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Musica e sushi a quota 1.500 (VIDEO), il rifugio Bocca di Selva guarda all'innovazione: "Così avviciniamo i giovani alle terre alte"

"Rifugio è anzitutto tradizione, ma è anche giusto innovare. Nella nostra struttura puntiamo su prodotti a chilometro zero e offriamo piatti tipici di montagna. Allo stesso tempo, però, abbiamo deciso di inserire nel menù due proposte 'innovative', che sono il sushi e il ramen della Lessinia. Non mancano anche eventi con musica". Ecco il racconto del rifugista Matteo Modesti, gestore del Bocca di Selva: "Così avviciniamo i giovani alle terre alte"

di
Sara De Pascale
21 marzo | 12:30
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

VERONA. I rifugi sono cambiati così come chi frequenta le terre alte. A dirlo, sono gli stessi gestori delle strutture in quota, che nel corso del tempo hanno raccontato (anche) a Il Dolomiti la loro visione. A dire la propria, qualche giorno fa, era stato Sergio Rosi, gestore del Passo Principe che sorge a quota 2.601 sul Catinaccio, che riferiva: "A parer mio in testa a tutto è la figura del gestore a fare la differenza, raccontando che in quota si cerca di dare il massimo creando il minimo impatto: tutto dipende da dove il rifugio è ubicato. Innoviamo laddove possiamo ed evitiamo di stravolgere l'ambiente se non necessario". 

 

Della stessa idea, a suo modo, è anche Matteo Modesti, gestore del rifugio Bocca di Selva, che sorge nel cuore del Parco della Lessinia a 1.550 metri di altitudine: "Rifugio è anzitutto tradizione - esordisce -. Nelle strutture in quota è sicuramente bene (e necessario) partire da questa - ribadisce - ma è anche giusto innovare, senza oltrepassare quei confini oltre i quali si smetterebbe d'essere rifugio. Al Bocca di Selva puntiamo infatti su prodotti a chilometro zero e offriamo piatti tipici di montagna. Allo stesso tempo, però, abbiamo deciso di inserire nel menù due proposte 'innovative', che sono il sushi e il ramen della Lessinia, da noi inventati". 

 

Insieme a pietanze sicuramente diverse da quelle che abitualmente possono essere gustate in quota, al Bocca di Selva si è voluto proporre anche qualche iniziativa "per avvicinare i giovani alla montagna - spiega il gestore del rifugio -. Parliamo di eventi con musica (VIDEO DI SEGUITO) realizzati con un impianto certificato e a norma, con tanto di approvazione di un tecnico, visto che la struttura sorge in un ambiente protetto e delicato. La volontà di organizzare questi eventi nasce proprio dal desiderio di far scoprire o riscoprire la montagna ai ragazzi e, vista la grande affluenza, direi che ci stiamo riuscendo". 

Si tratta di pomeriggi vissuti all'insegna di musica (dalle 14 alle 18) all'esterno del rifugio, circondati da paesaggi (davvero) mozzafiato: "Come detto - conclude Modesti - per noi rifugio è tradizione, ma un pizzico di inventiva, senza esagerare, può essere positiva. L'importante è realizzare tutto nel rispetto dell'ambiente, senza mai scordarsi di quell'autenticità che da sempre abbraccia le strutture in quota, che va tenuta in vita. Dobbiamo ringraziare in particolare l'associazione Lessinia Tourist, che in inverno si occupa di battere le piste e di liberare il parcheggio dalla neve, consentendo ad escursionisti e turisti di raggiungere noi e il Parco della Lessinia".

 

Una visione, quella di Modesti, che si allontana da quella raccontata invece da Duilio Boninsegna, gestore del Pradidali, che qualche giorno fa 'annunciava' la volontà d'un ritorno all'essenziale: "La verità è che troppo spesso manca la consapevolezza di cosa significhi andare in quota: un'esperienza autentica e bella perché fatta d'essenzialità. Se si pretende di avere di più è meglio optare per un soggiorno in albergo". Una convinzione che nel tempo il rifugista ha maturato sempre più, soprattutto ora che le richieste dei clienti sono diventate le più disparate: dalla doccia calda ai piatti gourmet (pesce compreso), passando per la richiesta delle camere singole. 

 

Pretese alle quali il rifugista ha deciso di dire 'basta', con tanto di post pubblicato sui social per sottolineare la propria posizione (LO AVEVAMO RACCONTATO QUI): "Ragazzi, ho deciso, quest'anno al Pradidali ci sarà un ritorno al classico. Non venite a chiedere 'voglio questo o quell'altro'. Quello che c'è, c'è. Non sarà un ristorante, perché di quelli ne trovate quanti volete in valle, ma un vero rifugio d'altri tempi". Insomma, come suggeriva Sergio Rosi, "è anche e soprattutto il rifugista a fare il rifugio".

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