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Cultura

L'artista scelto da Barack Obama per il pranzo inaugurale con i membri del Congresso. Thomas Hill, “il pittore dello Yosemite”

Oggi ricorre l'anniversario della nascita di Thomas Hill, celebrità artistica negli Statiuniti. La sua arte spazia dai dirupi verticali, alle radure verniciate dall’umidità del bosco, dallo sguardo sospettoso dei cerbiatti, alle capanne ancora abitate dalle popolazioni native in quei luoghi

di
Silvio Lacasella
11 settembre | 19:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nel 1864 il Presidente Abraham Lincoln firmò un disegno di legge per tutelare la Yosemite Valley dall’espansione antropica di quegli anni: una scelta coraggiosa e lungimirante, considerando che ancor oggi, a soli 240 chilometri da San Francisco, quell’ambiente - protetto e ricco di vegetazione, solcato da corsi d’acqua alimentati dal salto verso il basso dei numerosi ruscelli armonicamente distribuiti tra alte pareti rocciose - ogni anno attrae milioni di visitatori.

 

Molti pittori americani, sentendosi in parte esploratori, dalla metà dell’Ottocento piantarono il cavalletto nei terrazzamenti naturali che ogni angolo offriva, per ritrarre la grazia paesaggistica di quei luoghi, scegliendo gli scorci più suggestivi, quelli che meglio avrebbero potuto toccare l’animo estasiato di acquirenti dalle pareti di casa ancora vuote. Per certi versi, ma con le dovute differenze, una situazione simile avvenne nella Venezia del Settecento, quando i viaggiatori europei (quelli inglesi in particolare) rientravano, aggiungendo ai bagagli una veduta della città, nella quale, per tutti gli anni a seguire, ritrovare le emozioni provate.

 

Nel momento della sua elezione, Barack Obama, dopo aver prestato giuramento e aver pronunciato il suo discorso inaugurale, si è avviato alla Statuary Hall nel Campidoglio per il pranzo inaugurale con i membri del Congresso. Circostanza in cui (20 gennaio 2009) fu rispettata la tradizione di scegliere e appendere in sala un grande dipinto capace di indicare uno dei punti sensibili che, almeno nelle intenzioni, andranno a caratterizzare l’attività del nuovo Presidente. Per l’occasione, Obama scelse il “Maestoso paesaggio dello Yosemite”, dipinto da Thomas Hill (1829-1908), uno dei maestri riconosciuti della pittura americana di paesaggio. Nel manifestare sensibilità nei confronti delle emergenze ambientali, con quella scelta egli strinse idealmente la mano ad Abraham Lincoln, suo riferimento politico.

Scelta azzeccata, quella di Thomas Hill, sia per aver inserito ripetutamente nelle sue tele lo Yosemite e sia per quel suo modo di interpretare le suggestioni della natura, esaltandone le accese atmosfere con venature romantiche che la circostanza richiedeva. D’altronde, sin dalle prove d’esordio, è un romanticismo, il suo, lontano da ogni avvertimento esistenziale, come sarà qui da noi per Turner o per Friedrich. Chiamati a rasserenare gli animi, questi paesaggi incontaminati incantavano e ancora incantano, offrendo allo sguardo paradisiaci ambienti naturali.

 

Cacciatore di luci, Thomas Hill, come la maggior parte dei pittori a lui vicini, si appostava in attesa di cogliere le più ammalianti atmosfere. Ecco comparire vaporose cascate capaci di produrre arcobaleni perenni, forre, aspre rocce, pareti strapiombanti e vallate profonde, e poi tramonti: molti tramonti, così da conferire, con la verosimiglianza del soggetto, una forza attrattiva irresistibile che, per certi versi, potremmo definire pre-cinematografica.

