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"Un punto di accoglienza per chi fugge dalle città": Sofia Bolognini e l’esperimento metromontano di “Resinelli Tourism Lab”

I Piani Resinelli sono senza dubbio una delle località più emblematiche delle Alpi lombarde. Oggi cercano di invertire una sorte altrimenti segnata anche grazie a "Resinelli Tourism Lab", che propone e sperimenta nuovi modelli di sviluppo turistico partendo da presupposti culturali differenti. Ne parliamo con Sofia Bolognini, co-fondatrice dell'associazione

di
Luca Rota
30 settembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

I Piani Resinelli sono senza dubbio una delle località più emblematiche delle Alpi lombarde. Posti a 1300 m di quota a un’ora d’auto da Milano e ai piedi delle celeberrime Grigne, sono stati culla dello sci (nel 1913 vi si disputò il primo campionato italiano assoluto) e poi dell’arrampicata su roccia, ma col tempo sono scivolati nelle dinamiche del turismo più massificato e degradante. Oggi cercano di invertire una sorte altrimenti segnata anche grazie a "Resinelli Tourism Lab", che propone e sperimenta nuovi modelli di sviluppo turistico partendo da presupposti culturali differenti. Ne parliamo con Sofia Bolognini, co-fondatrice dell'associazione.

 

Come è nato Resinelli Tourism Lab e soprattutto perché avete sentito il bisogno di creare un “laboratorio turistico” per una località così significativa e nota come i Piani Resinelli?

 

L’idea ci è venuta subito dopo la fine del primo lockdown da Covid-19. Complice l’inaugurazione di un’attrazione turistica di massa (una passerella panoramica a strapiombo nel vuoto, che è subito diventata oggetto di reel da migliaia di views), nel momento delle riaperture l’intensità dei flussi ha rapidamente superato la capacità di carico della località. Colonne di automobili, grandi quantità di spazzatura abbandonata sui sentieri: i segni più evidenti lasciati dall’overtourism, che ormai abbiamo imparato a riconoscere. Ma ci sono anche segni meno evidenti: la progressiva perdita dell’identità e della memoria storica locale, i disagi vissuti dalla comunità residente. I Piani Resinelli sono sempre stati una località attrattiva: il turismo, però, ha tanti volti. Da un lato può contribuire a generare ricchezza per chi vive e lavora sull’altopiano; dall’altro, può cannibalizzare le risorse, distruggendo i servizi per i residenti e favorendo lo spopolamento. Dopo gli anni d’oro dell’alpinismo, questo luogo è stato la culla dello sci alpino lombardo. Sono ancora visibili i resti degli impianti dismessi, i grandi alberghi abbandonati tra cui il grattacielo, icona di un modello turistico che ha fatto grandi danni prima di collassare e fallire. Fin da subito, quindi, siamo nati con l’idea di sperimentare nuovi modelli di sviluppo turistico, partendo da presupposti culturali differenti.


Panorama dei Piani Resinelli dai contrafforti della Grigna Meridionale. Immagine di Valeria Viglienghi tratta da montagnelagodicomo.it

Di recente vi siete costituiti APS, Associazione di Promozione Sociale. Un obiettivo che finalizza la prima parte di vita della vostra realtà e al contempo rappresenta l’inizio di un nuovo percorso, conseguente al primo ma certamente pure diverso. Perché avete intrapreso questa decisione e qual è il piano d’azione che avete immaginato per il “nuovo” Resinelli Tourism Lab?

 

I Piani Resinelli non sono un piccolo Comune di montagna, ma un territorio diviso in 4 comuni e due comunità montane diverse. Per un motivo o per l’altro, è sempre mancata una comunità locale vera e propria. Quando siamo nati speravamo di poter attrarre attorno al progetto questa comunità ancora invisibile, aiutandola ad emergere. E così è accaduto: nel tempo, le persone sono arrivate. Oggi l’associazione nasce per essere un punto di riferimento sul territorio: tra i soci ci sono residenti, proprietari di seconde case, esercenti e operatori, ma anche appassionati, persone che amano il territorio e desiderano prendersene cura mettendo a servizio le proprie competenze. Il “nuovo” Resinelli Tourism Lab è un corpo collettivo, che si muove sul territorio interpretando i bisogni di una comunità sfaccettata: persone con background ed esperienze diverse, competenze professionali, aspirazioni, desideri e aspettative.


Fondatori e referenti dei tavoli di lavoro di Resinelli Tourism Lab nel giorno della presentazione dell'APS, il 30 agosto 2024. Immagine tratta da facebook.com/resinellitourismlab

Cosa sono i Piani Resinelli, dal vostro punto di vista? Quali le potenzialità e quali le criticità che presenta un luogo così particolare e per certi versi raro (è l’alta montagna più vicina in assoluto a Milano) e come si possono e devono - o dovrebbero - gestire, secondo voi?

