Intelligenza artificiale per andare a funghi: ne avevamo bisogno? Così si elimina il valore dell’incognita
(L'editoriale) Tali suggerimenti artificiali cancellano quella componente fatta di passaparola e di esperienze tramandate che anticipa o segue l’uscita. Ma soprattutto l’incertezza che motiva ogni passo, che stimola ogni sguardo, che innesca un benefico stato di concentrazione sfuma, andando ad alterare il valore di un’esperienza ricca di significato anche quando il bottino è misero
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Qualche giorno fa sono andato a funghi insieme a un amico che vedo saltuariamente perché abita in un’altra regione. L’ho portato in una porzione di bosco un po’ scomoda da raggiungere, ma che in rare occasioni mi ha tradito: dopo le piogge che hanno battuto il nord Italia ero certo quindi di raccogliere il giusto senza troppa fatica.
“Stasera mangiamo un bel risotto”, ci siamo detti superando la soglia del bosco, tuttavia, di lì a breve, le nostre speranze si sono infrante in una pressoché totale assenza di funghi. Niente di niente: né buoni né velenosi. Eppure l’occhio non si arrendeva e per un po’ abbiamo continuato a vagare in silenzio, distanti l’uno dall’altro, nella speranza di scorgere un cappello bruno sbucare tra le radici o tra il muschio umido.
Quel silenzio carico di concentrazione custodisce forse uno degli elementi più affascinanti dell’andare a funghi: l’incognita. Proprio grazie all’incertezza continuiamo a perlustrare il bosco anche quando è evidente che ha poco da offrirci. Lo sguardo attento ci distoglie dai pensieri più mesti e per qualche ora si prende fiato all’ombra delle chiome. Ogni tanto un sussulto di felicità, qualche volta un falso allarme (l’inganno di un’ombra, la lontananza, un richiamo nella tonalità), spesso uno scandagliare privo di risultati.
Se si torna a casa a mani vuote la delusione svanisce in breve per lasciare spazio al commento, al confronto, all’indagine. Si consulta chi ne sa di più (senza entrare nei dettagli, per non svelare le proprie zone); si scopre di aver setacciato la quota o i versanti sbagliati, di essersi introdotti in un bosco già ispezionato da altri. Così si ripresenta la voglia di tornare tra gli alberi. Un desiderio probabilmente innescato proprio dall’incertezza, che dona un significato anche alle esperienze meno fruttuose.
Questo discorso ovviamente vale soprattutto per chi va a funghi per passione (non per lavoro) e, malissimo che vada, sostituisce il risotto con una pastasciutta.
Sorge quindi spontanea una domanda: se viene eliminata l’incertezza, cosa rimane dell’esperienza? Nell’era di internet, come riportato su IlDolomiti, è nata una "mappa interattiva e costantemente aggiornata che permette di scoprire subito dove e quando nasceranno i funghi" e finalizzata scongiurare il rischio di "tornare a casa a mani vuote".
La tabella, si legge nel sito di Geoticket, è "basata sull'intelligenza artificiale" ed è progettata per aiutare a ottimizzare la raccolta. "Incrocia milioni di dati - riferisce ancora IlDolomiti - riguardanti piovosità, altitudine, esposizione solare e tipo di foresta per offrire una visione completa e dettagliata della crescita fungina in Italia".
A leggere queste descrizioni sembra quasi che un’uscita dai tempi dilatati o priva di raccolto trasudi inutilità e fallimento. Una percezione corroborata dalle parole di Francesco Biacchi, Ceo di Geoticket, che sempre a IlDolomiti afferma: "L'esperienza e i chilometri da percorrere nei boschi, sono prerogative che non saranno mai sostituibili. Ma con uno strumento simile si riducono i rischi di tornare a mani vuote, migliorando la giornata di raccolta e permettendo, perché no, un notevole risparmio su viaggi a vuoto, regalando sempre la migliore uscita a funghi di sempre".
E così - senza soffermarci sul rischio sovraffollamento o sul grande richiamo che queste iniziative possono avere anche tra i meno esperti - il valore quantitativo si impone su quello esperienziale. Perché se è vero che un cesto pesante dà più soddisfazione rispetto a un cesto vuoto; se è vero che l’occhio bisogna comunque gettarlo al suolo (e non sulla bancarella della frutta e verdura); tali suggerimenti artificiali eliminano quella componente fatta di passaparola e di esperienze tramandate che anticipa o segue l’uscita. Ma soprattutto l’incertezza che motiva ogni passo, che stimola ogni sguardo, che innesca un benefico stato di concentrazione sfuma, andando ad alterare il valore di un’esperienza ricca di significato anche quando il bottino è misero.