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Attualità

“Anche voi siete contenti che Trump abbia vinto?” La cameriera della Val di Fassa e la scarsa efficacia della comunicazione scientifica

Come può una persona preoccuparsi per le temperature estive di questo anomalo novembre, per l’avanzata del bostrico – che è strettamente connessa all’aumento delle temperature –, per le tempeste di vento, e allo stesso tempo gioire per la vittoria di un politico la cui impronta negazionista rischia di rendere ancora più zoppi gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici? Una risposta è di carattere divulgativo

di
Pietro Lacasella
11 novembre | 06:00

Capita, viaggiando, di vivere dinamiche rilevanti, capaci di offrire spessore ai contorni irregolari della nostra società.

La sera delle elezioni statunitensi mi trovavo con un amico in un bed and breakfast di Caoria, un minuto paese della Valle del Vanoi. Oltre alle camere e alla sala per la colazione, l’edificio ospitava anche un bar-tabaccheria e un minimarket. In una stanza secondaria, affiancata da una cucina, c’era inoltre la possibilità di cenare. All’ingresso si poteva ritirare il permesso per andare a funghi e, se non ricordo male, anche per pescare. Insomma, una realtà polivalente, capace di appagare non solo le necessità dei residenti, ma anche quelle dei viaggiatori e dei turisti.

 

Approdati a Caoria in bicicletta (approfittando di qualche giorno di ferie, stavamo esplorando la catena del Lagorai), avevamo trovato in quell’edificio un posto dove trascorrere la notte e placare l’appetito, cresciuto a dismisura di pedalata in pedalata. Una grande televisione lanciava informazioni sui tavoli. Durante la cena, dagli Stati Uniti giungevano notizie vaghe: ancora si navigava nel mondo ipotetico dei sondaggi. Quanto è però bastato per rimanere nei miei pensieri, svegliandomi prima ancora che arrivasse giorno. Quando alle 06:00 ho acceso il telefono, il risultato sembrava già scritto: Donald Trump era avanti, ormai irraggiungibile.

 

Durante la colazione nessuno sembrava aver voglia di affrontare l’argomento. Solo un signore, entrato per comprare le sigarette, ha brevemente commentato. Ma la sua, più che un commento, pareva una constatazione buttata lì, con l’unico scopo di riempire il silenzio. “Ha vinto Trump”, ha detto, e poi, con le sigarette in mano, è uscito senza aggiungere altro.

La sera siamo approdati in Val di Fassa che era già buio. Impegnati a non perdere la rotta, durante il giorno non avevamo mai sfiorato il tema elezioni. Non ne sentivamo l’esigenza: soli, in quel dedalo di valli arricchito dai colori autunnali, avevamo l’impressione di pedalare lontanissimi dall’attualità. Ma dalle notizie è impossibile sottrarsi a lungo: così i risultati del voto americano ci hanno raggiunti quando meno ce lo aspettavamo.

Eravamo al bar, con un in mano una tisana calda e zuccheratissima, a riprenderci dalle fatiche della tappa appena terminata e dal freddo dell’ultima discesa, affrontata tra le brezze del crepuscolo. Con le mani stringevo forte la tazza: un tepore benefico che entrava nel corpo attraverso le dita. In quel momento si è avvicinata, un po’ timidamente, la cameriera. Eravamo gli unici clienti e aveva voglia di parlare. Così ci siamo trovati a commentare quei paesi, quelle montagne, quei boschi. Da tutte le persone incontrate durante il viaggio era emersa una comprensibile ossessione per il bostrico: se in pianura e nelle città è ancora Vaia a mordere i ricordi delle persone, a preoccupare i valligiani è invece il microscopico coleottero. In effetti ha superato i danni provocati dalla tempesta di vento. In molti, tra cui la cameriera, commentavano inoltre con grande stupore il caldo anomalo di quei giorni.

 

Tra una chiacchiera e l’altra, la ragazza ha preso coraggio e, con un sorriso ampio perché sincero, a un certo punto ci ha domandato: “Anche voi siete contenti che Trump abbia vinto?”
Colti alla sprovvista abbiamo balbettato una risposta. “Insomma” ha detto il mio amico; “Non particolarmente” ho aggiunto io, togliendole il sorriso dalle labbra. Delusa, è tornata dietro al bancone e la nostra attenzione è tornata sulle tazze tiepide.

 

Sotto alle coperte, tra i pensieri caldi della sera, mi sono chiesto: ma come può una persona preoccuparsi per l’avanzata del bostrico – che è strettamente connessa all’aumento delle temperature – per le tempeste di vento, per le temperature estive di questo anomalo novembre, e allo stesso tempo gioire per la vittoria di un politico la cui impronta negazionista rischia di rendere ancora più zoppi gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici?

La risposta che sono riuscito a darmi è che se i Trump, e l'ideologia che rappresentano, nel mondo dilagano come acqua di un torrente esondato, forse, prima di puntare il dito contro gli elettori, bisognerebbe riflettere sull'efficacia della comunicazione scientifica. Un'efficacia evidentemente blanda, in rare occasioni capace di superare le mura delle accademie, dove spesso rimane confinata, isolata e dunque socialmente sterile.

Di recente un glaciologo del Cnr mi ha raccontato che negli ultimi tempi sta partecipando meno ai convegni universitari per concentrare una parte importante delle sue energie nelle scuole. "Tanti colleghi – mi ha detto – faticano a comprendere questa scelta, mi guardano con un compassionevole sorriso, ma credo sia importante scardinare i luoghi comuni prima che mettano le radici nelle persone". Questa secondo me è la strada da seguire, perché semina la capacità di accettare il carattere complesso del mondo in cui viviamo; perché aiuta a guardare con scetticismo le semplificazioni demagogiche di una certa politica.

 

Ma in appoggio ai ricercatori (che non sempre hanno la possibilità di sdoppiarsi) abbiamo bisogno di bravi comunicatori e soprattutto di politici abili a rendere socialmente digeribile il linguaggio scientifico, senza tuttavia ridurne il carattere complesso. Se la vittoria dei vari Trump può comprensibilmente proiettare in una spirale di sconforto, allo stesso tempo dev'essere un'esortazione a rimboccarsi le maniche per rendere accattivanti politiche più umane e attente agli approdi scientifici. Politiche che, come ha di recente scritto Luigi Torreggiani su L’AltraMontagna, è fondamentale sappiano “parlare la lingua dei territori, pur portando avanti le proprie idee, visioni e battaglie”.

 

Fotografie nel testo di Pietro Lacasella e Luca Matassoni

l'autore
Pietro Lacasella

Antropologo e scrittore interessato ai contesti alpini. Nel 2020 inizia a curare il blog Alto-Rilievo / voci di montagna. Ha lavorato per il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua. Ha riorganizzato e curato i contenuti della testata online del Club alpino italiano Lo Scarpone. Oggi collabora con Il Dolomiti curando il quotidiano online L’AltraMontagna. Ha pubblicato Sottocorteccia, un saggio-diario sull’emergenza bostrico scritto a quattro mani con Luigi Torreggiani. Ha curato Scivolone olimpico, un volume sulla vicenda della pista da bob in programma di realizzazione a Cortina.

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