Da Conte a Eriksen, la seconda stella e i conti dell'Inter, Marotta al Festival sport (VIDEO): ''Non è giusto che le proprietà continuino a immettere soldi: devono capirlo anche i calciatori''
Tanti gli aneddoti sulla vincente stagione passata e sulla carriera da dirigente, iniziata nella stagione 1977/1978 all’età di 19 anni a Varese. Sul passaggio dalla Juventus all'Inter: "È stato fatto con una velocità incredibile". E sulla situazione finanziaria: "I calciatori vivono in un mondo molto dorato, non sono abituati a far fronte ai problemi che ha ogni famiglia: sono dei ragazzi che vanno educati"
TRENTO. Alla presenza del trofeo originale dello scudetto nerazzurro 2020/2021, l’amministratore delegato dell’Inter, Giuseppe Marotta, si è raccontato ai microfoni del Festival dello sport. Tanti gli aneddoti sulla vincente stagione passata e sulla carriera da dirigente, iniziata nella stagione 1977/1978 all’età di 19 anni a Varese.
"Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito che avremmo vinto - dice Marotta - ma ricordo la grande valutazione positiva fatta dopo la vittoria contro la Juve. In quell’occasione ho capito che potevamo recitare un ruolo da protagonisti”. Dopo pochi giorni, però, lo strappo con Antonio Conte: “La decisione finale è stata frutto di confronti avvenuti nei giorni precedenti, di una libera scelta fatta dall'allenatore che non intravedeva un percorso comune con la società, fa parte dello sport e della vita”.
Sul suo sostituto Simone Inzaghi commenta: "La decisione di Conte non era tanto prevedibile, quindi siamo rimasti spiazzati e dovevamo agire con tempestività. Abbiamo trovato un giovane allenatore che stava definendo una posizione di rinnovo con la Lazio, così con Ausilio abbiamo interrotto questa trattative nelle fasi finali, lui da parte sua ha sposato immediatamente la serietà del progetto che potesse ricalcare il solco già tracciato da Conte rispetto al modello tattico”.
La cessione di Lukaku? "La mia esperienza - racconta l’ad - mi porta a dire che non bisogna mai fidarsi di niente, e preparasi agli imprevisti. Ha manifestato l’intenzione di essere ceduto al Chelsea e davanti a una situazione del genere non si può fare altro che rispettare la sua volontà. Abbiamo fatto la nostra valutazione di mercato andando già a immaginare le alternative, non mi sono sentito né tradito né sconvolto e sono andato avanti con grande positività. è stata anche l'occasione per incassare una cifra importante”.
Sulla scelta del sostituto racconta che "sicuramente Dzeko era un obiettivo prioritario già cercato nella passata stagione, e lui godeva di una promessa dal presidente di essere liberato a zero qualora fossero arrivate offerte, e cosi è stato grazie anche alla serietà della Roma. Vlahovic ad oggi lo considero un grande talento ma non si sono trovate le condizioni per arrivare a un accordo, la volontà era arrivare a due attaccanti di questa caratura coniugando esperienza e giovinezza, sarebbe stato il massimo, ma siamo stati contenti per l’operazione Dzeko che ci ha dato garanzie nell’immediato".
Parole al miele per la società cinese, molto spesso criticata dai tifosi, mentre non si è risparmiato a bacchettare i calciatori: ”La pandemia non ha fatto altro che accentuare una situazione di grande sofferenza. La famiglia Zhang negli ultimi anni ha profuso quasi 600 milioni ed è giusto che si arrivi anche al contenimento dei costi a un certo punto. È una situazione generale, non è giusto che le proprietà continuino a immettere soldi e devono capirlo anche i calciatori: loro vivono in un mondo molto dorato, guadagnano tanto, non sono abituati a far fronte ai problemi che ogni famiglia ha nella gestione. Sono dei ragazzi molto giovani che vanno educati, c’è stata una consapevolezza del dramma ma più nel salvaguardare la propria salute che nel salvaguardare il club. Dopo un cortese confronto con i giocatori abbiamo ottenuto di non andare a forzare la riduzione degli stipendi, cosa che non sentivano di fare”.
E se ci sono rassicurazioni sul fronte Eriksen ("Importante che ora stia bene"), sul neo campione d’Europa Barella e sulla sua possibile fascia da capitano accenna come “si tratta di uno dei calciatori che da talento è diventato campione. Ho avuto a che fare con tanti talenti, Cassano per esempio mi diceva che non lo menzionavo mai. Gli ho detto che è un fessacchione che da talento non è diventato campione. Quando hai qualità innate nel Dna, ma questo non è accompagnato da qualità umane come la serietà, la disciplina, la visione della professione lui stesso lo sa. Barella - continua il dirigente nerazzurro - ha dimostrato di affermarsi sempre più con continuità e di essere un campione. Non è un rinnovo, ma una gratificazione e nelle prossime settimane si farà. Sarebbe bello fosse il prossimo capitano dell’Inter, deve dimostrare di avere le qualità per essere il leader vero della squadra”.
E su Icardi? “Non voglio criticare chi ha fatto la gestione prima di me, sicuramente un grande talento e ottimo giocatore, è stato investito di responsabilità, come la fascia da capitano, quando ancora non era capace. Si è sempre comportato bene, le scelte sono state fatte su valutazioni differenti. Ho detto in premessa che quando scegli un percorso identifichi le persone per professionalità e responsabilità. L’allenatore fa delle valutazioni e si è scelto di fare un gruppo oltre alla squadra. C’è stata la possibilità di scambiarlo per Dybala, poi tutto è sfumato”.
Necessario sapere come è nato il suo passaggio dalla Juve all’Inter, squadre storicamente rivali. “È stato fatto con una velocità incredibile. Ho fatto l’annuncio dopo la partita col Napoli e il giorno dopo Zhang mi ha mandato un piacevole messaggio invitandomi a un incontro con lui. Dopo 8 anni avrei voluto riposare, ma c’è stata questa opportunità che ho colto immediatamente, perché l’Inter è una grandissima società”.