In quota rifugi o resort di lusso? Il Cai: ''Sono lo specchio della società e rispondono a una certa domanda, ma nei nostri non ci sono eccessi''
Il commento del Club Alpino Italiano sul dibattito relativo alle strutture ricettive in alta quota e alle richieste di una diversa regolamentazione di esse
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Anche se "il rifugio è lo specchio di una società che propone una certa domanda, come Club Alpino Italiano stiamo lavorando a una ulteriore modifica del nostro Regolamento" così Antonio Montani, presidente del Club Alpino Italiano ha commentato il dibattito sull’evoluzione delle strutture ricettive in alta montagna e in particolare dei rifugi, di cui abbiamo parlato qui e qui, che accende discussioni, tra chi condanna con fermezza il lusso ad alta quota e chi propone l’introduzione di una nuova nomenclatura per distinguere le diverse tipologie di servizi offerti.
“Partiamo dal fatto che il Cai ha 700 strutture in montagna tra rifugi e bivacchi, per un totale di 20.500 posti letto - commenta Antonio Montani, intervistato da L’AltraMontagna - per cui il nostro è un panorama molto variegato e sfaccettato, dentro il quale non ci sono eccessi, per fortuna”. Sul regolamento sovracitato, Montani commenta: “Il Consiglio proprio in questi giorni sta lavorando a una ulteriore modifica del nostro Regolamento dei rifugi, proprio per reintrodurre delle regole precise non tanto nella gestione, perchè quella la fanno proprio i gestori, ma per quanto riguarda gli interventi architettonici”. Il presidente infatti sottolinea come ci sia una tendenza, attualmente, di “sostituzione architettonica - si demolisce il vecchio e si realizza una nuova struttura - e questo accade in particolare in Svizzera, ad esempio, ma anche nel nostro Paese, in particolare nelle province di Trento e Bolzano, dove anche grazie a grossi finanziamenti pubblici, siamo arrivati a casi in cui un rifacimento di un rifugio costa sui cinque 6 milioni di euro. Noi crediamo che già questo sia un qualcosa di moralmente discutibile su cui bisogna porre porre l'attenzione”.
Per affrontarlo, il Cai nazionale, ha stanziato proprio dei finanziamenti “cifre contenute, purtroppo, rispetto a quelle che servirebbero, ma intanto distribuiamo circa 1.000.000 di euro all'anno alle nostre strutture per fare interventi di manutenzione”. Inoltre, continua Montani “inseriremo nel Regolamento che bisogna preservare il vecchio e fare soltanto quegli interventi che sono necessari per le normative per l'adeguamento normativo”.
Spostandosi invece più sul tema della gestione e quindi sul “grande classico di ostriche e champagne a tremila metri”, per il presidente si tratta di “un discorso educativo”. Infatti “il rifugio è lo specchio di una società che propone una certa domanda. La struttura economica dà una risposta a tale domanda”. In questi termini “quello che come Cai continuiamo a fare è raccontare una montagna diversa, una montagna fatta della ricerca del limite fisico ma anche una montagna che si apprezza molto di più se si ha un approccio non soltanto sportivo ma anche culturale”. Di conseguenza “il lavoro che dobbiamo fare è di formazione verso i frequentatori della montagna, promuovendo un approccio riflessivo, in cui la montagna va anche interiorizzata e non solo vissuta in modo adrenalinico: se noi riusciamo a fare questo percorso formativo, il risultato sarà che non ci sarà più richiesta di ostriche e champagne, un rifugio a 3000 metri”.
Sulla stessa linea il commento di Stefano Morcelli, referente nazionale di Cai giovani: “Il rifugio non è un albergo di città posto in cima alla montagna, sotto vari punti di vista, quindi si cercherà di far adattare di più sia soci che non soci a un rifugio che anche più austero, più attento ad alcune questioni ambientali, in primis la questione dell'approvvigionamento dell'acqua”. Tuttavia “se questo cambiamento venisse completamente dall’alto potrebbe essere controproducente. E’ importante agire su diversi fronti sia a livello di sensibilizzazione degli utenti che sono in primis all'interno delle sezioni, che di persone esterne al Cai che non hanno ancora sviluppato la mentalità di capire in che direzione si sta cercando di andare in termini di gestione dei rifugi”.
Il Cai sta lavorando su questo fronte a vari livelli, portando avanti un ragionamento che si è concretizzato, tra le altre cose, in un tavolo di lavoro al 101esimo congresso nazionale dedicato alla montagna nell’era del cambiamento climatico. Nella descrizione del tavolo di lavoro si legge: “Nell’era dei cambiamenti climatici le strutture costruite da centinaia di anni per accogliere i viaggiatori e i frequentatori della montagna stanno subendo le conseguenze di un approccio alle attività sempre più discostato dalle finalità originarie, subendo in molti casi la pressione a soddisfare nuovi bisogni o garantire servizi non essenziali. Accade di frequente che il termine Rifugio venga equiparato, da chi ne promuove la visibilità per trarne un maggior profitto economico o da chi ne utilizza i servizi, ad “albergo o ristorante d’alta quota”, tenendo in considerazione che solo in alcune particolari situazioni alcuni di essi risultano raggiungibili da strade carrozzabili o senza difficoltà”.
Tra le domande sollevate dal tavolo di lavoro ai soci del Cai, che trovano leggere qui, ne troviamo alcune relative a come far comprendere la necessità di approcciarsi ad un rifugio di montagna con maggior sobrietà e minori pretese, o a come le scelte delle diverse sezioni possano garantire la sostenibilità economica nella gestione dei rifugi.
Anche il tavolo di lavoro, nel corso dell'anno passato, ha ragionato sulla attuale definizione di rifugio nel Regolamento per le strutture ricettive del Cai, che recita: “Il Rifugio del Club Alpino Italiano è la casa del Socio aperta a tutti i frequentatori della Montagna. Struttura nata per dare rifugio agli alpinisti, nel corso degli anni si è trasformata in porta di accesso alle montagne; punto di partenza e arrivo di impegnative salite ma anche di facili escursioni. Il Rifugio è un presidio di ospitalità in quota sobrio, essenziale e sostenibile, presidio culturale e del territorio, centro di attività divulgative, formative, educative e di apprendimento propedeutiche alla conoscenza e alla corretta frequentazione della Montagna. Non è un albergo ma un laboratorio del “fare montagna” che sa contenere insieme etica dell’alpinismo, socialità, accoglienza, alta performance in ambiente, turismo consapevole, rispetto e tutela del Paesaggio montano”.