“L'italianità che avanza”: 97 anni fa Tolomei pronunciava il discorso del Teatro Municipale. Delle Donne: “Risorse e politica limitarono l'applicazione delle sue proposte”
Il 15 luglio 1923 il nazionalista Ettore Tolomei pronunciava davanti a un Teatro Municipale di Bolzano gremito il celebre discorso de "l'italianità che avanza", in cui annunciava i provvedimenti decisi dal governo e da lui proposti per l'italianizzazione dell'Alto Adige. A 5 anni di distanza seguirà un bilancio su ciò che era stato messo in pratica e no, ma il suo astro nei palazzi del potere fascista è già calante. Delle Donne: "Il conflitto con il regime farà seguire all'Alto Adige altre strade"
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TRENTO. “Allontanatosi da Bolzano da perdente nel settembre del '19, Tolomei tornava nell'estate 1923 da senatore, nominato dal re. Il fascismo è al potere da poco meno di un anno e lui ricomincerà allora ad indicare, almeno per qualche anno, la linea da adottare in Alto Adige”. Consacrata la sua vita alla causa dell'italianità dell'Alto Adige, Ettore Tolomei, irredentista e geografo roveretano, faceva il suo trionfale ritorno nella città atesina quando già per decreto regio era stato applicato il Prontuario, l'insieme di oltre 10mila toponimi da lui redatti con cui il volto della provincia doveva assumere i caratteri italiani, cancellando quelli tedeschi.
Il suo lavoro, cominciato già a inizio '900, si vedeva finalmente riconosciuto, dopo che, annesso lo spartiacque del Brennero a seguito della Grande Guerra, il Regno d'Italia s'era dimostrato piuttosto titubante sull'atteggiamento da assumere verso la bellicosa minoranza tedesca. Tolomei, d'altronde, all'indomani del 4 novembre 1918 già poteva contare sulla nomina a Commissario alla Lingua e alla Cultura per l'Alto Adige, carica che, con il suo fare decisamente poco diplomatico, lo rese presto inviso alle autorità militari prima e civili poi delegate alla gestione della Venezia Tridentina.
L'atteggiamento duro verso i sudtirolesi consigliato da Tolomei alle autorità italiane si scontrò infatti con la cautela del governatore militare Guglielmo Pecori-Giraldi e del governatore civile Luigi Credaro. Scuola e toponomastica, indicati come capisaldi dell'italianizzazione della parte tedesca, divennero i motivi del contendere, concluso con la sconfitta dell'irredentista roveretano. Eppure le sue sorti si sarebbero ben presto ribaltate. E a determinarne il ritorno in auge sarà proprio quel fascismo che nell'ottobre 1922, a una manciata di giorni dalla Marcia su Roma, avrebbe rovesciato con la violenza e l'intimidazione – non senza connivenza delle forze dell'ordine e delle autorità centrali – il governo liberale a Trento e Bolzano.
“Tolomei rappresentava il maggior esponente se non l'unico dell'irredentismo trentino che andava oltre Salorno – spiega lo storico Giorgio Delle Donne – nel 1906 fonda l'Archivio per l'Alto Adige, come ne esistevano per il Trentino, Trieste, il Ticino, con cui raccogliere documentazione sul territorio nella prospettiva di dimostrare l'italianità dell'Alto Adige. Egli strumentalizzò gli elementi di italianità che trovava, ma il suo discorso non si basava solo sull'imbroglio. C'erano oggettivamente degli aspetti di italianità, ad esempio nella classe mercantile presente a Bolzano da secoli, ma li enucleava per dimostrare ciò che voleva. Nell'opinione pubblica italiana, dunque, Tolomei veniva considerato come l'unico e il maggiore esperto di Alto Adige”.
“Nel 1916 – continua – viene pubblicata la prima versione del Prontuario. Già durante la guerra gli si affidano compiti per la futura gestione del territorio e della popolazione. Con la nascita del Commissariato alla lingua e alla cultura per l'Alto Adige, stabilito per sua volontà nella sede del Museo civico, si riconosce questo suo impegno, anche se da subito manca ogni coordinamento con Pecori-Giraldi e Credaro. Nel settembre 1919, infatti, Tolomei decide già di abbandonare”.
I motivi del contrasto sono fondamentalmente due: scuola e toponomastica. Seppur dimostratasi timida e debole, infatti, la politica liberale nei confronti dell'Alto Adige e della minoranza tedesca è ben diversa da quella di impronta nazionalista promossa dall'irredentista roveretano. “I governatori militare e civile sostenevano la necessità sì di introdurre una toponomastica italiana, per ragioni militari ad esempio, ma senza cancellare quella tedesca. Stesso discorso per le scuole. Tolomei, invece, spingeva per chiudere e italianizzare le scuole tedesche e sostituire tutti i nomi dei luoghi con quelli italiani. L'atteggiamento liberale si scontra così con quello nazionalista, avendo la meglio fino al rovesciamento di Credaro”.