Nato a Birmingham, in Inghilterra, centonovantacinque anni fa, l’11 settembre 1829, quindicenne, Thomas Hill giunge negli Stati Uniti. Dopo nove anni si iscrive alla Pennsylvania Academy of Fine Arts. I suoi spostamenti artistici iniziarono per visitare le Montagne Bianche, catena montuosa che ricopre un quarto del New Hamshire, lo “stato granito”, come viene chiamato. Una dichiarazione di campo pittorica che gli fece incontrare i pittiri della Hudson River School: gruppo di artisti dalle qualità eccellenti, accumunati sia dallo stile che dalla scelta del soggetto, la valle del fiume Hudson e i territori circostanti. L’elenco è molto lungo, da Albert Bierstadt a Frederich Edwin Church, da Asher Brown Durand a Sanford Robinson Gifford, molto amati negli Stati Uniti, poco conosciuti qui da noi.

 

Dopo aver esposto trenta dipinti in una mostra personale a Boston nel 1858, il desiderio di conoscenza di Thomas Hill iniziò a crescere in modo significativo. Infatti, quando nel 1861 con la famiglia si trasferisce a San Francisco, in California, progetto il primo di una serie di viaggi per lui decisivi a Yosemite, nel 1865, venticinque anni prima che venisse dichiarato ufficialmente parco nazionale.  

 

Sostenuti da una parte della letteratura contemporanea, per l’insieme di questi pittori i punti di riferimento artistici arrivavano dall’Europa, in particolare attraverso i nomi di Claude Lorrain e John Constable. Fari però lontani nel tempo, infatti, Thomas Hill, nel 1866, lasciando sola per dieci mesi l’intera famiglia, venne in Europa, soggiornando a lungo a Parigi. Esperienza importante, che gli diede la possibilità di confrontarsi con i pittori della Scuola di Barbizon, spegnendo solo in parte l’ispirazione romantica. Quando rientra negli Stati Uniti, si sposta nuovamente a Boston.

Non è finita, perché nel 1872, con la moglie Charlotte e i nove figli, torna a San Francisco per riavvicinarsi alla magia del paesaggio californiano. Nel frattempo la sua celebrità si consolida, divenendo a tutti gli effetti “il pittore dello Yosemite”. Mosso da chissà quali energie Thomas Hill nel 1886 si divide tra Wawona in estate e Raymond d’inverno. In tre anni, nella sola Wawona vende 163 dipinti, eppure, dopo il 1880 la parabola della sua notorietà segna una fase discendente. Non lo aiutò, forse, essendo egli pioneristicamente legato al soggetto che andava rappresentando, la crescente possibilità che le persone iniziavano ad avere di visitare quei luoghi.

 

Paradossalmente, il suo quadro in America più celebre si intitola “The Last Spike” (“L’Ultimo Chiodo): enorme tela che documenta, alla presenza di funzionari e politici, la cerimonia per il completamento di un’importante opera di congiunzione tra due tratti ferroviari a Promontory Summit,  il 10 maggio 1869. Imperterrito egli rimase fedele ai temi cari alla sua pittura: dai dirupi verticali, dalle radure verniciate dall’umidità del bosco, allo sguardo sospettoso dei cerbiatti, alle capanne ancora abitate dalle popolazioni native in quei luoghi. Una pittura, ma anche un racconto il suo, mosso al suo interno da un’esigenza narrativa, la medesima che caratterizzava la pittura con la quale si confrontava.

 

Nel 1896, un ictus ne rallenta l’attività e gli spostamenti, tuttavia non lo ferma. Scalfito dal tempo, ogni giorno al mattino presto chiede di essere accompagnato al cavalletto. Si spegnerà il 30 giugno 1908 a Raymond in California. Nel frattempo, nel 1882 era nato Edward Hopper; nel 1891 Grant Wood; nel 1903, in Lettonia (negli Stati Uniti dal 1910); Mark Rothko, nel 1904 Willem de Kooning e si potrebbe continuare. Le date non si possono interpretare, sono incise nel tempo. Ad esempio, quando nel 1906 muore Cezanne, a Parigi Picasso inizia “Les demoiselles d’Avignon”: fa una certa impressione, comunque il testimone sembra passare. Dopo Thomas Hill, invece, nel giro di pochi anni, l’America volta pagina. Non si apre una stagione nuova: nel bene o nel male, inizia un’epoca diversa.

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