Il Mart come il Guggenheim di Bilbao e il MoMa di New York con le stelle di Alfio Ghezzi che è pronto a rilanciare anche Sardagna
Il Mart ora, grazie alla gestione del cuoco giudicariese, bistellato (ma lui non ostenta stelle. Alla Scuola alberghiera di Tione, ai giovani che vogliono "fare cucina" trasmette nozioni di cultura generale oltre che tecniche di cottura) entra nel "giro" dei musei gourmet. Pioniere in Italia è Davide Scabin, al Contemporaneo di Rivoli con il ristorante Combal.Zero, ma c'è anche Norbert Niederkofler
ROVERETO. Un guizzo d’artista. In tutti i sensi. Cucinare al Mart per concretizzare sapori stimolati dalla visita alle mostre permanenti o – viceversa – l’arte moderna che stuzzica nuove esperienze gastronomiche. Alfio Ghezzi è un cuoco nel vero senso della parola. Supera la tecnica e spinge all’immaginazione. Lo fa con intelligenza e altrettanta modestia. Quella che rende speciale solo quanti hanno il rispetto della materia prima e attenzione sincera ai fornitori, agli artigiani del gusto. Per poi mettere nel piatto esperienze sensoriali etiche ancor prima che golose.
Al Mart, Alfio Ghezzi, porterà questa simbiosi gastronomica. Per focalizzare l’iter di un suo personalissimo percorso, il traguardo – tra qualche tempo – di una "sua scuola di cucina" nel panoramico edificio che troneggia a Sardagna, sopra Trento, la funivia come sostenibile collegamento.
Il Mart ora, grazie alla gestione del cuoco giudicariese, bistellato (ma lui non ostenta stelle. Alla Scuola alberghiera di Tione, ai giovani che vogliono "fare cucina" trasmette nozioni di cultura generale oltre che tecniche di cottura) entra nel "giro" dei musei gourmet.
In Italia se ne contano una dozzina, allestiti da curatori museali di vaste vedute. E pensare che proprio al Mart già nel 2013 era stata allestita una mostra tra Cibo & Design, con tutta una serie di "contaminazioni" enogastronomiche. Per uno scenario assolutamente innovativo, ma purtroppo incompreso da molti operatori della ristorazione locale.
Torniamo all’attualità. I più famosi? Andiamo per ordine di tempo. Impossibile non citare quelli di stampo internazionale, i più rinomati al mondo, aperti da musei altrettanto mitici. Subito il Modern all’interno del MoMa di New York, un tre stelle che impiatta al pari delle suggestioni estetiche delle opere esposte.
Decisamente artistico è il Frank dell’Ago – Art Gallery of Ontario – di Toronto, nome in onore del progettista Frank Gehry, una star nel campo della creazione di spazi espositivi, Bilbao compreso.
La Francia tiene banco con il lusso fastoso del Musee d’Orsay di Parigi, tra sfizioserie d’alta cucina sotto lo "sguardo" delle collezioni di impressionisti immortali. E ancora. Tokyo e altri "tavoli d’autore" nei presìdi dell’arte newyorkese. Su questa scia, sicuramente, la Spagna, cuochi tra i primi a scommettere sul connubio arte/cibo.
Spettacolare il Nerua, ristorante ospitato all’interno del Guggenheim di Bilbao, dove un giovane e blasonatissimo chef, Josean Alija dirige tre spazi distinti, caffetteria e bistrò. Con grande attenzione ai "gourmet di domani", i bambini, ingolositi ancor prima dei loro genitori.
Cucina d’avanguardia, imparata ai fornelli de El Bulli, il ristorante di Ferran Adrià per anni definito “il migliore del mondo”. Ma altrettanta dedizione e soprattutto grandissima attenzione al rapporto prezzo/qualità: neppure 40 euro per cinque portate. Qualcosa di più, la sera, nello spazio del ristorante Nerua.
E l’Italia? Pioniere di una ristorazione d’altissimo livello proposta in un museo d’arte è stato sicuramente Davide Scabin, al Contemporaneo di Rivoli, vicino Torino, con il suo ristorante Combal.Zero, innovativo in tutto, a partire dalle tecniche di cottura della pasta – esclusivamente Felicetti – per chiudere con la presentazione dei piatti, l’uso delle posate (bisturi compresi) e tutta una serie di golose provocazioni.
Importanti iniziative si sono registrate a Roma (al Palazzo delle Esposizioni), pure a Lucca e alla Reggia di Venaria, anche se tutta l’attenzione, ultimamente, è rivolta a Enrico Bartolini, quarantenne, origini toscane, due stelle nel locale che porta il suo nome in cima al Museo delle Culture di Milano.
Sempre nella città meneghina cucina d’autore anche alla Fondazione Prada. Il bar Luce, al pianterreno, è un vero "cult", progettato dal regista americano Wes Anderson, arredo modernista, colori verde pastello, simmetrie di stampo cinematografico.
Dal caffè al cibo, sempre alla Fondazione Prada. Dove ai piani alti, la Torre ospita una terrazza concepita come spazio flessibile per accogliere lo spazio gourmet: vetrata e terrazza affacciate sul centro della città, con camino e scenografica bottigliera sospesa che scherma la vetrata sulla città, e la sala vera e propria per una cucina della brigata guidata dallo chef Fabio Cucchelli, da anni tra i cuochi che aderiscono al progetto etico-gastronomico di Care’s e di Cook The Mountain ideato da Norbert Niederkofler, il cuoco sudtirolese che è ai vertici del "cibo responsabile e di montagna". Che da qualche mese opera non solo al Rosa Alpina di San Cassiano, ma anche all’AlpiNN. Realizzato nella vecchia stazione della funivia di Plan de Corones che accoglie pure il nuovo museo della fotografia di montagna, Lumen, attiguo al Messner Mountain Museum disegnato da Zaha Hadid.
Norbert e Alfio sono grandissimi amici. Sperimentano le peculiarità culinarie delle comunità montane e trasformano piatti in stilemi. Piatti basati anzitutto su materie prime "vicine", senza ricorrere a roboanti contaminazioni internazionali. Rispettando la tradizione più ancestrale, senza tralasciare il "gusto del domani".
Alfio Ghezzi, tra un paio di mesi, sarà sotto la cupola del Mart Il suo arrivo è stato annunciato con grande (e giusta) enfasi dai dirigenti del Mart, Vittorio Sgarbi in primis. Coro unanime anche da parte delle categorie imprenditoriali del settore turistico, quello della Vallagarina in particolare.
Chiamati a "fare squadra", dimostrando la capacità (finora parzialmente inespressa) di far funzionare le attività di contorno all’offerta artistica del Mart. Azioni che aiutino a produrre reddito, tra proposte enogastronomiche, bookshop, merchandising riempendo poi alberghi e altri centri dell’ospitalità. Rilanciando non solo il Mart, ma tutti gli altri musei trentini. Rovereto ci prova.
Alfio Ghezzi, in questi giorni è in volo in Caucaso. Col suo parapendio. Ma sicuramente stimolerà il rinnovo della cucina d’autore, non solo trentina. Recuperando magari anche la sperimentale pasta a forma della cupola del Mart, progettata dallo staff di Riccardo Felicetti in occasione della mostra Cibo&Design. Chissà.
Come Josean Alija del Nerua di Bilbao reinventa i pintxo – lo stuzzichino della cultura più golosa dei Baschi, leggermente diversi dalle tapas, simili comunque ai cicheti della Laguna – Alfio interpreterà al meglio polenta, patate e "formai de mont", privilegiando l’estetica e l’etica. Peccati di gola, per rilanciare l’autorevolezza del Mart.