''Da 15 anni non si verificava un evento di queste dimensioni'', la valanga che ha bloccato la valle del Lys analizzata da Paola Dellavedova
La valanga di Gaby, diventata virale per la sua imponenza e per aver bloccato l'accesso al paese di Gressoney, non è stato un evento eccezionale. La spiegazione di Paola Dellavedova, coordinatrice delle attività dell’ufficio neve e valanghe di Fondazione Montagna Sicura in Valle d'Aosta
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
La massa di neve spostata dalla valanga di Gaby, che lo scorso fine settimana ha bloccato la circolazione sulla strada regionale 44 della Valle del Lys, isolando il paese di Gressoney, è stata rimossa e i bollettini valanghe della zona hanno abbandonato i toni del rosso scuro dei pericoli più elevati.
La valanga è stata causata dalle ingenti precipitazioni nevose che hanno caratterizzato l’intero arco alpino occidentale ed è diventata virale oltre che per l’imponenza e maestosità della sua discesa, per aver depositato un volume di neve alto più di sei metri sulla strada a fondovalle bloccando gli spostamenti di centinaia di persone.
Per comprendere meglio ciò che è successo abbiamo intervistato Paola Dellavedova, coordinatrice delle attività dell’ufficio neve e valanghe di Fondazione Montagna Sicura e dal 2011 al 2015 coordinatrice del gruppo previsori AINEVA.
In termini di innevamento del territorio regionale della Valle d'Aosta nel corso di questa stagione, Dellavedova spiega “fino a quest'ultima precipitazione avevamo un buon innevamento sulla dorsale Nord-Ovest, sui settori a confine con la Svizzera e con la Francia, ma eravamo decisamente più carenti nella zona del Monte Rosa e la parte più a sud di confine col Piemonte”. In questo contesto “in alcune valli del Gran Paradiso e nello specifico della Valle di Gressoney, i quantitativi di precipitazione di quest'ultima nevicata è come se fossero stati, a tutti gli effetti, una prima nevicata a tutti gli effetti in quel settore”.
Ad ogni modo “la forte nevicata arrivata nel weekend era prevista e quindi ha permesso di poter allertare le Commissioni Locali Valanghe e tutto il sistema di Protezione Civile con adeguatezza - spiega Dellavedova - infatti le Commissioni si sono mosse per chiusure preventive”.
“La perturbazione ha portato dei quantitativi che hanno raggiunto i 170 centimetri in tre giorni di precipitazione e quindi ci aspettavamo questa tipologia di eventi valanghivi, che sono ricorrenti. In questo caso, il tempo di ritorno si attesta attorno ai 15 anni”. Infatti, la valanga di Gaby è una valanga nota e ricorrente: “Abbiamo documentazione storica, da catasto, dagli anni 70 in poi, ma era attiva anche prima. Per avere un riferimento più chiaro negli anni più recenti è scesa nel 2013 e nel 2012, ma anche nel 2010, 2008, 2009”.
Essendo una valanga ricorrente e nota, tempo fa è stata realizzata un'opera paravalanghe, e nello specifico la galleria che abbiamo visto nelle foto diventate virali “però chiaramente a seconda della magnitudo - ovvero dell'intensità dell'evento valanghivo - può succedere che la galleria sia sufficiente per contenere la valanga, che venga deviata e che vada ad ostruire la strada regionale - nei casi di magnitudo maggiore - come è successo proprio lo scorso fine settimana”.
Un evento di grandi dimensioni come quello del 3 marzo si era verificato l’ultima volta il 5 marzo 2009, ed era stato caratterizzato da una magnitudo ancora più elevata. “Anche negli anni successivi l'evento si è sempre verificato - chiarisce Dellavedova - ma non ha fatto clamore perché si è fermato o poco a monte della galleria paravalanghe oppure sulla stessa galleria, senza diciamo influire sulla viabilità”. L’esperta sottolinea come non si tratti di “un evento eccezionale, ma di un evento noto, che si verifica con quantitativi di precipitazione importanti e che richiede una specifica gestione”. Le Commissioni locali valanghe, che hanno in gestione di aree antropizzate e di specifici siti valanghe, si occupano proprio della gestione di eventi di questo tipo.
Andando nel dettaglio del confronto con l’ultimo evento notevole, quello del marzo 2009, Dellavedova spiega che “la precipitazione dello scorso weekend è stata una precipitazione con un limite neve più alto, perché è partito inizialmente dai con un deposito importante da sopra dei 1600 metri, mentre nel 2009 la quota neve era proprio sul fondovalle e in generale le temperature erano molto più basse”.
La criticità si sta risolvendo, spiega Dellavedova: “L'intensità maggiore si è conclusa lunedì pomeriggio, quando è stata rimossa la massa di neve che ostruiva la strada e il traffico è ripreso, anche se ci sono state ancora delle finestre di chiusura la scorsa notte dovute alle condizioni meteorologiche di vento forte”. Grazie al sorvolo fatto in elicottero lunedì pomeriggio “appena c'è stata una schiarita” per controllare i diversi bacini valanghe “è stato possibile avere un quadro della situazione di ciò che aveva scaricato”. Al momento il manto nevoso si è consolidato “grazie alle temperature negative che, in questa condizione di manto nevoso umido, ha permesso di stabilizzarlo”. Quanto ai prossimi giorni “ci aspettiamo che le temperature rimangano basse, cristallizzando la condizione attuale, mentre attendiamo l'evoluzione nel weekend, perché sono previste ulteriori precipitazioni”. Allo stato attuale ci sono le condizioni di sicurezza “ma rialzi termici o ulteriori apporti nevosi potrebbero cambiare questa situazione”.
Dellavedova ha chiarito anche la differenza tra gli effetti di una prima abbondante nevicata al suolo e quelli di una nevicata su un vecchio manto nevoso: “Una prima nevicata al suolo con quantitativi forti, come in questo caso, crea comunque una condizione di instabilità che poi verosimilmente si risolve in modo rapido. La maggiore criticità si verifica quando la precipitazione è in corso: man mano che il manto nevoso si deposita, può innescarsi la condizione di instabilità e possono quindi verificarsi gli eventi valanghivi”. Invece, se una nevicata forte avviene su un vecchio manto nevoso “potrebbe verificarsi una condizione più grave, perché il manto nevoso ha uno spessore maggiore e potrebbe avere al suo interno degli strati deboli”. In questi casi, quando il sovraccarico della neve fresca è tale da destabilizzare anche il vecchio manto nevoso, la massa di neve - e quindi la magnitudo dell'evento - ha una dimensione maggiore perchè ingloba il vecchio manto ed è in grado di propagare di più. In sostanza, “la differenza maggiore è che potrebbe staccarsi prima, perché la sollecitazione sul manto agisce su uno strato debole, oppure può continuare a caricare il manto e poi però, ad un certo punto, per forza di gravità, deve scendere per forza a valle”. Quindi la differenza tra una grossa nevicata su un manto nevoso oppure su suolo nudo è nella magnitudo dell’evento che ne scaturisce. “Tutto sommato il fatto che, in questo caso, non ci fosse neve al suolo è un bene, infatti la magnitudo dell'evento non è stata così importante, come è successo nel 2009 quando c'era già della neve al suolo”.