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Attualità

La macchina degli operai viene presa a fucilate: un segno di ostilità verso la nuova diga? La transizione energetica passa dal coinvolgimento della popolazione

Se l'inchiesta di Report della scorsa settimana ha portato alla luce le criticità e l’aspetto predatorio di alcuni progetti eolici e fotovoltaici in Sardegna, rimane in ombra il tema dello sviluppo dell’idroelettrico. Progetti ambiziosi ma controversi che rischiano di trasformare ulteriormente il volto dell'isola senza un'adeguata riflessione sulle conseguenze per l'ambiente e le comunità e sulla necessità di stoccare acqua in una regione afflitta da una siccità quasi cronica

di
Michele Argenta
28 novembre | 18:05
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Richieste per nuovi parchi eolici, impianti fotovoltaici nelle ex miniere, il controverso progetto di una nuova diga nel Comune di Orgosolo: in Sardegna, l'equilibrio tra sviluppo sostenibile e salvaguardia delle comunità locali appare più precario che mai. La giunta regionale ha emanato in tempi record un decreto che identifica le aree idonee per le rinnovabili (veramente poche in tutta la regione) mentre una macchina di alcuni operai del cantiere dell’invaso sopracitato è stata bersaglio di alcuni colpi di fucile. La transizione energetica, mal gestita e imposta dall'alto senza il coinvolgimento delle popolazioni locali, sta svelando i suoi lati più oscuri sull'isola.

 

 

La travagliata storia della diga di Cumbidanovu 

 

Se l'inchiesta di Report della scorsa settimana ha portato alla luce le criticità e l’aspetto predatorio di alcuni progetti eolici e fotovoltaici in Sardegna, rimane in ombra il tema dello sviluppo dell’idroelettrico. Progetti ambiziosi ma controversi che rischiano di trasformare ulteriormente il volto dell'isola senza un'adeguata riflessione sulle conseguenze per l'ambiente e le comunità e sulla necessità di stoccare acqua in una regione afflitta da una siccità quasi cronica

Il caso della diga di Cumbidanovu è emblematico e la sua storia è a dir poco travagliata. L’invaso, di una capacità di 13,32 milioni di metri cubi e situato nel comune di Orgosolo (Nuoro), servirà come accumulo per l’irrigazione di circa 2800 ettari del territorio circostante con una minima parte di produzione di energia elettrica (valore non ancora definito sui progetti presentati e disponibili). La progettazione del bacino, richiesta dal Consorzio di bonifica della Sardegna centrale, inizia nel 1986. Nel 1989 si avviano i primi lavori che vengono stoppati dopo pochi anni a seguito di un contenzioso. Il secondo appalto, del 2003, finisce con il fallimento della ditta appaltatrice. Passano gli anni e il cantiere inizia a diventare parte del paesaggio di Orgosolo mentre la diga incompiuta passa di appalto in appalto fino all’ultimo bando del 2023 vinto dall’impresa vicentina ICM Spa. Il costo dell’opera sale dai 50 milioni di Euro previsti inizialmente fino a 126 milioni di euro attuali (di cui 47,5 milioni arrivati dal governo nel 2022). 

Proprio un’auto dell’impresa designata di portare a termine lo sbarramento viene presa di mira negli ultimi giorni mentre gli operai si trovano a pranzo, a pochi giorni dal riavvio dei lavori, chiaro segnale di un’ostilità territoriale verso questo progetto nonostante la reale e sempre più urgente necessità di bacini idrici nell’isola.

 

 

La siccità in Sardegna e la necessità di bacini idrici

 

Ridurre la discussione energetica ed idrica della Sardegna a dei soli movimenti NIMBY (dall’inglese “Not In My Back Yard”, traducibile come “non nel mio giardino”) pone il rischio di perdere di vista la questione più grande e complessa che è quella climatica trattata in modo neo-coloniale, calando dall'alto soluzioni senza permettere alla popolazione di digerire la novità e di comprendere la valenza delle iniziative. 
Il problema della siccità rimane comunque da trattare con urgenza. L’isola, insieme alla Sicilia, è in uno stato di siccità ormai da qualche anno, che vira verso una situazione cronica. 

Nel bollettino degli invasi, aggiornato al 31 ottobre 2024, su 29 invasi sparsi per la regione solo 2 risultano a un livello di vigilanza (dove è opportuno controllare i consumi portandoli ad un primo livello di riduzione che non determina svantaggi agli utenti). Altri 24 invasi sono ad un livello di pericolo (dove è necessario gestire in modo proattivo l’eventuale persistenza del periodo secco e contestualmente devono essere attivate le previste misure di mitigazione) mentre 3 invasi risultano in livello di emergenza. Le piogge degli ultimi giorni hanno portato un po’ di sollievo nella zona centrale della regione ma questo non basta: servono progetti concreti per non disperdere la poca acqua che cade in modo disomogeneo sul territorio.

Se questo è il quadro idrico regionale a +1,2°C di riscaldamento globale quello che ci aspetta nei prossimi decenni è un aumento dell’intensità e della frequenza di questi eventi estremi, siccità e grandi precipitazioni comprese. Perciò, laminare le piene e raccogliere acqua per i periodi siccitosi sarà sempre più importante, non solo per la Sardegna. 

Discutere di soluzioni come dissalatori, nuovi invasi, miglioramenti nella rete di distribuzione e nell’irrigazione è cruciale per il futuro idrico dell’isola. È altrettanto indispensabile che questa discussione si basi su un’analisi delle reali necessità e si traduca in politiche idriche sostenibili e coordinate, capaci di rispondere alle esigenze sia a breve che a lungo termine.

 

 

Far dialogare territori, scienza e politica

 

La disaffezione dei territori verso le politiche regionali e nazionali, alimentata dalla sensazione di decenni di cattiva gestione del territorio e delle risorse economiche, ha eroso anche la fiducia nella realizzazione delle grandi opere e del perché queste opere siano necessarie. Diventa quindi indispensabile ricostruire il tessuto sociale, mettendo al centro il dialogo tra cittadinanza, scienza e politica. Gli invasi sul territorio rischiano di essere percepiti come parte di una nuova "colonizzazione idrica" che, come quella energetica, potrebbe portare ad una sottrazione delle risorse senza generare benefici concreti per le comunità locali. È tempo di discutere apertamente di vantaggi, opportunità economiche e lavorative legate alla transizione energetica e all’adattamento climatico dei territori. Questo sarà, senza dubbio, il tema dominante dei prossimi decenni, ma va affrontato con un approccio di giusta transizione, che metta al centro le esigenze e il coinvolgimento diretto dei cittadini.

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