Come saranno i rifugi alpini nel 2050? Se lo chiede il Club Alpino Svizzero. Parole d'ordine: essenzialità e impatti minimi
Pensare a come sarà un rifugio alpino nel 2050 prevede di fare un ragionamento al contrario e di spogliare questi spazi da tutto quello che è superfluo mantenendo elevati standard di efficienza energetica e di benessere degli alpinisti e delle famiglie. Come sarà il rifugio alpino a metà secolo se l’è chiesto il CAS (Club Alpino Svizzero) che insieme alla Berner Fachhochschuledi di Berna ha cercato di trovare delle visioni e soluzioni innovative
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Se pensiamo a come saranno le nostre case nel 2050, potremmo pensare a degli spazi dove la tecnologia è onnipresente. Domotica, AI, integrazione con fonti rinnovabili e verde. Pensare a come sarà un rifugio alpino nel 2050 prevede di fare un ragionamento al contrario e di spogliare questi spazi da tutto quello che è superfluo mantenendo elevati standard di efficienza energetica e di benessere degli alpinisti e delle famiglie.
Come sarà il rifugio alpino a metà secolo se l’è chiesto il CAS (Club Alpino Svizzero) che insieme alla Berner Fachhochschuledi di Berna ha cercato di trovare delle visioni e soluzioni innovative.
Guidate dal professor Hanspeter Bürgi, il progetto “Vision d’avenir des Alpes: perspective des cabanes du CAS en 2050” (in italiano Visione del futuro delle Alpi: prospettiva dei rifugi del CAS nel 2050) ha raccolto le sfide che la montagna del futuro prossimo impone di considerare: la degradazione del permafrost, la scarsità d'acqua, lo scioglimento dei ghiacciai, l’accessibilità e la produzione energetica in loco senza però dimenticare la storia dei rifugi esistenti nelle Alpi svizzere che dovranno essere adattati alle questioni future.
Partendo dai modelli scientifici e dagli studi contenuti nel “Profiles of the Alps” elaborati nei workshop di Vogt/Kissling dell'ETH di Zurigo, i progetti degli studenti per una nuova idea di rifugio possono portare una visione moderna e aperta sul concetto di rifugio che abbiamo avuto fino adesso. L’idea di integrare i servizi e i prodotti locali, di autosufficienza energetica e la minimizzazione dell’impatto che questi edifici dovranno avere sul territorio circostante (come l’utilizzo di materiali riciclabili in loco) è alla base del progetto.
Cosa servirà ai rifugi nel 2050?
Studiando i progetti degli studenti ci si interroga anche se i rifugi del futuro dovranno seguire la linea dei ghiacciai che va via via sempre spostandosi verso l’alto oppure come rendere autonomi i rifugi senza l’uso (e a volte l’abuso) degli elicotteri per l'approvvigionamento dei prodotti essenziali. L’innalzamento della linea vegetativa dovrà essere considerata nell’adattamento dei rifugi esistenti che, insieme al cambiamento del paesaggio, potrebbe essere sfruttato per una nuova offerta turistica o per l’autoproduzione di alcuni prodotti.
Questi problemi non riguardano solo il futuro, sono già presenti in alcuni rifugi elvetici e non solo. Come il rifugio Bouquetins, dove la degradazione del permafrost sta portando ad un assestamento asimmetrico dell’edificio. Nessun rischio per ora ma è già necessario discutere su cosa fare in futuro di questi edifici e questo progetto potrebbe essere il punto di partenza per sviluppare alcune idee uscite da Berna.
Non è troppo presto per discutere di una visione dei rifugi al 2050. La parola “sobrietà” sembra aver preso autonomamente posto dentro i progetti del CAS dove i rifugi gourmet non sembrano avere una vita lunga e prosperosa. L’audacia di guardare al futuro per ripensare i rifugi passa anche dalla necessità di tornare all’essenziale e ad una visione della montagna che minimizza le impronte lasciate.