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Un'idea, un innovatore e un imprenditore: così nasce una startup. Così è nata CoRehab

Comincia il viaggio de il Dolomiti nel mondo della ricerca e dell'innovazione. Cappelletti: “In Trentino c'è troppa Provincia e poco mercato. Manca strategia. L'esempio? Guardate Le Albere e capirete”

Di Luca Andreazza - 04 ottobre 2016 - 06:47

TRENTO. Tutto è partito da una console per videogiochi, dall'intuizione di un brillante giovane e dalla visione di un imprenditore capace. Comincia da qui il viaggio de il Dolomiti nel mondo delle start-up. Un viaggio che non sarà mera rappresentazione dell'azienda. Sarà anche un percorso politico. Perché le startup nascono anche per imitazione e perché se è vero che “sebbene il Trentino possa essere considerato come un punto di riferimento rispetto alla ricerca (…) – si legge nel Regional Innovation Report 2016 della Comunità europea - la sua aspirazione di essere riconosciuto a livello internazionale come un pioniere della 'nuova rivoluzione industriale' richiede uno sforzo costante”. Partiamo quindi da quella che potrebbe essere definita “la” ricetta non sempre vincente ma comunque “la” ricetta migliore per far nascere una nuova e innovativa impresa: e quindi ecco un'idea, la capacità di qualcuno di saperla declinare e l'investitore giusto che la finanzia. Partiamo, quindi, da via Klagenfurt, nella sede di CoRehab, un'azienda nata nel 2012 con 6 tecnici e 4 investitori. Una realtà rapida nel muovere i primi passi, bruciare le tappe e affermarsi nel mondo della riabilitazione. Già nel 2013 CoRehab vanta infatti 500 persone e 30 professionisti fra i propri clienti. Inoltre l'azienda trentina viene premiata a Budapest come “Miglior business innovativo Eit in Europa” e quindi a Nizza si colloca al terzo posto nell'ambito delle migliori “SME in Europa”. Andrea Cappelletti ne è il presidente. E' lui il “terzo ingrediente" della ricetta di qui sopra. E il suo obiettivo, è quello di proiettare CoRehab nel mondo trasformandola in una delle aziende leader nell'esercizio e nei test per lo sport e la riabilitazione.

 

Presidente di CoRehab, Cappelletti è anche amministratore delegato dell'omonima azienda specializzata nell'arredamento. Com'è nata l'esperienza di questa innovativa startup?

Siamo nel 2006. La crisi ancora doveva arrivare. Era un momento interlocutorio per la nostra azienda di arredamento. Avevamo la volontà e la necessità di innovare, ma stavamo ancora valutando le strade dopo un'approfondita ricerca su come diversificare il nostro business. Un momento storico non facile. Ho però ancora vivida l'immagine di David (Tacconi, responsabile marketing ndr) nel mio ufficio. Orgoglioso del suo progetto, ma anche imbarazzato perché era stato Cto in Futur3, azienda di cui io ero socio. Però voleva intraprendere un proprio percorso personale, inseguire la sua idea. Insomma voleva dimettersi. Io mi sono detto: 'Finalmente qualche giovane che si mette in gioco'. E gli ho chiesto di spiegarmi tutto”.

 

Ma come si integrava una startup innovativa con un'azienda di arredamento?

“Ci ha permesso di innovare anche il nostro vecchio business aprendoci all'e-commerce e investendo sulla tecnologia. La reciproca fiducia e il sapersi circondare di persone più brave è una delle chiavi del successo. La volontà di innovare, di non fermarsi mai e di dare speranza ai giovani è la benzina del motore economico e dell'imprenditoria. Una filosofia che in Trentino fatica ad affermarsi, anche perché le figure di imprenditore vero sono davvero poche. La Provincia, in questo senso ha un po' atrofizzato il sistema”.

 

In che senso? Quali sono le difficoltà del Trentino?

“Viviamo nel mondo dei ricchi. Non si discute, la qualità della vita e le possibilità extra-lavorative sono di altissimo livello. L'ente pubblico però non dovrebbe più intervenire perché droga il mercato, che di fatto oggi qui è narcotizzato dalla Provincia. Quello che la politica, invece, dovrebbe fare è dare una linea, dettare una strategia unitaria, farsi regista indirizzando il sistema che poi dovrebbe alimentarsi da solo. E per alimentarsi è cruciale il ricambio generazionale. E non bisogna vedere i grandi gruppi come il male assoluto. Le piccole imprese faticano sempre di più, in quanto per definizione non possono essere finanziariamente forti, soprattutto all'inizio della loro vita produttiva. E' innegabile che ci troviamo davanti ad una nuova sfida: siamo un faro dal punto di vista culturale e sociale, ma ci sono Paesi pronti a colonizzarci”.

 

Quale potrebbe essere una soluzione?

“Bisogna cercare di differenziarsi, creare una filiera di alto livello con ricerca e università. Portare qui le teste delle grandi aziende per sviluppare le centrali operative. Ma ad oggi in Trentino pensiamo in un modo e agiamo al contrario. Un esempio? Prima si realizza il quartiere delle Albere che sarebbe un centro residenziale di alta fascia, buono per accogliere i quadri dirigenziali, i cosiddetti colletti bianchi e poi si cerca ancora di attrarre qui le grandi industrie, si salvano le fabbriche. Ma le due cose non viaggiano assieme”.

 

Ritorniamo al nocciolo. David Tacconi entra nel suo ufficio e come ti incuriosisce?

“Mi presenta il progetto: una soluzione per la fisioterapia. Nella pratica una Wii, un filo, un bottone rosso e un monitor. Tutto qui. E nel frattempo i movimenti venivano ripresi in tempo reale sullo schermo. Non c'ho capito niente, ma ho intuito che la cosa aveva un potenziale. Non mi sono mai spaventato davanti alle novità. Infatti nel 2004 avevo sviluppato con altro soci Futur3, una società impegnata nell’innovazione nel settore delle telecomunicazioni wireless, leader in Italia e forse la più grande rete in Europa”.

 

Non ci capisce niente però ci si butta lo stesso?

“Il fisioterapista Andrea Foglia, uno dei migliori nel suo campo, in quel periodo si recava spesso a Bolzano per tenere dei corsi e così gli ho chiesto di fermarsi a Trento. Osservò la presentazione in assoluto silenzio. Mezz'ora senza proferire una parola, anzi un ghigno scocciato disegnato sul volto. Ero basito e amareggiato. Poi mi ha fatto la richiesta di parlarmi in privato. Già vedevo un'amicizia rovinata (ride). Invece mi disse che aveva visto il futuro e che avrei dovuto investire in questo progetto. Da lì siamo partiti.”.

 

E oggi cos'è CoRehab?

L'azienda opera nel settore della riabilitazione sviluppando software e videogiochi funzionali allo svolgimento di esercizi per il recupero delle funzionalità motorie. Oggi CoRehab vanta 11 dipendenti, biomedici, software e hardware propri, una certificazione ISO13485, ma soprattutto importanti partnership in Europa e Italia. 

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