"Un muro contro muro": il dibattito pubblico sul Vanoi si chiude con uno stallo e non valuta nessuna alternativa alla diga. La decisione ora è politica
Con la Provincia Autonoma di Trento contraria al progetto, sarà la Regione Veneto a dover stabilire se portare avanti la progettazione della diga o se abbandonarla. Le imminenti elezioni regionali complicano ulteriormente la questione: nessun partito vuole rischiare di perdere consenso sostenendo un’opera così controversa. Un’analisi dei dati elettorali chiarisce ulteriormente il quadro: la provincia di Belluno rappresenta solo il 5,14% degli aventi diritto al voto, a fronte del 18,16% della provincia di Padova. Se Palazzo Balbi dovrà decidere, sarà considerando queste percentuali
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
I mesi autunnali che hanno segnato il Dibattito Pubblico sull’invaso del Vanoi sono stati caldi. Caldi come le temperature che hanno segnato questo ennesimo inverno senza neve e che potrebbero aprire le porte a periodo siccitoso come successo nel 2022. Il Documento finale, redatto dall’ingegner Gennaro Mosca del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stato da poco pubblicato sul sito dedicato e raccoglie le istanze portate durante gli eventi online e in presenza sul territorio, i numeri del dibattito e le conclusioni al processo.
Un divario incolmabile
Il tono scelto dal responsabile del processo, l’ingegner Gennaro Mosca, lascia poco spazio all’ottimismo. Come si legge nel documento conclusivo del Dibattito Pubblico, l’intero processo proposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti “è stato un muro contro muro, un dialogo tra sordi, con ognuna delle due parti immobile, senza avanzare di un passo verso le posizioni dell’altra”. Oltre alla scarsa attitudine al dialogo di entrambe la parti, il documento mette in luce che trovare un punto di dialogo avrebbe comportato “molto di più, perché, per il proponente avrebbe significato rinunciare all’idea progettuale, per i contrari, ammetterla, e forse questo, al di là dell’impossibilità di trovare una soluzione condivisa, dà un ulteriore senso a questa assoluta reciproca preclusione. [...] Per i contrari si è trattato di una questione anche esistenziale, perché l’idea della diga è percepita – da anni, ossia da quando se ne parla – come foriera di danni e pregiudizi a beni e valori connessi ai luoghi, legati alla storia, al patrimonio culturale e ambientale, ovviamente al territorio, che si teme – o meglio, si è certi senza possibilità di appello – potrebbero essere definitivamente compromessi dalla diga”.
Il divario tra le due parti, ideologico e tecnico, sembra incolmabile. Le opzioni al nuovo invaso esistono e sono ben note al proponente, il quale però le ritiene complementari alla necessità di un nuovo invaso, non alternative.
La tipologia di Dibatto scelta dal MIT non aiuta il processo democratico: la discussione è stata incentrata sui risultati dello studio di fattibilità mentre avrebbe dovuto incentrarsi sulle necessità di costruire un nuovo invaso in Val Cortella. Queste due argomentazioni sono risultate essere delle linee parallele. Il Consorzio del Brenta aveva già deciso che l’unica alternativa alla mancanza d’acqua era la costruzione di un invaso e i comitati locali chiedevano una ricarica della falda tramite metodi non invasivi o colonialisti nei loro confronti. Il Dibattito era inevitabilmente già finito prima di iniziare e questa cosa è sempre stata alla base del processo istituito dal Ministero.
Le scelte politiche e quelle tecniche
Come affrontare una questione che, per i territori locali, assume una valenza addirittura esistenziale? Per il Consorzio del Brenta si aprono due strade: proseguire con il processo di progettazione, reprimendo le voci contrarie alla diga, oppure abbandonare definitivamente il progetto. Sul piano tecnico, il DOCFAP è chiaro: l’invaso in Val Cortella è fattibile. Le tecnologie attuali, molto più avanzate rispetto alla metà del Novecento, permettono di realizzare opere anche in zone a rischio, riducendo significativamente il pericolo di un eventuale "dam break".
La decisione è prettamente politica. Con la Provincia Autonoma di Trento contraria al progetto, sarà la Regione Veneto a dover stabilire se portare avanti la progettazione o abbandonarla. Le imminenti elezioni regionali, previste nel 2025 (o forse nel 2026, dopo i Giochi Olimpici), complicano ulteriormente la questione: nessun partito vuole rischiare di perdere consenso sostenendo un’opera non richiesta dalla popolazione montana. Un’analisi dei dati elettorali chiarisce ulteriormente il quadro: gli aventi diritto al voto nella provincia di Belluno rappresentano solo il 5,14% degli elettori regionali, a fronte del 18,16% della provincia di Padova. Se la decisione politica sarà presa a Palazzo Balbi, è probabile che questi numeri pesino significativamente. La voce delle valli del Vanoi, già debole sul piano elettorale (alle ultime regionali ha votato circa il 50% degli aventi diritto), avrà poco peso rispetto agli interessi della pianura, dove si concentrano i maggiori bacini di voti.
Tornare a parlare di politica
Il capitolo sui numeri del Dibattito permette di riflettere sui metodi partecipativi e sulla effettiva partecipazione dei territori. Gli strumenti utilizzati dal Ministero per il dibattito sono stati molteplici: social, sito e dibattito in presenza. I numeri non sono rosei: 6.163 visite dalla messa online con 1.334 utenti singoli (i 6000 accessi contato anche più accessi da uno stesso PC) mentre la pagina facebook conta circa 28 follower. In un'era caratterizzata dalla pervasiva presenza del digitale, dove le questioni più futili riescono a mobilitare milioni di persone, questi dati mettono in luce un apparente disinteresse dei cittadini nei confronti di temi cruciali come la gestione del territorio. Tornare a riappropriarsi delle decisioni politiche locali è centrale nel dibattito della gestione delle aree interne e delle aree montane, anche se il processo può risultare noioso o senza sbocchi concreti, come nel caso del Vanoi. Un Dibattito partecipato è un segnale forte verso la Regione o verso il Consorzio anche se il peso elettorale dei comuni montani è piccolo.