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Perché contiamo da sinistra verso destra? La risposta arriva dal nuovo studio Unitn: "Lo fanno anche i pulcini e le api"

Lo studio ha coinvolto una popolazione indigena della Namibia che possiede solo una cultura orale, i risultati aiutano a comprendere più a fondo i meccanismi della conoscenza aritmetica

Pubblicato il - 10 January 2025 - 16:42

TRENTO. Il modo in cui predisponiamo i numeri nello spazio mentale ha un’origine biologica e non culturale, come si potrebbe pensare. A fare chiarezza in questa lunga controversia scientifica è stato un gruppo di ricercatori e ricercatrici coordinati dall'Università di Trento, il quale ha dimostrato che l’ordinamento mentale della linea dei numeri è un fenomeno determinato biologicamente, anche se modificabile nel tempo dalle abitudini di alfabetizzazione.

 

Per arrivare a questo risultato gli studiosi e le studiose hanno osservato gli Himba, una popolazione indigena della Namibia che possiede solo una cultura orale, con conoscenze matematiche limitate e nessuna scolarizzazione formale, e hanno poi confrontato il loro comportamento con quello di persone italiane sia di età adulta che di età prescolare.

 

Ma cosa è stato scoperto nello specifico? Che, di fronte a esperimenti adottati di solito con esseri viventi non verbali, come animali e neonati, il risultato è lo stesso: tutti e tre i campioni di popolazione collocano i numeri piccoli a sinistra e quelli grandi a destra.

 

 

DALLA FINE DELL'OTTOCENNTO AD OGGI

 

Dai tempi del biologo e antropologo di fine Ottocento Francis Galton, viene sottolineato, è noto che gli individui spontaneamente pensano i numeri come se fossero collocati lungo una specie di linea orientata: quelli piccoli a sinistra, quelli grandi a destra. La spiegazione tradizionale? Che questo dipenda da fattori culturali, come i sistemi e le abitudini di scrittura e lettura.

 

Qualche anno fa, però, si è scoperto che anche i pulcini tendono a collocare a sinistra i numeri piccoli e a destra quelli più grandi, un fenomeno che è stato osservato anche nei neonati umani, nelle scimmie e nelle api. E ora quest ultimo studio conferma che le associazioni numeriche spaziali sono in qualche modo innate.

 

I TEST SVOLTI

 

Ma, nel concreto, come si sono svolti i test? Sono stati due i tipi di esperimenti a cui sono stati sottoposti i soggetti coinvolti nello studio la cui prima firmataria è Elena Eccher del Cimec, con con il lavoro che è stato coordinato dalla professoressa Manuela Piazza e dal professor Giorgio Vallortigara.

 

Di fronte a un primo compito di tipo “esplicito”, in cui gli individui dovevano disporre in ordine dei gettoni con disegnato sopra un numero differente di dischetti, solo gli italiani adulti hanno mostrato un ordinamento della linea mentale del numero, mentre gli Himba e i bambini e le bambine di età prescolare hanno sistemato gli oggetti a caso.

 

Quando però è stato chiesto loro di svolgere un secondo compito di tipo “implicito”, computerizzato, simile a quello usato con gli animali e i neonati, per misurare il tempo di reazione a una variazione di numerosità in uno stimolo presentato prima centralmente sul monitor e poi, più grande o più piccolo in numerosità, a destra o a sinistra, i risultati hanno confermato l’ipotesi di partenza. Tutti e tre i gruppi infatti si sono comportati nello stesso modo, rispondendo più velocemente se i numeri piccoli erano collocati a sinistra.

 

LE CONCLUSIONI

 

"Questi risultati suggeriscono che gli esseri umani possono presentare due forme di associazioni numeriche spaziali – spiega Elena Eccher –. Una che emerge nei compiti impliciti ed è biologicamente determinata e l’altra che si osserva nei compiti di ordinamento esplicito e che è determinata da fattori culturali e sociali".

 

A rafforzare questa conclusione, anche un ulteriore elemento: i sistemi di scrittura e lettura orientati da destra verso sinistra sono una minoranza nella totalità delle lingue scritte.

 

"Questo si lega bene con la nostra idea che esista una specie di bias cognitivo che è prodotto dalla biologia – sottolinea Giorgio Vallortigara – , la quale però non stabilisce sentenze scritte nella pietra. C'è sempre la possibilità di un cambiamento che sopraggiunge con il sistema di apprendimento e quello culturale".

 

A sottolineare l'importanza dello studio è infine Manuela Piazza: "Questo lavoro è importante perché ci conferma quanto lo spazio costituisca una dimensione fondamentale e universale per la nostra conoscenza matematica e ci fornisce importanti informazioni su come è organizzato il nostro cervello".

 

 

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