“Nell'uso politico della storia che sempre si è fatto in Alto Adige – prosegue Delle Donne – di questo periodo si tende a non parlare. Nel racconto che fa ad esempio l'Svp si identifica l'annessione con il fascismo, dimenticando che la politica liberale cercò soluzioni diverse da quelle proposte dal nazionalismo e da Tolomei. I primi proclami di Percori-Giraldi sono redatti in forma bilingue. Credaro, da parte sua, entrerà in contrasto con i nazionalisti trentini che vogliono controllare l'Alto Adige e farà pubblicare, traducendolo, un libro redatto dal Deutscher Verband, il maggiore partito della minoranza tedesca, in cui si elencano le ragioni della tedeschità dell'Alto Adige. Egli sosteneva, infatti, che anche se il libro era scritto contro gli italiani, gli italiani avrebbero dovuto conoscere le ragioni di coloro che dovevano governare”.
La tendenza a confondere l'annessione con l'applicazione di politiche nazionaliste sfavorevoli ai sudtirolesi torna spesso nel discorso pubblico dell'Alto Adige, così come si tende ad esaurire la figura di Tolomei nel fascismo. Tutti atteggiamenti che si pongono a servizio di un uso politico distorto della storia e che non considerano una vicenda ben più complessa – sulla toponomastica si combatte una battaglia che vive di cicliche iniziative della destra tedesca e di reazioni automatiche della destra italiana (vedi i fatti dell'agosto scorso, quando gli Schützen organizzarono un blitz per cancellare i nomi tedeschi, proprio nel giorno dell'anniversario della sua nascita. QUI e QUI gli articoli).
Il 15 luglio 1923, tornato in pompa magna a Bolzano e tenuto in grande considerazione nei palazzi del potere, il geografo e politico trentino tiene nel Teatro Municipale di Bolzano uno storico discorso in cui elenca i provvedimenti decisi dal governo fascista per l'italianizzazione dell'Alto Adige. “Con il decreto regio 800 del marzo '23 Vittorio Emanuele III ufficializza la toponomastica italiana in Alto Adige. Come nella toponomastica, anche sull'altro pilastro, la scuola, Tolomei ha ottenuto ciò che voleva. Nel discorso del Teatro, però, ciò che fa è indicare altri provvedimenti, che hanno a che fare ad esempio con la politica organica da adottare per la penetrazione nel mondo economico del luogo. L'Ente Tre Venezie, che nascerà a breve, sarà l'organismo delegato per favorire l'immigrazione italiana”.
“Con Giovanni Preziosi, figura distintasi per la sua partecipazione alla politica razziale e antisemita del regime, Tolomei redige una relazione su ciò che bisogna mettere in campo in Alto Adige – prosegue – il documento viene pubblicato sull'Archivio, mentre a 5 anni di distanza da quel famoso discorso, Tolomei tirerà un bilancio consultivo pubblicato su Gerarchia, la principale rivista ideologica del regime, dei provvedimenti elencati il 15 luglio 1923 e denominato non a caso 'Fatto e non fatto'”.
“Nel '28, però, l'astro di Tolomei è calante. Mentre nel '18 si considerava il più importante esperto della questione altoatesina, nel 1928 il conflitto con il fascismo è già scoppiato. Tolomei si scontra rispetto alla questione delle circoscrizioni elettorali, che lui propone di dividere in senso verticale per annegare i sudtirolesi in una maggioranza di italiani, i trentini, e che invece il regime divide in senso orizzontale, permettendo ai deputati del Deutscher Verband di venir eletti. Ma la sconfitta maggiore, soprattutto, arriva nel 1927, quando il fascismo istituisce la provincia di Bolzano. Tolomei non la vuole, ma Mussolini la crea per rendere più facili gli incentivi economici per la penetrazione in Alto Adige dei gruppi industriali italiani, cosa che avverrà negli anni '30”.
I provvedimenti del discorso al Teatro Municipale, seguenti tre principali direttrici – italianizzazione della facciata dell'Alto Adige (toponomastica), cambio degli equilibri etnici (con l'arrivo di funzionari, militari, forze dell'ordine, contadini e turisti) e rottura dell'unità etnica tedesca – trovano solo un'applicazione limitata. Sul territorio nascono colonie dell'Opera nazionale combattenti, a Sinigo, fuori Merano, come a Terlano. Il bilancio, in complessivo, finirà però per essere negativo.
“Il regime segue Tolomei in campo scolastico, così come nella toponomastica, ma per mancanza di risorse e per determinate scelte politiche non applicherà tutte le misure auspicate dall'irredentista roveretano – conclude Delle Donne – rispetto alla minoranza slava, contro cui il fascismo userà solo il bastone, in Alto Adige si utilizza verso i tedeschi il bastone e la carota. Ci si cerca di ingraziare i sudtirolesi. Sui monumenti, ad esempio, il regime non segue le proposte di Tolomei. Contro il suo invito a distruggerli, il monumento a Walther verrà spostato dalla piazza solo per questioni legate alla gestione del traffico cittadino, mentre la statua del Re Laurino, in cui l'eroe tedesco Teodorico sottomette il capo dei popoli delle Dolomiti, verrà distrutta da un gruppo di fascisti di notte, di contro alle indicazioni date dal potere politico”.