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Attualità

Cinque sindaci e un centinaio di cittadini occupano la diga per interrompere la fornitura d'acqua, ritenuta ingiusta per le comunità montane

Sui monti Nebrodi, in Sicilia, si stanno verificando le prime "guerre per l'acqua". La crisi idrica sta diventando strutturale e invita a ripensare tutti i settori produttivi

di
Michele Argenta
03 dicembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La mattina del 30 novembre cinque sindaci di altrettanti comuni dei Nebrodi (Troina, Nicosia, Sperlinga, Gagliano Castelferrato e Cerami), accompagnati da un centinaio di cittadini, hanno occupato simbolicamente l’invaso di Ancipa per cercare di interrompere la fornitura d’acqua verso Caltanissetta, ritenendo ingiusta la decisione di fornire la poca acqua dell’invaso ai paesi limitrofi a discapito delle loro comunità, che dipendono esclusivamente da quel serbatoio idrico ormai quasi a secco. Quella che Ansa ha definito una “guerra tra poveri per l’acqua in Sicilia” è sintomo di una crisi più profonda che lega l’aumento delle temperature globali e la cattiva manutenzione del territorio in una delle regioni a statuto speciale più colpite dalla crisi climatica.

 

 

La siccità in Sicilia

 

L’ultimo report che mappa la gravità della siccità in Sicilia risale ad agosto 2024. Poi il silenzio. Il documento, stilato dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, fotografa una situazione alquanto critica nell’isola, dove per il mese di agosto le precipitazioni in tutta la regione sono state praticamente nulle. Non solo: la media di precipitazioni e il volume degli invasi sono ai minimi storici, con l’invaso di Ancipa, teatro dei primi litigi idrici della regione, con un volume ben sotto il minimo storico.

Quasi tutto il territorio siciliano si trova in uno stato di “siccità critica”, mentre alcune zone dei monti Nebrodi sono in “siccità estrema”. Oltre alle scarse precipitazioni, un altro fattore climatico è di grande importanza: l’aumento delle temperature medie globali favorisce l’evapotraspirazione dal suolo e dalle superfici dei bacini, diminuendo così il volume d’acqua disponibile al territorio.

Le recenti precipitazioni non hanno portato il sollievo idrico sperato, mentre uno studio del World Weather Attribution ha stimato un aumento delle temperature nella regione di +1,3°C medi e un aumento della probabilità di siccità del 50%, legato alla crisi climatica attuale e quindi imputabile all’utilizzo dei combustibili fossili. Legare il problema idrico all'approvvigionamento energetico trova in Sicilia il suo filo conduttore, che però non sembra sia così visibile agli occhi dei decisori politici e territoriali.

 

I livelli dell'invaso di Ancipa ad agosto 2024. In azzurro l'anno corrente

 

La cabina di regia

 

Per fronteggiare queste molteplici crisi, una cabina di regia nazionale per l'emergenza idrica, con sede a Roma al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e presieduta dal ministro Matteo Salvini, è stata istituita con il Decreto Legge 39 del 2023 “Disposizioni urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche”.

In Sicilia la cabina di regia regionale è stata istituita appositamente ad aprile 2024 ed è presieduta dallo stesso presidente di Regione, Renato Schifani, che in aprile dichiarò: “La crisi che stiamo vivendo è severa, qui come in altre regioni non solo italiane, ma insieme col governo nazionale stiamo mettendo in campo tutte le misure necessarie anche per risolvere problemi mai affrontati prima. Ci stiamo impegnando al massimo e i risultati si vedranno”. Frase più che mai profetica.

Come azioni di contrasto all’emergenza idrica, la cabina di regia nazionale ha da poco approvato (metà novembre) delle procedure di urgenza per ripristinare tre dissalatori dismessi da oltre dieci anni e installare tre moduli temporanei per un costo di circa 50 milioni di euro per la Regione Sicilia. Il tutto dovrebbe essere pronto entro giugno 2025, mentre già adesso cittadini, agricoltura, turismo e industria sono senza acqua. Per alleviare i costi da scarsità d’acqua, la Regione Sicilia ha stanziato 100 milioni in aiuti all’agricoltura, mentre oltre 3000 nuove richieste sono arrivate negli uffici regionali per interventi di captazione, raccolta e stoccaggio delle acque o mini-desalinizzazione. Proprio la quantità di queste richieste dovrebbe far riflettere sulla difficoltà di tracciamento e mappatura della risorsa idrica regionale che, se spezzettata in mini impianti dislocati, renderà più laboriosa una risposta comune all’emergenza nei prossimi mesi.

 

 

Siccità e scarsa manutenzione, due facce della stessa medaglia

 

Oltre ai problemi legati alla mancanza di precipitazioni, la gestione idrica dell’isola soffre di decenni di cattiva gestione e scarsa manutenzione. Si stima che gli acquedotti regionali perdano circa il 50% della risorsa, con punte fino al 75% ai piedi dell’Etna. Secondo l’Istat, nel 2022 il volume perso negli acquedotti ammontava a circa 339,7 milioni di metri cubi.

La crisi climatica esaspera tutti i problemi di gestione del territorio che fino ad oggi abbiamo trascurato e fa riflettere su alcune politiche idriche prese negli ultimi decenni, come la costruzione di nuovi bacini, la tipologia di irrigazioni, il modello agricolo o quello di manutenzione delle reti esistenti di acquedotto e fognatura.

L’episodio della diga di Ancipa riguarda solo i territori e le comunità che utilizzano l’acqua ma dovrebbe essere allargato ad una visione più ampia, che considera anche i non residenti dell’isola. Negli ultimi anni il turismo di lusso è esploso nell’isola (complici anche alcune produzioni TV di grande successo come The White Lotus) e questo tipo di offerta turistica necessita di molta acqua che, irrimediabilmente, viene sottratta alle economie locali e deve essere contesa con i settori più vulnerabili e con gli ospedali. In agosto un articolo del New York Times riguardante proprio gli impatti della siccità sul turismo isolano provocò le ire della classe politica locale e nazionale, che etichettò come “fake news” l’inchiesta.

"Siamo costretti ad accettare i danni all'agricoltura, ma dobbiamo cercare di non danneggiare il turismo perché sarebbe ancora peggio", ha dichiarato dalle pagine del quotidiano statunitense Salvatore Cocina, capo della protezione civile regionale. Una frase che contiene di per sé la necessità di garantire un settore produttivo in crescita e fondamentale per l’isola, che si dovrà scontrare irrimediabilmente con gli scenari climatici futuri, che vedono nell’acqua il vero oro liquido dell’isola. La politica e i contributi di tutti gli stakeholder locali (agricoltori, servizi sanitari, allevatori, operatori turistici, eccetera) sono essenziali per cercare di capire quali sono gli interventi più urgenti e come allocare le risorse collettive in modo da fronteggiare insieme un problema che di sicuro non verrà lavato via dalla prima pioggia.

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