Cortina: l'albero di Natale di plastica sta facendo discutere. "È un messaggio negativo"; "Abbiamo salvato una pianta". Ma il problema è negli eccessi
Dopo l’abete donato al Papa, prelevato in Val di Ledro per essere trasportato al Vaticano, ora a gettare benzina sul dibattito è un albero in plastica, istallato a pochi passi dal centro di Cortina. Il problema non è il taglio e nemmeno il materiale, ma la quantità?
Albero di Natale vero o albero di Natale di plastica?
Puntuale, ogni fine novembre, il dibattito divampa in un ampio ventaglio di opinioni. Così, mentre le città e i paesi si agghindano a festa, nei social ci si affronta – in pieno spirito natalizio – in feroci battaglie a colpi di like e commenti.
Per evitare di impaludarsi nella disputa, è quindi necessario affidarsi all’esperienza di chi si occupa di promuovere una gestione forestale sostenibile. In questo caso Pefc Italia. Secondo l’ente, ''gli alberi di Natale veri, se provenienti da vivai specializzati o da foreste e boschi gestiti in maniera sostenibile, sono la scelta migliore e che assicura il minore impatto ambientale, specialmente se confrontati con le alternative in plastica che, a fine vita, diventano rifiuti difficili da smaltire''.
A gettare benzina sul dibattito, dopo l’abete donato al Papa, prelevato in Val di Ledro per essere trasportato al Vaticano, è ora un albero in plastica, istallato a pochi passi dal centro di Cortina.
Come mai – si stanno chiedendo in molti – bisogna servirsi della plastica quando si fa di tutto per eliminarla? Non è un messaggio negativo? Come mai – si domandano altri – non è stato utilizzato un abete vero, essendo la conca ampezzana circondata da boschi? Come mai – si è lamentato qualcuno – non è stato utilizzato uno dei larici rimossi per la realizzazione della pista da bob? C’è n’era proprio bisogno, considerato che un albero vero ci sarà?
Ma c’è anche chi ha gradito l’iniziativa, sostenendo che in questo modo si sarebbe salvata una pianta.
Leggendo le diverse opinioni, ho provato in tutti i modi a non inciampare nel terreno infido del benaltrismo, nella piena consapevolezza che è sempre scorretto eludere un problema sostenendo che ce ne sono altri, più gravi, da affrontare. Ma niente, non ci sono riuscito. Forse perché non riesco a comprendere fino in fondo la polemica sugli alberi di Natale; forse perché, se proprio bisogna andare al nocciolo della questione, non è certo un singolo albero ad evidenziare il carattere consumista assunto dal Natale: tonnellate di imballaggi, spreco di cibo, luminarie attive con un mese e mezzo di anticipo, centinaia di macchine che, come mosche, ronzano attorno ai centri commerciali, e così via.
Forse, dopo questo "sfogo" pregno appunto di benaltrismo, si può tornare agli alberi di Natale con un’ultima riflessione: il problema non credo sia il taglio e, perché no, il materiale (il legno o la plastica, anche se abbiamo capito che è meglio il legno), ma la quantità.
Abbiamo davvero bisogno di alberi di Natale in ogni incrocio, in ogni rotatoria, in ogni via? Non ne basterebbe uno, ben decorato, per paese, città o quartiere, nel caso di realtà metropolitane più ampie?
Solo passando dalla cultura dell’addizione, a quella della sottrazione, il Natale potrà tornare a essere un faro di sobrietà; luce preziosissima per una società che sta naufragando negli eccessi.
Antropologo e scrittore interessato ai contesti alpini. Nel 2020 inizia a curare il blog Alto-Rilievo / voci di montagna. Ha lavorato per il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua. Ha riorganizzato e curato i contenuti della testata online del Club alpino italiano Lo Scarpone. Oggi collabora con Il Dolomiti curando il quotidiano online L’AltraMontagna. Ha pubblicato Sottocorteccia, un saggio-diario sull’emergenza bostrico scritto a quattro mani con Luigi Torreggiani. Ha curato Scivolone olimpico, un volume sulla vicenda della pista da bob in programma di realizzazione a Cortina.