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Al via a Milano 112 anni fa (alle 2.53 del mattino) il primo Giro d'Italia: vinse Ganna dopo 8 tappe e 2.447,9 chilometri e Cervato fu squalificato per aver preso il treno

Tra una tappa e l'altra erano previsti almeno due giorni di riposo per permettere agli atleti di recuperare dalle massacranti fatiche di ogni singola prova. Nell'ultima tappa Ganna rimase attardato per una foratura, ma recuperò i fuggitivi a 5 chilometri dal traguardo: il gruppetto di attaccanti era rimasto fermo davanti ad un passaggio a livello chiuso. E il ciclista lombardo vinse il Giro

Un'immagine della prima edizione del Giro d'Italia: qui i corridori sono fermi ad un punto di controllo a Rimini
Pubblicato il - 13 maggio 2021 - 18:59

TRENTO. Nel giorno in cui la maglia rosa passa sulle spalle dell’ungherese Attila Walter (e la cosa non capita spesso...), il Giro d’Italia compie 112 anni. Il 13 maggio 1909 prese il via da Milano la prima edizione del Giro: la partenza fu data alle 2.53 del mattino da Piazzale Loreto con 127 corridori iscritti, in rappresentanza di sette team. Cinque erano italiani, la Bianchi (la squadra che fu poi di Fausto Coppi, Marino Basso, Felice Gimondi, Moreno Argentin e Gianni Bugno), la Stucchi, l’Atala, la Rudge e la Legnano e due francesi, la Peugeot e l’Alcyon.

 

Il Giro d'Italia era nato qualche mese prima, per un'intuizione de La Gazzetta dello Sport che, anticipando il Corriere della Sera, aveva deciso d'organizzare una manifestazione ciclistica di carattere internazionale per "rispondere" ai francesi, che da cinque anni, dal 1903, organizzavano il Tour de France. Il montepremi era di livello assoluto per l'epoca con il vincitore della prima edizione che si sarebbe intascato la bellezza di 25mila lire.

 

Le tappe previste erano solamente 8, ma si svilupparono nell’arco di 17 giorni per consentire ai ciclisti di recuperare (o almeno provarci...) tra una fatica e l’altra, visto il percorso massacrante che i corridori dovettero affrontare. Dei 127 iscritti solamente 49 portarono a termine la corsa

 

Al giorno d’oggi un’impresa eroica sulle due ruote viene definita dagli addetti ai lavori come una “prova che appartiene ad un ciclismo d’altri tempi” ma, nel caso della prima edizione del Giro d’Italia, sarebbe comunque riduttivo.

 

Basti pensare che la prima tappa portò i “girini” da Milano a Bologna sulle strade sconnesso dell’inizio del secolo scorso: dopo 397 chilometri, sì avete letto bene, fu il romano Dario Beni a transitare per primo al traguardo e portarsi in testa alla classifica generale. Luigi Ganna, lombardo cresciuto a pane e bicicletta, professionista da qualche anno dopo un’infanzia di povertà (apparteneva ad una famiglia di braccianti agricoli), entrò per primo nell’Ippodromo Zappoli di Bologna, ma cadde, chiudendo la propria prova al quarto posto.

 

I distacchi maturati al traguardo non contavano all’epoca per stilare la classifica generale: venne adottato lo stesso regolamento utilizzato al Tour del 1908. Al primo classificato di ogni tappa sarebbe stato assegnato un punto, al secondo due, al terzo tre e così via. In poche parole: avrebbe trionfato il corridore capace di conquistare complessivamente meno punti.

 

Dopo tre giorni di riposo, i corridori furono chiamati ad un’altra “tirata” clamorosa, dal capoluogo felsineo sino a Chieti con 378,5 chilometri in programma prima dell’arrivo in salita. Ganna all’ultima curva era davanti a tutti, ma sbagliò la traiettoria e venne sopravanzato da Giovanni Cuniolo, che vinse la tappa, ma il ciclista varesino conquistò il primato in classifica generale. Due giorni più tardi, il 18 maggio, il gruppo - già decimato - affrontò il tratto appenninico da Chieti a Napoli: Ganna forò quattro volte e chiuse undicesimo a 51 minuti dal vincitore Giovanni Rossignoli con Carlo Galletti, che sarà secondo sul traguardo di Milano, che si portò in testa nella graduatoria assoluta.

