La causa vinta dalle "Anziane per il clima" obbligava il governo a ridurre le emissioni, ma la Svizzera non sta facendo abbastanza
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha decretato che la Confederazione Elvetica non sta rispettando la decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di ridurre le sue emissioni di gas serra e ha respinto la richiesta del governo di chiudere il caso


di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha decretato che la Svizzera non sta facendo abbastanza per rispettare la decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (risalente allo scorso anno), di ridurre le sue emissioni di gas serra e ha respinto la richiesta del governo svizzero di chiudere il caso.
Il Comitato ha esaminato il caso riguardante la mancata conformità della Svizzera alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in merito alle misure di mitigazione del cambiamento climatico, dove ha preso atto dei progressi compiuti dalla Svizzera, come l'adozione di nuove leggi sull’ampliamento delle energie rinnovabili e la valutazione del bilancio del carbonio, ma ha richiesto ulteriori informazioni e azioni concrete. In particolare, ha chiesto chiarimenti sulle misure di attuazione a livello federale e cantonale, sulle metodologie utilizzate, sulle misure di adattamento e sulle garanzie procedurali, compreso l'accesso delle associazioni ai tribunali. Il Comitato dei Ministri ha deciso di riprendere il caso nel settembre 2025. In questi mesi, la Svizzera dovrà dimostrare in modo più efficace e trasparente come sta rispettando i propri obblighi in materia di lotta al cambiamento climatico.
La causa storica, vinta nel 2024 dalle “Anziane per il clima” (Klimaseniorinnen in tedesco), obbligava il governo elvetico a ridurre le proprie emissioni di gas serra per tutelare la salute dei propri cittadini e delle generazioni future.
CHI SONO LE "ANZIANE PER IL CLIMA"
Le prime mobilitazioni delle Klimaseniorinnen sono nate nel 2016 (qui l'intervista de L'AltraMontagna alla referente ticinese Norma Bargetzi-Horisberger), ben prima dei movimenti di massa nati insieme agli scioperi di Greta Thunberg, con l’aiuto di Greenpeace Svizzera che ha messo a disposizione le proprie risorse legali e comunicative per creare una climate litigation sul modello del primo contenzioso climatico nei Paesi Bassi.
Secondo le leggi del paese elvetico, è possibile fare causa allo Stato solo se vittime. Dopo l’estate 2003, gli studi sulle ondate di calore hanno confermato che gli anziani, e in particolar modo le donne, sono la categoria più vulnerabile. Da qui la nascita dell’associazione con la prima causa depositata a Berna nel 2017, dove il tribunale non si è espresso sul caso per una mancanza di legittimazione. La causa arrivò sulle scrivanie di Strasburgo, presso la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, nel 2019, fino ad arrivare alla sentenza di aprile 2024.
LE LEGGI SUL CLIMA E IL MIX ENERGETICO SVIZZERO
Il 9 giugno 2024, i cittadini svizzeri sono stati chiamati ad esprimersi su quattro referendum tra cui uno sull’approvvigionamento energetico del paese. L'incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, votato favorevolmente da tutti i cantoni, dovrà considerare l'aumento del fabbisogno dovuto alle auto elettriche del paese e all'aumento dell'installazione di impianti a pompa di calore. Il fotovoltaico, si legge nel testo della proposta, dovrà essere installato prevalentemente sulle falde degli edifici esistenti mentre gli impianti eolici, l’idroelettrico e i grandi impianti fotovoltaici potranno usufruire di condizioni di pianificazione agevolate. Nel solo 2022, il 79 per cento dell’energia utilizzata dalla Svizzera proveniva da fonti di energia rinnovabile: il 65 per cento dall’idroelettrico e poco meno del 14 per cento da impianti fotovoltaici, eolici e a biomassa nonché da piccole centrali idroelettriche. Il nucleare pesa sul mix energetico per circa il 19,6 per cento mentre il restante, una piccola percentuale, si basa sulle fonti fossili.
Oltre alla produzione di energia, sul bilancio carbonico della nazione pesano i trasporti. le industrie e i sistemi agroalimentari. La Svizzera dovrà dotarsi di un piano per decarbonizzare anche questi settori, lasciando l'utilizzo del fossile solo ad alcuni settori difficilmente decarbonizzabili (come l'industria chimica o quella dell'acciaio).
La sentenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa potrebbe aprire la strada ad una pianificazione industriale che si sleghi definitivamente dai petrostati e dalle oscillazioni geopolitiche mentre gli altri stati europei potrebbero rilanciare gli obiettivi energetici e climatici su indicazione proprio del Consiglio d’Europa. A settembre la nuova decisione del Consiglio dei Ministri.