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E se l’energia eolica fosse il nuovo motore del turismo? L’integrazione tra rinnovabile e paesaggio apre una serie di discussioni difficili, ma necessarie

La questione del paesaggio risulta particolarmente delicato quando si parla di nuovi parchi eolici onshore (sulla terraferma). Il caso del Monte Cerchio, a cavallo tra il Piemonte e la Liguria dimostra come la componente paesaggistica sia ancora uno dei temi più delicati da trattare e che merita una discussione. Gianluca Ruggeri di ènostra: "le grandi dimensioni sono funzionali ad avere meno generatori e su questo punto non c’è una risposta univoca per cui bisogna parlarne con le popolazioni”

di
Michele Argenta
03 giugno | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Parlare di pale eoliche in montagna è una questione complessa. Bisogna considerare l’impatto sul territorio, sull’avifauna, sulla vegetazione, sulla rete idrogeologica, sull’acustica locale e sul paesaggio.

Proprio quest'ultimo punto, il paesaggio, risulta particolarmente delicato quando si parla di nuovi parchi eolici onshore (sulla terraferma). Il caso del Monte Cerchio, a cavallo tra il Piemonte e la Liguria dimostra come la componente paesaggistica sia ancora uno dei temi più delicati da trattare e che merita una discussione tra tutti i portatori di interesse dalle popolazioni locali alla politica agli investitori. 

Il progetto proposto dalla ditta Windtek prevedeva l’installazione di sette turbine eoliche distribuite tra i comuni di Cairo Montenotte, di Saliceto e di Cengio. Negli ultimi giorni il progetto è stato rigettato dall’Unione montana Alta Langa e dalla provincia di Cuneo. Come si legge sul sito di ProvinciaGranda.it, la consigliera provinciale Annamaria Molinari ha giustificato questa decisione dicendo che «Siamo tutti consapevoli che bisogna portare avanti la transazione ecologia ma non a costo di sacrificare il paesaggio che è il motore del nostro turismo e delle attività economiche ad esso collegate».

 

L'intervento sopra Cairo Montenotte

 

L’impatto paesaggistico dell’eolico

Quando si tratta di generatori eolici in montagna il loro impatto visivo e paesaggistico non può essere trascurato. Le pale del progetto, consegnato con VIA al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, sarebbero state alte 200 metri, da aggiungersi alla morfologia del territorio esistente e inserite in un contesto urbanizzato come quello delle Alte Langhe. Nel documento inviato al Ministero dalla provincia di Cuneo si sottolinea “l’assunzione del paesaggio come valore ed interesse pubblico nei confronti del quale debba essere effettuato il contemperamento dell’interesse inerente la realizzazione di fonti energetiche per la produzione di energie rinnovabili”. 

Da un lato queste affermazioni potrebbero aprire una discussione su cosa si intenda per paesaggio e come esso sia sempre stato modificato dall’azione indiretta o diretta dell’uomo.

Da un punto di vista più scientifico, l’impatto maggiore negli anni futuri sui boschi e sulle comunità di media montagna sarà dato in maniera indiretta dal mix energetico che sceglieremo di adottare: l’uso dei fossili (nascosti dalla nostra vista in poche centrali sparse per tutto il paese) aggrava la crisi climatica e modifica già il paesaggio per come lo conosciamo. Grandinate sempre più grandi, inondazioni, siccità e incendi non sono che la faccia nascosta della nostra produzione energetica. Al contrario le rinnovabili, visibili e distribuite su tutto il territorio, hanno un grande impatto visivo ma permettono di limitare i danni dovuti all’aumento delle temperature. 

Il destino vuole che proprio a Cairo Montenotte sia presente una ditta di coke, parte integrande della filiera del carbone in Italia, ben visibile anche dalle mappe della VIA con l'inconfondibile colore nero. 

 

Gianluca Ruggeri, ingegnere ambientale e fondatore di ènostra, spiega il processo che ha portato il fornitore a installare due pale sulle colline nel comune di Gubbio. “ Le pale che abbiamo installato a Gubbio sono solo due e non sono di grandi dimensioni e non si vedono dai centri abitati. Ognuna ha una potenza di circa 1MW ma le grandi dimensioni sono funzionali ad avere meno generatori e su questo punto non c’è una risposta univoca per cui bisogna parlarne con le popolazioni.

Continua Gianluca: “in entrambi i casi abbiamo cercato di operare in zone già antropizzate, dove c’era un ripetitore per le telecomunicazioni con una propria una strada, uno spiazzo e delle infrastrutture esistenti. Durante il progetto abbiamo dovuto solo pensare a come adattare queste infrastrutture alle nostre necessità".

Per quanto riguarda il riscontro con i territori, “già dall’inizio abbiamo lavorato con il Comune, le associazioni locali e le comunità: con questo approccio non ci sono state opposizioni al progetto. Per la festa di inaugurazione della prima pala eolica siamo stati ospiti nei locali della pro-loco, che rifaremo a settembre per i 10 anni di funzione dell’impianto. Ora stiamo lavorando su una CER (Comunità di Energia Rinnovabile) che possa integrare anche la seconda pala eolica portando ulteriori benefici al territorio”.  

 

Inaugurazione della seconda pala eolica a Gubbio. Foto ènostra

 

Investire su una nuova forma di turismo?

Con un po’ di fantasia, le turbine eoliche potrebbero essere un investimento anche per il futuro turistico di alcune località. Come indicato nel report di Legambiente  “Parchi del vento”, esistono già in Italia 5 parchi eolici dove si fa turismo e 85 siti a livello mondiale. L’idea di questa guida si legge nelle prime righe di introduzione: “Una guida alla scoperta di territori unici e poco conosciuti, oggi uno dei laboratori più interessanti per la transizione energetica.” Turismo green insomma. Pensare alla transizione energetica come una possibilità anche di turismo potrebbe essere una chiave di lettura valida per il futuro della montagna che potrebbe proporre, oltre ad un’offerta di base locale, anche una componente energetica rinnovabile. La discussione rimane aperta e deve essere adattata ad ogni comunità ed ogni territorio, evitando di generalizzare (le crete senesi sono ben diverse dai passi alpini svizzeri o dalla media montagna del veronese). C’è di sicuro che più aspetteremo a fare la transizione ecologica e più assisteremo agli impatti negativi sul nostro paesaggio. 

 

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