 

Senza dubbio, i Piani Resinelli sono la Grignetta. La Grigna è l’orizzonte di questo luogo, il suo carattere, la sua anima. È una montagna iconica, il simbolo cult per la vicina Milano, la riproduzione in scala del suo Duomo. Le fragilità riguardano l’affastellamento istituzionale e la facilità con cui a fasi alterne nel tempo si è scivolati verso un modello turistico estrattivo, diverso nei modi ma identico nella sostanza. Dai tempi dello sci a quelli della passerella panoramica. In un’ora e mezza è possibile partire da Milano e arrivare in Grigna. Una prossimità che può potenzialmente trasformare i Piani Resinelli in un vero laboratorio di innovazione metromontano. Il termine “Lab” per noi è molto importante. Fin da subito, siamo nati con l’idea di fare dei Resinelli laboratorio per un'Altra montagna. In questi anni abbiamo collaborato con università e centri di ricerca, abbiamo ospitato studenti e studentesse, nomadi digitali e smart workers. La possibilità di sperimentare processi di innovazione civica e costruire un ponte tra le terre alte e la metropoli urbana qui ha una dimensione di concretezza anche geografica. Con l’orizzonte del cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, i Piani Resinelli possono essere un punto di accoglienza strategico per i migranti verticali in fuga dalle città sempre più torride: vorremmo che il territorio fosse gestito con questa prospettiva, ovvero quella di rafforzare i servizi per rendere possibili diverse forme di abitanza.


Veduta invernale della Grigna Meridionale o Grignetta, 2184 m, con le sue innumerevoli guglie; alle spalle la Grigna Settentrionale o Grignone, 2410 m. Foto di Isaac Maffeis su Unsplash

Come si pone Resinelli Tourism Lab nei confronti delle istituzioni pubbliche che amministrano i Piani Resinelli? Al netto dell’ovvia e necessaria collaborazione, quale pensate debba essere la migliore e più benefica sinergia tra pubblico e privato per il luogo?

 

Vito Teti nel suo libro sulla restanza parla di un aspetto che per noi è molto importante: il conflitto. Il conflitto è la chiave per comprendere il fenomeno della restanza: non un’accettazione passiva dell’esistente, ma una spinta a trasformare attivamente la realtà. Secondo Vito Teti, non può esserci restanza senza un certo grado di conflittualità: quando si innescano dinamiche alternative, è naturale che emergano delle resistenze. Noi come collettivo abbiamo agito da sempre un conflitto, speriamo positivo, con le istituzioni. E lo abbiamo fatto perché crediamo che sia indispensabile mettere in discussione alcune visioni che sono rimaste sostanzialmente invariate per decenni. La collaborazione può passare anche attraverso il conflitto, lo vediamo nella quotidianità: è di pochi giorni la notizia che il trasporto pubblico infrasettimanale è stato sospeso. Una notizia tragica, perché significa che la località resterà ancora più isolata. Non appena lo abbiamo saputo, abbiamo sollevato la questione con forza: anche se lo scontro a volte ha dei toni accesi, crediamo che questo sia il vero spirito del cambiamento. Negli ultimi anni assistiamo allo strano fenomeno per cui le amministrazioni comunali si comportano come aziende. Fanno marketing e comunicazione, organizzano eventi, confezionano pacchetti viaggio, creano campagne di marketing sensazionaliste spendendo budget elevatissimi, per dare vita a progetti che poi inevitabilmente si spengono non appena le risorse finiscono. I servizi turistici sono generalmente affidati tramite gara di appalto: questo genera dei corto circuiti sui territori, come è accaduto con la gestione del Parco Avventura, delle Miniere o dell’ufficio turistico. Crediamo che invece i Comuni debbano collaborare con gli operatori esistenti senza sostituirsi a loro. Sostenere e supportare le iniziative imprenditoriali con un occhio di riguardo per i giovani che scelgono di investire sulle terre alte, garantendo una continuità nei servizi offerti alla comunità, possibilmente premiando le aziende e le realtà locali.


Una veduta "tipica" dei Piani Resinelli nei fine settimana, con piazzali e vie ingombre di autovetture

Presentando la costituzione dell’APS, avete posto l’accento sull’importanza del coinvolgimento della comunità locale nelle dinamiche decisionali del luogo Come pensate di realizzare questo coinvolgimento, e con quali finalità?

 

Crediamo tantissimo nella capacità delle comunità locali di autodeterminarsi. Con l’associazione, ci auguriamo di rimettere al centro questa “competenza diffusa”, rinsaldando una rete di relazioni e legami. Il nostro primo obiettivo è realizzare una mappatura del territorio. Capire chi sono i residenti e quali sono i loro bisogni, i loro desideri. E poi fare in modo che queste persone si conoscano tra loro, che abbiano l’opportunità di trascorrere del tempo insieme e collaborare su idee e progetti comuni. Creando dei tavoli di lavoro permanenti, speriamo di poter costruire una cabina di regia collettiva che periodicamente si incontri per progettare e animare il territorio. Non solo dal punto di vista dello sviluppo turistico, ma dei servizi, dell’offerta culturale, dell’animazione territoriale a tutto tondo.

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