''Dopo il buio c'è sempre la luce e lo sport può davvero colorare la vita'', Bebe Vio incanta al Festival dello sport
La campionessa paralimpica ha presentato la sua squadra "Fly2Tokyo" reduce dalla kermesse giapponese con un grande bottino: 3 oro, 1 argento e 1 bronzo. Il futuro sono i giochi a 5 cerchi a Parigi
TRENTO. "Dopo il buio c'è sempre la luce e lo sport può davvero colorare la vita". Così Bebe Vio, travolgente e coinvolgente come sempre, che dal palco del Santa Chiara al Festival dello sport ha presentato la sua squadra "Fly2Tokyo" reduce dalle paralimpiadi giapponesi con un grande bottino: 3 oro, 1 argento e 1 bronzo. Il risultato di un team straordinario, di un gruppo di fratelli (come si sono definiti) prima ancora che atleti, che della disabilità ("A tutti manca un pezzetto") ne ha fatto un valore.
"Ogni medaglia la sentiamo di tutti: questa è la nostra forza". Una forza ed un risultato che non si esauriscono qui ma verranno messi a frutto ("con nuovi successi") alle Paralimpiadi di Parigi 2024. Da "Fly2tokyo" a "Fly2Paris" per sottolineare la continuità di un impegno dei "magnifici sette" (in tanti hanno gareggiato in Giappone) che per il 2024 "saranno molti di più" dice con convinzione Bebe al pubblico dell'auditorium Santa Chiara.
"Partire dalle sconfitte per imparare a migliorarci e vincere", ha detto lo schermitore Emanuele Lambertini nella squadra di Bebe con Riccardo Bagaini (atletica e calcio), Vittoria Bianco (nuoto), Edoardo Giordan (scherma) e Lorenzo Marcantognini (atletica). "Usa la gamba per cuccare la ragazze, la gira e la contorce per arrivare all'effetto sorpresa raccontando, a seconda delle situazioni, che l'ha persa in guerra o gliel'ha staccata uno squalo", ha ironizzato Bebe Vio.
Poi il discorso torna più serio quando i paraolimpici ricordano l'impegno per la qualificazione a Tokyo (non tutti del gruppo dell'associazione Art4sport Onlus ce l'hanno fatta), i momenti più difficili della gara, la sconfitta per pochissimi centesimi di secondo o per l'esultanza di un risultato insperato.
Ma da tutti è arrivato un messaggio chiaro: volere è potere e loro l'hanno dimostrato. Anche chi come Vittoria aveva paura a buttarsi in acqua dopo l'amputazione di una gamba ("Ho capito che era tutto normale") o chi si vergognava da piccolo e si nascondeva dietro i genitori o ancora chi pur essendo campione del mondo sui 400 metri (come Lorenzo) dovrà cambiare specialità e allenarsi per i 100 metri perché i 400 non sono previsti alle Paralimpiadi.
E se a tutti manca un pezzetto ("altrimenti non lo avremmo preso con noi", sempre Bebe), nessuno si sente a un livello inferiore rispetto agli altri atleti. E anzi, si sfideranno il 25 ottobre a Milano in una grande sfida "per fare vedere quanto lo sport paraolimpico sia cresciuto in termini di tecnica e di risultati". Questi ragazzi riescono a convivere con la loro disabilità ("anche se non sono mancati momenti di depressione" ha svelato Bebe), "giocano" sugli imprevisti o sulle difficoltò da superare e trasmettono forza, serenità e voglia di riscatto davvero invidiabili. "Lo sport non permette di avere scuse. Nello sport è molto importante la testa e dopo il buio c'è sempre la luce: lo sport colora la vita".