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Cultura

Il 15 gennaio 1858 è nato Giovanni Segantini. Pittore apolide, morto di peritonite a pochi passi da un ghiacciaio

Giovanni Segantini è nato il 15 gennaio 1858. Ricordandolo, ripercorriamo insieme le principali fasi della sua vita

di
Silvio Lacasella
15 gennaio | 15:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Giovanni Segantini è nato il 15 gennaio 1858, 166 anni oggi: un compleanno sempre importante il suo (nato ad Arco, morirà  a soli 41 anni sullo Schafberg, il monte che sorveglia dall'alto Pontresina, il 28 settembre 1899).

 

Un periodo iniziale durissimo, superato con la convinzione di poter passare indenne per ogni disavventura, con la sola forza di volontà. Dopo la morte della madre, ancora bambino, viene affidato alla sorellastra, operaia a Milano. Passa qualche anno e, dodicenne, Giovanni Segatini (la enne la aggiungerà nel 1879) viene arrestato per vagabondaggio e internato nel riformatorio Marchiondi, dal quale fuggirà l’anno successivo. Nuovamente rinchiuso, potrà godere della libertà solo nel gennaio 1873, grazie all’intervento del fratellastro, Napoleone, che lo ospiterà a Borgo Valsugana. Nel ricordare che questo fratello gestiva un negozio di materiale fotografico, si porta un contributo rilevante alla comprensione dell’artista: la fotografia, infatti, pur senza mai suggerire modelli precisi nella costruzione del dipinto, influenzerà in maniera decisiva l’impianto visivo del pittore. La sua, infatti, è una realtà spesso osservata in controluce, così da evidenziare all'interno dei suoi quadri, contrasti e di sbalzi luminosi. Nel ruotare con naturalezza il diaframma della propria sensibilità, egli avvicina i primi piani, collocando in lontananza una serie di riflessi che paiono intrecciarsi e poi superare la linea dell’orizzonte.

 

Lo si è definito artista apolide, non senza ragione. Arco, al momento della sua nascita era austriaca. Ma sarà il trasferimento a Milano a segnarne la formazione, non solo come allievo a Brera, ma anche per il crocevia di stimolanti incontri che la città offriva, tra cui quello con i fratelli Grubicy, mercanti d’arte. Fu questo un ponte verso l'Europa: esporrà infatti a Bruxelles, Amsterdam, Monaco, Vienna, Dresda. Inoltre, proprio grazie a Vittore Grubicy (a sua volta pittore) Segantini entrerà in contatto con le opere di artisti che ne influenzeranno la ricerca espressiva (primo tra tutti forse Millet). Autentico faro culturale all’interno della sua irregolare e tempestosa formazione, sarà ancora Vittore a spingerlo con decisione sulla via del Divisionismo, intuendo come egli potesse elaborarne una caratterizzazione diversa, sollecitata dal rapporto diretto con la natura. Un divisionismo allungato in filamenti cromatici, così da solidificare la luce in ruvidi strati. Ecco l’origine delle profonde scanalature presenti nei quadri della sua stagione matura. Incisi nella superficie nel tentativo di conferire all’emozione un’epidermide o, meglio, una resistente corteccia, Segantini ritrae se stesso. Tra Millet e Van Gogh, senza l’immersione spirituale dell’uno, né i drammi dell’altro. In vetta, col suo animo solitario, incapace però di esserlo completamente: egli si sente un esploratore che racconta dei suoi viaggi ad un pubblico stupito. In lui non vi sono le malinconie di Friedrich, ma lo spirito di un guerriero.

 

Segantini - Trittico della Natura - La morte

 

Apolide, dunque, senza passaporto (dichiarato renitente alla leva dal governo austriaco). Di sicuro italiano, per gli anni milanesi e per il successivo periodo in Brianza; non meno, però, anche Svizzero, dopo aver imboccato a piedi, nel 1886, la via “verso l’alto”: Pontresina, St. Moritz, Silvaplana e, infine, Savognino nei Grigioni, a milleduecento metri di altitudine. Qui rimarrà sino al 1894, poi, in fuga dai debitori, andrà a Maloja, in Engandina, a quota milleottocento. Morirà più in alto ancora, di peritonite, all’interno di una baita, sul ghiacciaio dello Schafberg, dove si era recato per dipingere la parte centrale del celebre Trittico della natura. In modo sornione, amava definirsi una sorta di orso.

 

Con la pittura egli trasmette la delicatezza e la sensibilità del suo animo e, naturalmente, il valore della sua ricerca espressiva.

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