 

Appare evidente che, se la classifica finale fosse stata la somma dei tempi ottenuti nelle varie tappi, Ganna non avrebbe avuto più alcuna possibilità nei confronti di Rossignoli, che sarà terzo alla fine del Giro.

Ganna si rifece immediatamente: nella quarta tappa, da Napoli a Roma, fu capace di fare il vuoto e solamente l’indipendente Carlo Oriani (non tesserato per alcuna squadra: sì, all’epoca si poteva partecipare al Giro anche senza un team ufficiale alle spalle) riuscì a tenergli testa, finendo però battuto sul traguardo.  Tre giorni più tardi (23 maggio), nella Roma - Firenze, altra tappa “monstre” di 346,5 chilometri, Ganna si ripetè, regolando tutti in volata.

Due anni più tardi Oriani, detto “El Pucia”, poiché era solito ripulire il piatto con la mollica di pane, venne tesserato dalla Bianchi, ma morì tragicamente nel 1917: arruolato nei bersaglieri ciclisti durante il primo conflitto mondiale, durante la ritirata di Caporetto si gettò nel Tagliamento per salvare un commilitone e si ammalò di polmonite. Spirò poco dopo all’ospedale di Caserta.

 

Il 25 maggio, ormai ridotto poche decine d’unità, parti da Firenze alla volta di Genova con Rossignoli che bissò il successo ottenuto a Napoli. Ma non era finita: nella Genova - Torino (354,9 chilometri), penultima tappa del Giro, Ganna giunse da solo sul traguardo, confermandosi in vetta alla classifica generale e, alla viglia dell’ultima tappa, erano in tre a giocarsi la vittoria finale: Ganna era primo con 22 punti, seguito da Galetti con 25 e Rossignoli con 33.

 

L’ultima prova, il 30 maggio 1909, si sviluppava da Torino a Milano, sulla distanza di "soli" 206 chilometri: all’altezza di Borgomanero il leader della classifica fu vittima di una foratura e perse oltre 4 minuti rispetto ai diretti avversari e altri contrattaccanti, ma poi riuscì a riagguantare il gruppetto a Rho quando, un passaggio a livello chiuso, fermò la corsa dei primi ad appena 5 chilometri dal traguardo. Dario Beni vinse la tappa e Ganna chiuse al terzo posto, conquistando la vittoria al Giro d’Italia, il primo della storia.

 

Intervistato dopo l’arrivo, Luigi Ganna rilasciò ai cronisti una semplice dichiarazione, entrata poi nella storia del ciclismo e, più in generale, dello sport italiano.

“Me brüsa tanto el cü” fu il commento del ciclista, a cui oggi è intitolato il Velodromo situato all'interno dello stadio "Franco Ossola" di Varese. Non servono traduzioni e, francamente, come dargli torto?

 

Il primi Giro d’Italia fu anche contraddistinto da episodi destinati a restare unici nella storia della manifestazione: tutti i concorrenti furono fotograti alla partenza in modo che non vi fosse alcun dubbio riguardo alla loro identità al momento dell’arrivo e, durante la quinta tappa, da Roma a Firenze, vi fu la squalifica di Camillo Carcano, uno dei corridori iscritti.

Il motivo? Semplice: Carcano salì sul trentino a Civita Castellana e scese a Pontassieve, 240 chilometri dopo, quando risalì in sella alla sua bicicletta e tornò in gruppo. Scoperto, fu allontanato immediatamente dalla corsa.

 

E Ganna? Fu la sua unica vittoria al Giro d’Italia e, appena cinque anni dopo (nel 1914), una rovinosa caduta lo convinse a ritirarsi dall’attività agonistica. Si dedicò all’azienda ciclistica che aveva fondato, formando anche una squadra ciclistica che, in seguito, annoverò tra le proprie fila campioni del calibro di Ottavio Bottecchia e Fiorenzo Magni.

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