Chiude il “Bob bar” di Cortina per fare posto alla pista: i montanari vengono sgomberati dalla montagna
Il masterplan della pista originale, consegnato con il report delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026 prevedeva il rifacimento del “Bob bar” nello stesso piazzale dove si trova ora. Era uno degli edifici ancillari alla pista così come il museo. Nel nuovo “progetto light” la ricostruzione dell'edificio del bar non è più prevista. Al suo posto una semplice “sistemazione della piazza con livellamento”
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Tre giorni per sgomberare tutto, massimo cinque. Una manciata di giorni per togliere sedie e tavoli, impacchettare i bicchieri e i taglieri, togliere dal muro le fotografie autografate da Eugenio Monti, spegnere il fuoco della stufa a mattoni, pulire la cucina, svuotare il frigo e il bancone. Del cibo che avanza si penserà dopo cosa farne, intanto bisogna chiudere tutto e in fretta. Renzo e Francesca Costantini, gli storici gestori del "Bob bar" di Cortina hanno avuto 72 ore per chiudere in qualche scatolone una vita di ricordi e i ricordi di una vita legata al bob e alla pista "Eugenio Monti". Il loro bar, aperto il 13 dicembre 1985, ha chiuso i battenti qualche giorno prima dell’inizio dei cantieri per la nuova pista.
Il “Bob bar”, una casetta di legno stile chalet alpino, verrà rilocata ma ancora non si sa se verrà ripristinata o se verrà dimenticata del tutto. Di questo non si è parlato e non si hanno le idee chiare.
Il masterplan della pista originale, consegnato con il report delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026 prevedeva il rifacimento del “Bob bar” nello stesso piazzale dove si trova ora, era uno degli edifici ancillari alla pista così come il museo. Nel nuovo progetto esecutivo, datato 15 dicembre 2023, tra le modifiche per ottenere il famoso “progetto light”, la ricostruzione dell'edificio del bar non è più prevista, così come il museo e alcuni parcheggi alla partenza della pista (con conseguente riduzione del taglio boschivo). Al suo posto si trova una semplice “sistemazione della piazza con livellamento”.
Costantini non è il primo ampezzano a risentire direttamente della cattiva gestione politica della questione "pista". Nel giugno 2023 un suo vicino, Mirko Gardini, proprietario dell’"Adventure Park" si era visto costretto a smontare in breve tempo tutto il parco prima di lasciare spazio al cantiere. Due attività che hanno dovuto abbandonare in fretta durante il rimbalzo delle responsabilità politiche: comune, regione, governo, Cio. Il sindaco Lorenzi si trova sicuramente tra l’incudine e il martello e le sue ultime interviste a Radio24 fanno intendere come nella conca ampezzana non si prenda alcuna decisione che riguardi i suoi concittadini. Resta in ogni caso la speranza che il primo cittadino riesca a garantire una soluzione futura a chi, con l’arrivo della pista, si è visto portare via anni di lavoro.
La fretta tutta politica di dover consegnare la pista in 600 giorni ha dimenticato chi, proprio a Cortina, questa pista l'aveva sostenuta dall'inizio e che la vedeva di buon occhio per la propria attività. Trentasei ore sono una miseria per chiudere un bar, eppure il cronoprogramma parla chiaro: il piazzale di arrivo serve per il cantiere, così come non servono i larici della collinetta di località Ronco. Saranno le prime cose ad essere rimosse per fare largo alla “pista light”.
Lo sgombero nel giro di pochi giorni e la chiusura di attività legate al territorio rimandano ad altri tempi: esistono sempre colonizzatori e colonizzati solo che oggi i colonizzati sono gli abitanti delle località di montagna impattate dalle grandi opere (siano esse sportive o infrastrutturali). Sessant'anni dopo gli scritti di Tina Merlin l'impressione è che sia cambiato ben poco nelle dinamiche di potere tra lo Stato, le organizzazioni rappresentative dell'industria e i territori, e di come ancora non si riesca a investire in infrastrutture utili al cittadino definendo prima con i cittadini stessi quali sono i servizi che servono realmente alle comunità. Lo sgombero del "Bob bar" è lo sgombero del montanaro dalla montagna per lasciare posto al profitto e, in questo caso, all' "orgoglio italiano" fatto di calcestruzzo.
Di questa frenesia pre-olimpiade verranno ricordate poche cose e tra queste la violenza con cui la politica guarda e tratta le sue aree periferiche, in primis la montagna. La stessa politica che in montagna promette sviluppo, sicurezza e prosperità ma che alla fine lascia solo dei “piazzali vuoti con livellamento”.