in Jugoslavia. Stando sempre dalla parte della non belligeranza, della giustizia e del dialogo e senza mai cadere nel dogmatismo, verificando le idee alla prova dei fatti. Ad esempio, la sua passione per la pace non gli impedì di indignarsi per il lungo e sanguinoso assedio di Sarajevo e di chiedere un intervento di polizia internazionale per fermare il massacro. Riteneva immorale e pericolosa l’inerzia dell’ONU, e lo scrisse, prevedendo l’orrore. L’11 luglio del 1994, una decina di giorni dopo la sua scomparsa, avvenne la strage di Srebenica, 8.000 civili assassinati. In un intervento ai Colloqui di Dobbiaco 94, pubblicato l’ 11 settembre di quell’anno e dal titolo La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile scandisce una sorta di decalogo ancora oggi attualissimo.

 

Anni fa si pensava che la conoscenza scientifica avrebbe aperto gli occhi a tutti sui pericoli catastrofici derivanti da un consumo dissennato della natura. Langer avverte che l’unanime consapevolezza degli scienziati non basta; per spandere comprensione e sensibilità occorrono chiarezza di linguaggio ed empatia, altrimenti, per semplice ma diffuso egoismo o per grandi interessi economici o per la banalizzazione dei problemi da parte di demagoghi di ogni tipo, gran parte della popolazione, pur vittima del disastro ecologico, tende a negare l’evidenza, a illudersi di cavarsela chiudendo gli occhi. “Le cause dell’emergenza ecologica non risalgono a una cricca dittatoriale di congiurati assetati di profitto e di distruzione, bensì ricevono quotidianamente un massiccio e pressoché plebiscitario consenso di popolo. Malfattori e vittime coincidono in larga misura” (Il viaggiatore leggero. Scritti 1965- 1995, Sellerio, Palermo, p. 143).

 

Come in tutte le epoche, la conoscenza da parte degli esperti e degli informati non basta, deve essere trasformata in una comunicazione più diffusa e comprensibile, occorre lavorare per trasmettere piena consapevolezza, in tutti gli strati sociali. Durante la sua vita pubblicò tanti articoli, ma un solo libro, "Vie di pace. Rapporto dall'Europa", del 1992; dopo la sua morte invece uscirono molte pubblicazioni, le più importanti sono La scelta della convivenza, del 1995 e Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, edito da Sellerio nel 1996. Quest’ultimo titolo, azzeccatissimo, prende spunto sia dalla sua vocazione al viaggio e al peregrinare, sia soprattutto al suo messaggio più noto, l’aspirazione a un vivere Lentius, profundius, suavius (più lento, più profondo, più dolce), in contrapposizione al motto olimpico citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte), emblema di tempi frenetici e superficiali.

 

Alexander Langer muore suicida a Pian de’ Giullari, nei pressi di Firenze, aveva 49 anni, e tanto futuro ancora davanti a sé, tanto da fare, da dire, da scrivere e da far capire. Quando nel 1992 era scomparsa tragicamente Petra Kelly, la grande ambientalista dei Verdi tedeschi, primo politico europeo a porre in evidenza la cura di un mondo sempre più degradato e sconvolto, Langer le aveva dedicato un lungo ricordo e parole che sembrano riguardarlo direttamente: “Forse è troppo arduo essere individualmente degli «Hoffnungsträger», dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere. Addio, Petra Kelly” (Il viaggiatore leggero. Scritti 1965- 1995, Sellerio, Palermo, p. 85).

 

Mai tardi per ricordare Alexander Langer e le sue battaglie per preservare l’ambiente e la salute, per aiutare il dialogo tra popoli diversi e lontani, per rendere più serio e civile il mondo in cui viviamo.

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