Dalle cime delle Dolomiti, alle segrete profondità della mente umana: in Oscar Kokoschka, un po' tutti noi
Oscar Kokoschka compie 138 anni: una presenza di assoluto rilievo nell’arte del Novecento, capace di influenzare un artista come Egon Schiele e di aprire un varco decisivo allo sviluppo della ricerca espressionista, sottraendo compostezza ed eleganza alla lezione di Klimt, che pure lo stimava e lo aiutò agli esordi
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Due corpi si abbracciano. Mentre lei dorme, lui veglia con gli occhi sbarrati e il viso segnato nei lineamenti da un tormento interiore: è più di un presentimento il suo. Quello sguardo proietta nel vuoto un futuro assai prossimo e per lui angosciante: è la fine di una relazione, ma anche un dolorosissimo strappo esistenziale. Le pennellate, senza perdere vigore strada facendo, seguono una sorta di vortice, tanto che, se non vi fossero quei due corpi stesi orizzontalmente a stabilire la trama del dipinto, si potrebbe pensare a una grande onda. Infatti, parte dal basso quel fluire impetuoso del colore e si solleva proprio come fanno le increspature del mare e talvolta le nuvole. Anche quella in lontananza potrebbe essere un’onda, invece è la cima di un monte. A dispetto dello spessore cromatico con cui la tela è dipinta, tutto è liquido in questo quadro, poiché liquida e inafferrabile è la materia esistenziale che l’ha ispirato. Il titolo conferma questa impressione: La sposa del vento. Ma porta anche un secondo titolo: La tempesta. L’anno è il 1914, l’artista è Oscar Kokoschka e oggi lo ricordiamo perché compie 138 anni.
Inutile ribadire che Kokoschka è una presenza di assoluto rilievo nell’arte del Novecento, oltre che determinante per lo sviluppo dei temi della Secessione. Capace di influenzare un artista come Egon Schiele e di aprire un varco decisivo allo sviluppo della ricerca espressionista, sottraendo compostezza ed eleganza alla lezione di Klimt, che pure lo stimava e lo aiutò agli esordi. Oscar Kokoschka, tra i primi e subito dopo Munch, ha voluto rappresentare visivamente, negli anni e nei luoghi di Freud (la prima edizione de L’interpretazione dei sogni è del 1899), la disarticolata e intima natura delle emozioni. In quella tela, infatti, raffigura se stesso, con accanto Alma Mahler, vedova del grande compositore. Un amore travolgente e assoluto il suo. D’altronde, Alma (nata sette anni prima di lui, nel 1879) era una figura estremamente carismatica e attraente, il cui fascino aumentava grazie ad un carattere fermo e deciso. Conoscendola, le menti migliori ne rimanevano incantate. Ne rimase incantato Klimt, per il quale, giovanissima, in più occasioni posò: “Il tuo fascino non smette di catturarmi, anzi, diventa sempre più forte” le scriverà. A distanza di anni lei ricorderà così quel rapporto segreto: “Klimt fu il primo grande amore della mia vita, ma allora ero solo una bambina, immersa nella musica e lontana dal mondo”.
Difficile dire se questa donna avesse i pensieri unicamente immersi nella forza evocativa delle note, fatto sta che la musica la porterà da Mahler, pur non apprezzandolo particolarmente come compositore. Un matrimonio (1902) che frenò solo in parte il rapinoso istinto che ne muoveva i sentimenti. Come quando, nel 1910 (Malher morirà nel 1911), iniziò una relazione con Walter Gropius, il grande architetto tra i fondatori del Bauhaus: i due, dopo varie vicissitudini, si sposeranno nel 1915. Occorre ricordare che a questo secondo, seguirà un terzo matrimonio con lo scrittore Franz Werfel, undici anni più giovane di lei e morto prematuramente a soli 55 anni.
Ma per tornare alla Sposa nel vento, dopo essersi incontrati nel 1911, Kokoschka e Alma condivisero due intensissimi anni, dal 1912 al 1914, periodo da collocarsi dopo la morte di Malher e prima del ritorno di Gropius. Due anni decisivi, non solo per averla trasformata in musa ispiratrice e per averla ritratta in moltissimi quadri, ma per l’alto grado di maturazione che in quel periodo egli raggiunse all’interno della sua pittura. Infatti, se La sposa del vento (quadro venduto quando la loro storia terminò e ora al Kunstmuseum di Basilea), è da molti ritenuto un esempio tra i più alti di tutto il suo itinerario artistico, ma non meno significative e coinvolgenti sono altre opere di quegli stessi anni. Tra queste, sicuramente, vi è la tela dipinta mesi prima: Paesaggio dolomitico: Tre Croci (Leopold Museum – Vienna), realizzato durante un viaggio che portò entrambi in Italia. Scrive Alma nelle sue memorie, rievocando quei giorni: “Dava priorità solo al lavoro. Al mattino attraversavamo la fitta foresta e indagavamo sulle macchie verde scuro. Abbiamo trovato dei giovani cavalli che giocavano in una radura, cosa che ha subito emozionato Oscar Kokoschka. Avevamo con noi la sua cartella con i fogli e i suoi pastelli e, nonostante la sua frenetica paura della solitudine, è rimasto da solo per finire questi disegni, che si sono rivelati straordinariamente belli”. Disegni poi trasformati in un dipinto dalle dimensioni ragguardevoli (82x119) e che segnerà il passaggio per le Dolomiti come meglio non avrebbe potuto. In uno degli schizzi si trovano solo queste parole: “Nach dem Gewitter” ovverosia “Dopo la tempesta”. L’artista, restituisce assieme alla realtà, la sensazione che egli prova in quel momento: il cavallo nel prato, il carro in lontananza, il cielo che, schiarendosi, vela d’azzurro le cime dei monti, i verdi che paiono conservare la lucentezza di ciò che si deve ancora asciugare: sono tutti elementi che confermano che il peggio se n’è andato. Impossibile però non accorgersi che anche in quest’opera, dipinta nei suoi giorni più felici, la quiete è solo apparente.
Oscar Kokoschka non metabolizzò mai la perdita di Alma e a nulla valse nel 1914 partire volontario per la guerra. Ferito da un colpo di baionetta, fu congedato e al rientro quell’assenza si fece ancora più dolorosa, specie dopo aver appreso che nel frattempo lei si era sposata con Gropius. Gli venne così la malsana idea di farsi costruire da una creatrice di bambole un manichino a grandezza naturale e, per quanto possibile, con le medesime sembianze. Ma questa storia, di cui rimangono alcuni documenti e di cui molto si è scritto ci porta altrove. Dalle cime delle Dolomiti, alle segrete profondità, mai completamente esplorabili, della mente umana.