Not entro il 2022? Rossi: "Speriamo, ma siamo in Italia e tutto si rallenta sempre"
Presentato ieri il bando di progettazione del nuovo ospedale del Trentino ma si respira scetticismo. Pendono i 52 milioni di euro di ricorsi delle aziende partecipanti alla precedente gara. Il Presidente: "Cantone parla di Corte dei Conti? Lo sappiamo, ma secondo noi i risarcimenti saranno molto inferiori".
TRENTO. “L'errore noi non lo ammettiamo. Il Consiglio di Stato ha deciso così e rispettiamo la sentenza ma oggi ripartiamo con la gara e alle aziende ricorrenti che avevano partecipato al precedente bando diciamo che noi siamo sicuri del nostro operato”. Così il presidente della Provincia Ugo Rossi il giorno dopo la pubblicazione del bando per la progettazione del Nuovo polo ospedaliero del Trentino (Not). Un bando che prevede la consegna dei progetti entro il 20 gennaio 2017 e che, se tutto andrà bene, dovrebbe vedere la conclusione anche della seconda fase, quella esecutiva, intorno al 2022. "Un bando diviso in più lotti che dovrebbe veder coinvolte in fase realizzativa molte imprese speriamo anche del territorio - spiega Rossi - anche se ovviamente nessuno ha l'esclusiva sulla gara. Ma con i lotti spezzati, a prescindere da chi vincerà, ci sono molte più possibilità che le imprese locali vengano poi coinvolte".
Eppure nelle stanze dei bottoni il clima che si respira non è di grande fiducia. Sia l'assessore Zeni ieri che il presidente della Provincia oggi ci hanno risposto alla stessa maniera alla domanda su quanto scommettono sul rispetto dei termini: “Siamo in Italia. La conflittualità è massima e si sa che appena vince uno gli altri fanno ricorso. Noi faremo di tutto per fare al meglio la nostra parte e poi speriamo”. E già questo, va detto, sarebbe un passo avanti. Nel 2011, infatti, fu un clamoroso errore compiuto dall'amministrazione a far saltare il più grande appalto della storia del Trentino (il Not valeva 1,7 miliardi di euro tra realizzazione dell'opera e gestione dei servizi) visto che due membri (Livia Ferrario e Luciano Flor) della commissione aggiudicatrice dell'opera erano stati inseriti anche tra coloro che avevano redatto il bando, violando così l'articolo 84 comma 4 del Codice degli appalti.
“Noi ancora non lo riteniamo un errore – dichiara Rossi – c'erano state, infatti, delle sentenze in passato che avevano aperto alla possibilità che ciò non venisse ritenuto un aspetto invalidante. Poi il Consiglio di Stato ha scelto questa strada e noi ci siamo adeguati. Tra le opzioni possibili c'era, quindi, anche quella di revocare l'intera gara e ripartire e così abbiamo fatto”. Alle quattro cordate che avevano partecipato a quella del 2011 però la cosa non è andata giù. Spendere centinaia di migliaia di euro per dei progetti poi inutilizzabili e rimanere “appesi” a procedure e sentenze che a distanza di anni alla fine hanno portato al totale annullamento della gara è valso dei ricorsi milionari, per un totale di 52 milioni di euro.
Il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Cantone, dalle pagine de il Dolomiti, ieri diceva che “in caso di vittoria della aziende ai danni della Provincia ci sarebbe materiale per la Corte dei Conti”. “Lo so bene – replica Rossi – ma noi crediamo che non riceveranno soddisfazione per l'intera richiesta. Insomma, l'utile d'impresa mancato mi sembra difficile possano ottenerlo quattro aziende quando la vincitrice sarebbe stata comunque una. In ogni caso tutto nasce dal problema che i giudici si limitano ad annullare le gare e non a dire chi le dovrebbe vincere. Poi non è colpa loro, si limitano ad applicare la legge ma c'è un vuoto normativo in questo senso”. Un vuoto che da altre parti, però, potrebbe leggersi come una potenziale ingerenza della magistratura nei confronti proprio della pubblica amministrazione. In linea di principio, infatti, conservare la discrezionalità amministrativa dovrebbe essere una delle prerogative dell'ente pubblico che agendo per conto della collettività dovrebbe conoscerne esigenze e problemi meglio di un giudice.