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"Per un 'ritorno alle origini' serve un cambiamento dall'alto", il gestore del Telegrafo: "Necessario definire una soglia d'offerta oltre la quale si smette d'essere rifugio"

Il gestore del Telegrafo: "Un rifugio non è un luogo che dovrebbe accontentare le richieste della clientela più frivola in nome d'un'ottica imprenditoriale votata al guadagno. Rifugio è una struttura che presidia il territorio 7 giorni su 7, garantendo un punto d'approdo e ristoro per gli escursionisti. Come contrastare la pericolosa deriva? Con una rivoluzione che deve partire dall'alto. Insieme, però, è necessario che gli avventori si lascino prendere per mano in questo cammino di ritorno alle origini"

di
Sara De Pascale
09 marzo | 19:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

VERONA. "Come si fa a far diventare rifugi i veri rifugi? La rivoluzione deve partire dall'alto". Parte da questa considerazione Alessandro Tenca, gestore del rifugio Telegrafo, che sorge a quota 2.147 metri sul Monte Baldo, nel raccontare la sua opinione in merito ai cambiamenti "che la montagna ha vissuto da circa 10 anni, non soltanto per quanto concerne il tipo di escursionisti che vi approdano ma anche guardando alle strutture in quota, che in molti casi hanno ampliato la propria offerta al punto da non essere più definibili rifugi". 

 

Le riflessione di Tenca fa eco a quella di Duilio Boninsegna, che gestisce da quasi 30 anni il Pradidali, nel cuore delle Pale di San Martino, e che negli scorsi giorni ha deciso di mettere nero su bianco la propria opinione, pubblicando sui social un post che ha trovato innumerevoli consensi (QUI ARTICOLO). Stanco delle più strampalate richieste, il rifugista ha infatti deciso di avvertire i futuri clienti: "Quest'anno in rifugio ci sarà un ritorno al classico. Non venite a chiedere questo o quell'altro: troverete ciò che c'è". E proseguiva: "C'é bisogno anche in alta quota di un ritorno all'essenziale e alle cose davvero basiche e importanti della vita".

 

Dichiarazioni condivise anche da Tenca, che da sempre si prodiga affinché la sua struttura resti autentica: "Ce ne sono ormai pochi di rifugi rimasti tali - dichiara -. Il vero problema sta a monte, al di là dei cambiamenti che ci sono stati nel tempo, come nel caso degli escursionisti che ora frequentano la montagna, in diversi casi non definibili tali". 

 

"Per fare in modo che i rifugi rimangano rifugi e che chi vi approda sappia cosa trova sarebbe necessario prendere delle decisioni a livello di giurisdizione turistica: se a livello fiscale e normativo il rifugio è considerato al pari di un albergo, sebbene con deroghe, sarebbe bene che le strutture in quota venissero normate e considerate in una categoria a sé - prosegue il rifugista, sottolineando -. Se gli alberghi vengono classificati con le stelle, che aumentano in base alla quantità e qualità dei servizi offerti, per i rifugi sarebbe necessario fare l'esatto contrario: porre un tetto 'massimo' di servizi oltre al quale non si dovrebbe andare. Così, quelle strutture nelle quali oggi si trovano saune o ogni tipo di comfort smetterebbero d'essere rifugi". 

 

Insomma, una vera e propria scrematura delle strutture in quota presenti in Italia, "delle quali poi, con la dicitura 'rifugio' ne resterebbero probabilmente ben poche - fa notare il gestore del Telegrafo Gaetano Barana - ma sarebbe positivo, perché in tal modo i clienti saprebbero cosa si trova in un rifugio vero e probabilmente smetterebbero di chiedere la doccia calda o la camera singola - conclude -. Rifugio è una struttura che presidia il territorio, nei periodi dell'anno nei quali è possibile farlo, 7 giorni su 7, garantendo un punto d'approdo, protezione e ristoro per alpinisti ed escursionisti". 

 

"Un rifugio non è un luogo che dovrebbe accontentare le richieste della clientela più frivola in nome d'un'ottica imprenditoriale votata al guadagno. Sarebbe bene cominciare ad interrogarsi sulla pericolosa deriva che stiamo osservando sulle terre alte e su quelle masse che sempre più spesso frequentano la montagna finendo per snaturarla e privandola della sua essenza e poesia. Serve un cambio di rotta, ma va fatto dall'alto". Una rivoluzione che andrebbe sostenuta dagli avventori, "che dovrebbero mostrarsi disposti a farsi guidare in questo cammino di ritorno alle origini ed educazione". 

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