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“I dipendenti vogliono il weekend libero o stipendi più alti? Giusto che i datori di lavoro si adeguino”, Scherer: “Serve un ‘cambio di rotta’ a livello nazionale”

Da un lato la carenza di opportunità lavorative per i più qualificati, dall'altro la mancanza di forza lavoro per quelle mansioni che non necessitano di qualifiche come la laurea. L'analisi della sociologa Stefani Scherer: "La pandemia ha contribuito a cambiare le carte in tavola: oggi, molti cercano lavori più flessibili. I datori di lavoro dovrebbero iniziare a fare proposte che vadano incontro alle esigenze del dipendente. Serve però più in generale una rivoluzione a livello nazionale e politico"

Di S.D.P. - 21 novembre 2023 - 20:03

TRENTO. Il mondo del lavoro sta cambiando o, meglio, stanno cambiando le richieste non soltanto da parte dei titolari di aziende ma anche dei lavoratori. "Da un lato mancano posizioni lavorative per le persone più qualificate, spesso costrette ad andare all'estero o ad 'accontentarsi' - premette la sociologa e docente UniTn Stefani Scherer, intervistata da Il Dolomiti -. Dall'altra invece, per quanto riguarda gli impieghi meno qualificati, c'è carenza di forza lavoro".

 

A raccontare come il mondo del lavoro sta cambiando, in particolare nel settore dell'accoglienza e della ristorazione, sono gli stessi titolari di alberghi e ristoranti, che lamentano le difficoltà nel reperire personale. Una carenza diventata condizione cronica per molte realtà, comprese quelle del Trentino.

 

La difficoltà a trovare camerieri, baristi e cuochi, fra continui ricambi del personale, era stata raccontata qualche giorno fa a Il Dolomiti anche da Carlo Alberto Nardelli della "Fabbrica di Pedavena" di Levico, che spiegava: "Ho cambiato 9 lavapiatti nel giro di poche settimane. Alcuni camerieri sono scomparsi a pochi giorni dall'inizio del lavoro e non sono mancate anche persone che mi proponevano giorni e orari di lavoro a loro più congeniali".

 

Fatti che, hanno reso particolarmente ardua la possibilità di "stabilizzare la squadra: così, ho proposto a tutti la formula 'Work life balance', che prevede l'introduzione del venerdì e sabato (a pranzo ndr) come giorni liberi e un generale aumento degli stipendi, unico modo per fare firmare a tutti contratti di un anno".

 

"I discorsi da fare sarebbero diversi – commenta in merito Stefani Scherer -. Un ruolo sicuramente gioca anche la demografia: all'Italia cominciano a mancare le persone giovani che possano svolgere certi lavori e il livello di immigrazione non è tale da compensare per questa mancanza. Partendo dagli impieghi che non richiedono qualifiche elevate questa mancanza si sente ancora di più e con la pandemia forse si è pure ridotta la forza lavoro proveniente dai paesi esteri, spesso impiegata proprio nel settore di servizio".

 

"Inoltre – prosegue l'esperta nell'analisi – molte persone hanno cominciato ad apprezzare di più la 'flessibilità', puntando su impieghi che permettono di conciliare al meglio vita privata e lavoro o che consentono di avere il weekend libero per stare in famiglia, cosa che spesso non accade quando si parla di impieghi nel mondo della ristorazione o dell'accoglienza".

 

Secondo la sociologa, quindi, sarebbe necessario che qualcosa cambiasse non soltanto da parte dei singoli titolari delle attività, "facendo proposte per rendere la propria offerta più appetibile (come nel caso di Nardelli ndr), ma più in generale a livello nazionale e politico".

 

"E' normale che se è solo il singolo ristoratore ad alzare i salari si corre il rischio di rimetterci - fa notare Scherer -. Sarebbe auspicabile un cambiamento più in generale e che gli stipendi venissero (tutti) alzati. Ciò consentirebbe ai singoli ristoratori di aumentare di conseguenza il prezzo dei prodotti che offrono ma anche ai clienti di avere una disponibilità economica più elevata per permettersi di andare a mangiare fuori anche se la cena ha un costo maggiore", conclude.

 

"Risolvere la questione della carenza di dipendenti, soprattutto in determinati settori, non è semplice. E i problemi, comunque, non mancano anche per quanto concerne gli impieghi più specializzati. Le università in Italia, compresa quella di Trento, 'producono' ottimi laureati, che però una volta conclusi gli studi non sempre trovano impieghi inerenti al loro percorso. Mentre la qualifica della forza lavoro si sta alzando, in Italia il mercato del lavoro è rimasto fermo e con tanti lavori ancora poco qualificati. Anche per questo, ad oggi, molti dei nostri laureati scappano all'estero. Altri, ancora, restano correndo il rischio di doversi accontentare".

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